// di Bounty Miller //
Sono stati eccentrici, violenti, clowneschi, ambigui e caratterizzati di un trasgressivo outfit . Quando si presentarono sulla scena, apparivano come una parodia caricaturale dei Rolling Stones, ma, soprattutto, senza di loro non ci sarebbe stato il Punk. Il produttore-predatore Malcom McLaren, durante il soggiorno negli States, dopo averli visti e apprezzati, cominciò a farsi frullare in testa un’idea: inventare qualcosa che potesse dare una scossa alla scena rock britannica, vecchia stantia, autoreferenziale ed avvitata su se stessa. Nelle New York Dolls c’erano già tutti i virus, ed abbastanza conclamati, di quella che sarebbe stata la dilagante epidemia Punk. Questa eccentrica band si era coagulata nel 1973, intorno alle personalità poco convenzionali del bassista Arthur Kane, dei chitarristi Sylvain Sylvain e Johnny Thunders, del cantante David Johansen e del batterista Jerry Nolan.
Sin dalle prime uscite si presentarono al pubblico in maniera provocatoria, con un guardaroba che ricordava, in modo evidente, quello degli Stones dei primi anni 70. Lo stesso David Johansen, sul palcoscenico, sembrava una reincarnazione di Mick Jagger, con i suoi atteggiamenti iconoclastici ed ammiccanti. La stampa musicale newyorkese, dopo le loro prime apparizioni in città, si affrettò a definire Johansen come il nuovo Jagger, mentre Johnny Thunders venne avvicinato alla personalità più taciturna, ma ugualmente aggressiva, del chitarrista degli Stones, Keith Richards. Per verità storica, la formazione iniziale delle New York Dolls comprendeva nell’organico il batterista Billy Murcia, il vero ideatore del progetto che, sfortunatamente, morì per un’overdose di eroina prima che la band raggiungesse la celebrità. Per quanto avvolti da un’aura mitica, le Dolls sono rimaste un fenomeno marginale e fugace nella storia del rock’n’roll newyorkese, proprio perché durato pochi anni con la pubblicazione di due soli album, ormai ad appannaggio dei collezionisti.
Bisogna aggiungere che l’importanza del gruppo va molto al di là della sua sfortunata carriera. Se, infatti, certi atteggiamenti di Johansen e Thunders ricordavano in qualche modo quelli dei leader dei Rolling Stones, le New York Dolls esprimevano una musica non del tutto diversa da quella dei più famosi colleghi inglesi, ma con una carica di corrosività maggiore. Si trattava, nella maggior parte dei casi, di un sound adulto, energico, secco, che però rifiutava a priori gli schemi stereotipati dell’hard-rock. Le New York Dolls furono, piuttosto, le ultime rappresentanti della tradizione musicale dell’underground newyorkese, partito verso la metà degli anni ’60 con formazioni come i Velvet Underground e i Fugs. A differenza, però, di tutti i predecessori, le Bambole mirarono più direttamente all’essenza del rock, senza abbandonarsi a stravaganze gratuite, almeno dal punto di vista musicale. L’Europa, inizialmente, stentò parecchio prima di raccoglierne il messaggio. Era, quello, un periodo in cui i palcoscenici erano letteralmente inflazionati da gruppi e cantanti che, sulla scia di Bowie Bowie, Peter Gabriel, e più indirettamente di Mick Jagger, avevano conquistato larga popolarità grazie ai travestimenti scenici e ad un uso massivo di lustrini e make-up.
Quando il primo disco delle Dolls fu presentato al pubblico, tutti si lasciarono ingannare dalle immagini di copertina, che ritraevano i musicisti in atteggiamenti inequivocabilmente da travestiti. Nei due album incisi, rispettivamente nel ’73 e nel 74, il gruppo ebbe il privilegio di lavorare con due produttori di eccezione, Todd Rundgren e George «Shadow » Morton. Tony Parsons, nell’introduzione alla ristampa che la Mercury fece dei loro due album (presentandoli in una confezione unica in doppio vinile), chiarisce estremamente bene il carattere della musica delle Dolls e le ragioni della loro breve esistenza: «Erano cinque teen-agers di New York la cui preoccupazione maggiore era quella di suonare il rock nella sua forma più rude e selvaggia. La loro musica era lo specchio esatto delle loro personalità — un rock’n’roll vistoso, giovane, molesto, impudente, suonato con l’inesperienza degli adolescenti ma con vitalità e con una totale devozione. Il loro scopo non era quello di diventare delle star, rifiutavano questa categorizzazione».
