// di Gianluca Giorgi //

Chicago Odense Ensemble (2011 ristampa ltd ed 2019)

Il nome deriva dai luoghi di provenienza dei musicisti che partecipano a questo progetto e cioè Chicago (USA) e Odense (Danimarca). Infatti il Chicago Odense Ensemble è una collaborazione unica, nata nell’inverno del 2008 mentre i musicisti danesi Jonas Munk e Jakob Skøtt sono rimasti a Chicago. Tramite amici comuni è stata organizzata una sessione in studio per improvvisare e elaborare idee con alcuni dei migliori improvvisatori di Chicago, inclusi i membri di Tortoise e Chicago Underground Collective. Durante la sessione in studio a Chicago sono state registrate ore di idee libere, groove e atmosfere, che vanno da esplosioni musicali forti e intense guidate dal cornettista Rob Mazurek, ad ambienti delicati e colorati. Successivamente, i momenti più belli sono stati modificati, riarrangiati e mixati da Jonas Munk nel suo studio a Odense, facendo una grande quantità di operazioni di taglio e incolla e aggiungendo un’atmosfera occasionale e sognante. Il materiale è stato pubblicato come album omonimo nel 2011 e ristampato nel 2019.

La musica dei COE suona come la naturale conseguenza del pedigree combinato dei musicisti: gli ottoni jazz e la chitarra solista prosperano su una struttura musicale groovy tipo TORTOISE e paesaggi sonori psichedelici. Nella loro musica troviamo molte influenze, il lato jazz sperimentale dei TORTOISE e di altri primi gruppi post rock (TALK TALK, O.RANG, PRAM), il post rock di gruppi più recenti, basati sul jazz come, KAMMERFLIMMER KOLLEKTIEF, BELL ORCHESTER o TUNA LAGUNA e gruppi basati sul Nu-Jazz influenzati dal post-rock come JAGA JAZZIST (già collegato a TORTOISE) o SPECIAL OTHERS. Le influenze ufficialmente dichiarate vanno dalla fusione psichedelica dei primi anni ’70 (MILES DAVIS, HERBIE HANCOCK) al kraut / space rock (POPOL VUH) e nei suoi momenti più jazzy, la musica assomiglia a quella dell’artista nu-jazz NILS PETTER MOLVAER. In conclusione, il CHICAGO ODENSE ENSEMBLE rappresenta uno dei più bei tentativi recenti nell’area sperimentale e in quello che riguarda l’attraversamento dei confini e l’essenza dello sperimentale / post rock.

Futuro Antico, Isole del Suono (2016)

Registrazioni inedite di alta qualità del trio sperimentale italiano Futuro Antico. L’esperienza sonora è una misteriosa sinergia tra gli elementi della Natura, un magico incontro tra anime diverse ma con affinità elettive. I fiati antichi ed etnici di Maioli sono il respiro dell’Aria, lo spirito elettronico di Sinigaglia produce sequenze liquide dell’Acqua, mentre le percussioni africane di Dabiré materializzano la voce e i ritmi della Terra. Il risultato è un Fuoco creativo totale, in cui si possono percepire molteplici universi sensoriali di lontana memoria. Il dialogo tra arcaico e futuristico, già indagato nei precedenti lavori dal gruppo, vede in questo live inedito, un altro luminoso episodio. La musica qui incisa, è stata registrata su nastro direttamente dal mixer ed è il risultato della memorabile performance tenuta a Bologna al festival Isole Del Suono il 17 luglio 1980.

Hayakawa Yoshio, Kawaii koto wa nante kakkowarui (1969 ristampa 2018)

Copertina cartonata ruvida con artwork applicato tramite più adesivi sul fronte e sul retro, pressoché identica alla rara e costosa prima stampa. Il primo ed a lungo unico album solista di Hayakawa Yoshio, carismatico frontman dei Jacks, gruppo elettrico, caotico, in cui convivono influenze garage con musica giapponese. Hayakawa, con questo suo primo disco, pennella un’opera dalle sonorità scarne e molto intime, costituite da ballate in cui il suo canto è accompagnato ora dal solo pianoforte, ora dalla sola chitarra acustica. Un disco con un approccio cantautorale e narrativo, cantato in giapponese.

Phil Ranelin, Vibes from The tribe (Tribe 1975 ristampa 2018 Pure Pleasure)

Questo è il terzo album di Ranelin come band leader, inciso a Detroit nel settembre del 1975 da Phil Ranelin (trombone, voce, percussioni) con una folta schiera di collaboratori che partecipano nei vari brani. “Vibes” è uno dei rari e leggendari album realizzati da Ranelin negli anni ’70 sulla sua piccola label Tribe e combina un denso ed ipnotico groove funk con sonorità jazz elettriche influenzate da maestri come Miles Davis e Herbie Hancock, dando luogo ad una musica ipnotica, circolare e ricca di solismi jazz. In alcuni brani del disco Ranelin si cimenta “simpaticamente” anche al canto.

Il trombonista Phil Ranelin è legato particolarmente alla scena jazz d’avanguardia di Detroit, di cui è una delle maggiori figure di culto: un artista mai divenuto famoso, ma amato dai cultori della musica più radicale, grazie a rari e leggendari album come questo che, negli anni ’70, intrecciavano influenze del jazz coltraniano, del Miles Davis elettrico e del funk, con istanze politicizzate. Ranelin all’inizio della sua carriera ha suonato come session-man per la Motown, con artisti del calibro di Stevie Wonder, quindi nei primi anni ’70 si è dedicato ad una musica più sperimentale che combinava alcune delle spinte più innovative del jazz ed istanze politiche afroamericane, fondando la Tribe, che agiva sia come rivista, che come gruppo musicale aperto, che come casa discografica. Ristampa del 2018, in edizione limitata, ad opera della Pure Pleasure, pressoché identica alla ultra rara e ricercata prima tiratura.