// Di Cinico Bertallot //

L’Apollineo, il Dionisiaco: i due volti della creazione artistica. Il primo, fronte ampia, tratti nobili, grandiosamente quieti, comparte e norma, pondera e bilancia, ammette o esclude, ligio al dettato dell’aurea misura. Il secondo – vulcanico, ebbro di passioni, la febbre della follia nello sguardo – genera, estrae, connette non secondo logica ma per sensazione, abbatte e innalza; mai pago di sé, pace non trova: vuole e disvuole, sempre premendo avanti, incurante dei limiti, sotto il pungolo di un desiderio inesausto. L’Apollineo è stabilità, il Dionisiaco divenire. L’antitesi è figlia di Friedrich Nietzsche, che vide nei due spiriti divini gli impulsi essenziali sottesi alla cultura e all’arte greca, di cui la tragedia fu la massima espressione. La prima parte dell’album, ad essa ispirata, si apre con un Parodos – nell’azione scenica, l’apparizione del Coro – e si chiude con l’Exodos, la sezione finale del dramma, termi nante con l’uscita dei corèuti dall’orchestra. È una riflessione sul processo creativo e sulle sue due anime complementari, la razionale e l’irrazionale. Quest’ultima, sicuramente, la più affascinante; forse, la più determinante, perché la follia rende affamati, spinge verso l’ignoto, guarda nell’abisso e vi si getta senza voltarsi indietro. Intermezzo è nato durante la sessione di registrazione del disco: una breve esplorazione della tonalità di mi bemolle maggiore, preludio a Everyman, brano ispirato all’omonimo romanzo di Philip Roth, che narra l’incontro di un uomo con la propria condizione di mortale. In Fractals, sorta di perpetuum mobile, un flusso quasi ininterrotto di note vuole riprodurre quel fenomeno caleidoscopico di omotetia interna presente anche in natura: il ripetersi su scale diverse delle stesse forme, i frattali, appunto. Il tema di Menuet, come del resto la metrica di Apollineo e Dionisiaco, è tratto da un brano – Zero g – pubblicato nel primo album in piano solo di Andrich.  «A volte, più che inventare ex novo, preferisco lavorare su materiale già esistente, si tratti di frammenti melodici o ritmici, declinandolo in contesti musicali diversi e sviluppandone le potenzialità ancora inespresse. È questo un lavoro artigianale che, forse, ha più della laboriosa sapienza apollinea che della furia dionisiaca», sottolinea il pianista.

Nato a Belluno nel 1989, Mosè Andrich inizia a suonare il pianoforte a sei anni sotto la guida di Katia Bellus all’Accademia Gioacchino Rossini. Dopo il diploma di liceo classico si trasferisce a Milano dove studia al Conservatorio Giuseppe Verdi con Attilio Martignoni; nel frattempo porta a termine gli studi all’Università Cattolica laureandosi in Lettere con una tesi sul giornalismo cattolico durante la Prima guerra mondiale, ed in seguito in Filologia Moderna. La passione per lo strumento lo porta quindi al Conservatorio Giuseppe Tartini di Trieste dove ha già conseguito il diploma in pianoforte con il massimo dei voti e lode nella classe del M° Massimo Gon e sta attualmente terminando il Biennio ad indirizzo jazz. Diversi i corsi di perfezionamento sostenuti con pianisti e docenti dei Conservatori europei, tra i quali Peep Lassman, Wolfgang Watzinger, Christine Karajeva, Johannes Kropt fitsch, Alberto Miodini, Enrico Bronzi, Iv an Rabaglia, Nick Bartsch; in ambito cameristico ha frequentato, assieme ai colleghi dell’Aristotrio, le lezioni tenute dal Trio di Parma presso l’International Chamber Music Academy di Duino. In qualità di pianista accompagnatore si è specializzato nella liederistica di R. Schumann e J. Brahms, oltre che nelle opere di P. I. Tchaikovskij, B. Britten e O. Respighi. Appassionato di musica classica ma anche di jazz, ha tenuto diversi concerti sia come solista (Sala Darsena a Lignano, Collegio del Mondo Unito Duino, Teatro Miela, Conservatorio, Palazzo Gopcevich a Trieste, Conservatorio e Ambasciata Italiana a Praga, Centro Unisono di Feltre, Municipio di Treviso) che in ensemble di vario genere, spaziando dal repertorio pianistico classicoromantico agli standards della grande tradizione improvvisativa del Novecento; nel 2014 il Berklee College of Music di Boston lo ha selezionato per partecipare alle clinics che si tengono ogni anno a Perugia nell’ambito di Umbria Jazz, dove ha stud iato con Mark Shilansky e Matthew Nicholl. Attualmente insegna al liceo materie letterarie e si dedica all’attività concertistica. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo album solista “Zero Gravity”; nel 2021 sono usciti “Skylines”, EP di composizioni elettroniche, e “Road to Point Nemo”, album di debutto con il trio jazz The Flams.

Mosè Andrich