Il primo album, «New York Dolls», prodotto da Todd Rundgren, fu dedicato al loro batterista scomparso, Billy (Murcia) Doli. In alcune canzoni, come «Jet Boy», «Pills», «Bad Birl», «Trash» e «Looking for a kiss», era già possibile intercettare tutti gli orientamenti della cultura rock della seconda metà degli anni ’70. Dice Parson: «Quell’album fu l’inizio di una nuova era, il momento in cui l’essenza del rock’n’roll riemerse per spazzar via i vecchi uomini stanchi ed aprire la strada a un ordine nuovo». Probabilmente fu proprio questa enorme carica di energia che li distrusse. Il gruppo era incapace di vivere qualsiasi fantasia in maniera superficiale. La tensione continua ed una certa tendenza alla autodistruzione incominciarono ad essere fonte di guai per i componenti della band e per tutti coloro che che gli ronzavano intorno. Johnny Thunders s’invaghì di una groupie quindicenne di Los Angeles e la portò con sé a New York. Il padre, un ricchissimo mercante di diamanti, gli procurò un sacco di grane con la polizia. Jerry Nolan fu ricoverato per un lungo periodo a causa di una micidiale intossicazione di eroina. Arthur Kane rimase in osservazione per diversi mesi a causa della sua dipendenza dall’alcool e, come se non bastasse, la sua amichetta cercò di tagliargli la punta delle dita per impedirgli di continuare a suonare.
Sul palcoscenico, le New York Dolls organizzarono degli spettacoli memorabili: Johansen aggrediva la platea con ogni genere d’insulto, facendosi beffa di tutti i presenti. Johnny Thunders aveva preso l’abitudine di mettersi in mezzo a una delle loro canzoni, certi slogan tipici degli operai delle catene di montaggio. Il titolo del loro secondo album, quello prodotto da Morton, era molto eloquente e lasciava intravedere un imminente scioglimento: «Too Much, Too Soon» (Troppo, troppo in fretta). Il suono questa volta era ancora più rozzo, tagliente ed immediato e, tre anni dopo in piena epoca punk, era ancora incredibilmente attuale. Le connessioni tra le New York Dolls e il movimento punk nato in Inghilterra nel 1976 sono moltissime e tutt’altro che delle occasionali coincidenze.
Dopo «Too Much, Too Soon», le Dolls erano sul punto di sciogliersi: Malcolm McLaren, produttore inglese, divenuto inseguito l’inventore, la guida ed il mentore dei Sex Pistols, volle occuparsi invece del loro management. Ma il talent-scout britannico non riuscì a recuperare l’entusiasmo del gruppo del gruppo che scivolò verso una fine inevitabile: dopo un concerto in Florida, Johnny Thunders e Jerry Nolan lasciarono improvvisamente i compagni e se ne tornarono a New York, dove, con Richard Hell, formarono gli Heartbreakers. II contatto con le New York Dolls servì moltissimo a Malcolm McLaren che, di ritorno a Londra, seppe immediatamente come canalizzare le nuove energie che si stavano agitando in città: non a caso i Sex Pistols, dotati di una notevole carica di energia distruttiva ed autolesionistica, furono la sua più riuscita e remunerativa creatura, sovente paragonata alle Dolls. Dopo la dipartita di Thunders e Nolan, Johansen cercò di mandare avanti il gruppo per qualche tempo, prima di rassegnarsi a sciogliere la band ed iniziare a lavorare come solista.
Ottenuto un contratto con l’etichetta Blue-Sky, il cantante esordì con Nolan, Sylvain, Johansen, Thunders e Kane, con un album intitolato semplicemente «David Johansen». Il disco successivo guidato da Mick Ronson (ex-chitarrista degli «Spiders from Mars» di Bowie), era un prodotto già più maturo ed articolato, tanto che Johansen si qualificò come un autentico performer, finalmente più interessato alla musica che alla provocazione. La sua qualità di interprete d’eccezione venne confermata in un album dal vivo in cui, oltre alle proprie composizioni, Johansen propone una nutrita sfilza di rifacimenti di alcuni gloriosi classici degli anni ’60. Allo stesso modo, Sylvain, nei suoi due album da solista riesce ad esprimere un rock brillante e ricco di spunti interessanti. In realtà, nessuno di questi personaggi ha mai avuto la fortuna che avrebbe meritato. In fondo, le Dolls furono un fenomeno dissacrante ante-litteram e poco convenzionale, fatto di trucco, vestiti da postribolo e camuffamenti vari, ma anche forieri di un rock quasi sempre ben suonato, a differenza di quella successiva e nutrita schiatta di epigoni ed imitatori travestiti, buffoneschi e musicalmente mediocri costituita dai punkers inglesi.
