//di Guido Michelone //
D.Is It Only Rock’N’Roll? Breve storia della canzone di protesta e dei movimenti giovanili, il tuo nuovo libro, come si sa, parte da un’esperienza teatrale: come e perché ti è venuta in mente l’;idea di trasformare i tuoi monologhi nella pagina scritta?
R. Quel libro parte in realtà da un lungo articolo per BBC History. Da lì ne trassi un monologo teatrale. Ritenendo poi ancora monca quella analisi, ne ho fatto un libro. Una narrazione coerente con la mia attenzione sia ai movimenti che a quella musica che ha sempre rappresentato una parte fondamentale della mia vita. Tuttora lavoro nel mio studio avendo come sottofondo delle playlist. Sono figlio di un tempo in cui non c’era settimana senza che uscisse un nuovo album, un nuovo libro, un nuovo film. Era un tutt’uno di stampo quasi rinascimentale. Credo sia stato un periodo unico nel Novecento.
D. Il libro, o meglio il testo, molto originale, sfugge alle solite categorie (critica, saggistica, memorialistica), ma tu a cosa letterariamente ti senti più vicino?
R. Quel libro unisce da più generi, dalla saggistica, alla memorialistica, all’autobiografia, passando per una sorta di flusso continuo da monologo teatrale (cui appartiene in parte). Se fossi costretto a blindare quel testo in una categoria, lo definirei un monologo. Degli oltre cinquanta libri pubblicati, la maggior parte sono saggi. Quando voglio distrarmi un po’ – per citare Dalla – scrivo un romanzo.
D. Passando ai contenuti del libro, tu dai molta importanza al valore rivoluzionario della musica rock, mentre all’epoca alcune frange estremiste lo consideravano un prodotto commerciale o borghese preferendo il folk militante: cosa ne pensi di tale dualismo?
R. La più grande rivoluzione rock è stata quella del punk, che la musica voleva distruggerla, come disse Johnny Rotten. E coerentemente, il punk produsse una musica che musica non era. Sid Vicious non sapeva nemmeno suonare, tanto che in sala d’incisione veniva sostituito. In linea col punk, chiuse la sua vita a vent’anni suicidandosi, dopo aver ucciso la sua ragazza (una prostituta tossica). Con questo voglio dire che se è vero che il rock fu percepito all’inizio come un tradimento del folk (vedi la contestazione a Dylan) è anche vero che solo con il rock abbiamo avuto delle pietre miliari della musica che superano l’insulto del tempo. Mi capita di ascoltare tuttora H to He dei Van Der Graf Generator del 1970. Mai le ballate della Baez..
D. C’è più rabbia o nostalgia di un passato (quello raccontato da te) che ovviamente non può più tornare?
R. Rabbia no, perché c’è sempre l’esercizio della scelta. Si può scegliere – per fortuna – quel che si vuole ascoltare, leggere, vedere. La nostalgia? Come negarla? Fa parte di noi. Uno dei miei monologhi si chiama appunto Nostoi, tratti dai Nostoi greci, appunto, donde proviene la parola nostalgia, alias, ritorno. Un passato che appunto facciamo ritornare ascoltando un disco di cinquant’anni fa o un film di quello stesso periodo.
D. Domanda banalissima ma utile a fini giornalisti: cosa consiglieresti alle nuove generazioni interessate al rock e soprattutto a leggere il tuo libro?
R. Non consiglio nulla a livello musicale, perché non voglio ripetere gli errori delle generazioni precedenti. Una volta, mia madre entrò in camera mia per intimarmi di abbassare quella “cosa” che stavo ascoltando. La “cosa” era Like a Rolling Stone di Dylan. Il mio libro lo consiglio perché è una cavalcata attraverso più decenni di più generazioni cresciute fra contestazione, antagonismo e rock, senza sapere quanto il rock abbia condizionato quei movimenti e viceversa. È tutto meno che una storia del rock.
D. Nel tuo libro ti concentri soprattutto su rock, folk, pop, soul, ma cosa rappresenta per te e per il periodo analizzato questa musica da sempre presente nella comunità afroamericana?
R. Rappresenta una musica di riscatto. Come lo era stato il soul nelle piantagioni. Il rock ha sempre rappresentato una cultura alternativa. L’aspetto commerciale è inevitabile per qualsiasi forma artistica. L’importante è che quell’aspetto non diventi predominante.
D. Hai ricordi personali legati alla musica jazz, magari assenti nel libro?
R. Sono cresciuto con il rock. Ho sempre sentito lontano da me il jazz. Nonostante ciò, mio fratello, più giovane di me di cinque anni e rapinatore dei miei dischi che poi ascoltava di nascosto, è diventato un jazzista.
Casamassima Pino, Is It Only Rock’N’Roll? Breve storia della canzone di protesta e dei movimenti giovanili, Diarkos, Sant’Arcangelo di Romagna, 2023, pagine 348, euro 18,00.