…e la funzione random ante litteram, vecchie e nuove tecnologie. Brani tratti da dischi diversi anni 1965/70

// di Marcello Marinelli //

Per i vecchi appassionati come me l’unico modo di conoscere musica era quella di compare LP e musicassette e scambiare musica con gli amici e registrare gli LP su musicassette vergini, per risparmiare. Certo c’erano i concerti e le radio, ma poca cosa rispetto al desiderio illimitato di conoscenza di musica che caratterizzava gli appassionati dell’epoca. Essendo gli LP la fonte quasi esclusiva, rivestivano un’immagine e un oggetto quasi sacrale e poi per mancanza di abbondanza altra l’adesione era totale e il disco veniva consumato in ogni solco, vista la mancanza totale di consumismo e l’usa e getta quasi sconosciuto. Con l’analogico la fruizione della musica era ecosostenibile e approfondita rispetto al consumismo imperante dei nostri giorni dove i file digitali incorporei vengono e vanno come aliti di vento, aumenta la quantità e diminuisce l’approfondimento. La fruizione dell’opera era assoluta e quando mettevo la puntina sul giradischi finché non finiva la facciata non mi permettevo di toglierla, rispetto assoluto dell’opera nella sua interezza.

Certo la durata delle facciate dei vecchi LP era compatibile per questo tipo di fruizione e la manualità non favoriva il continuo spostamento della puntina e quindi si sentiva l’opera dall’inizio alla fine, almeno era così per me. Ci sono diversi tipi di fruizione musicale; il primo è quello di scegliere l’opera e metterla sul giradischi ed ascoltarla, l’altra è quella che qualcun altro sceglie al posto tuo, quindi la radio che seleziona brani musicali che non hai scelto, oppure come facevo io, chiudevo gli occhi, prendevo il disco a caso lo mettevo sul giradischi e lo ascoltavo. Amavo l’effetto sorpresa perché l’effetto estetico-psicologico era diverso dal sapere già a priori quello che si ascoltava e poi c’era il gusto di indovinare chi suonava, i celeberrimi ‘blindfold test’, mentre il mettere dischi a caso era la funzione ‘random’ ante litteram’ che adoravo. Su Musica Jazz, tantissimi anni fa, venivano indette gare regolari di ‘Blindfold test’ tra critici con tanto di vincitore finale, gare difficilissime anche per illustri critici vista la difficoltà oggettiva e la vastità delle discografie.

Ora con le piattaforme musicali è cambiato tutto, il random impazza in ogni dove e la fruizione principale non è più l’intera opera ma l’ascolto del singolo, almeno per le nuove generazioni che non hanno contezza di supporti materiali ma che concepiscono solo musica incorporea. Altra considerazione è che ai tempi accettavo con favore suggerimenti di ascolto tramite la rivista Musica Jazz e collezioni di dischi che uscivano all’edicola per ampliare lo spettro delle mie conoscenze. Fatte queste premesse, il mio vecchio ‘vizio manuale’, ora non siate maliziosi, non si tratta di quel ‘vizio’, da non considerare almeno in questa sede, ovvero quello di scegliere a caso un disco, mi è rimasto. Ho scelto un CD a occhi chiusi, l’ho messo sul lettore e ho cominciato ad ascoltare. Non avrei mai indovinato gli esecutori, si trattava di un vecchio CD allegato a Musica Jazz; ‘The magic world of the legendary Kenny Clarke-Francy Boland big band and all those cats’ . Effetto sorpresa gradevolissimo perché già dalle prime battute del disco la memoria della band riaffiora e anche i singoli musicisti. ‘Wives and lovers’ un bel pezzo di Burt Bacharach e la ‘riscoperta’ di Sahib Shihab che non sentivo da tanto tempo che si cimenta in un assolo molto ispirato e anche l’assolo di ‘fats’ Sadi al vibrafono di cui non ricordavo neanche l’esistenza. In realtà il disco, a dispetto del titolo, non è esclusivamente un disco della big band, ma è una raccolta di varie formazioni, come quella dei brani iniziali che è il Kenny Clarcke-Francy Boland sextet, Il disco continua con ‘Day by day’ con un cantato che le generose note di copertina non menzionano.

Mi piace riascoltare Sahib Shihab al flauto che suona che è una meraviglia, supportato dall’accompagnamento impeccabile di Kenny Clarke, un ‘drumming’ metronomico coadiuvato da Jimmy Woode al contrabbasso e da pianismo asciutto ed impeccabile di Francy Boland. Sahib Shihab fa la parte del leone anche perché i brandi seguenti sono tratti da un suo disco ma con gli stessi musicisti; ‘Balafon’ di Francy Boland e ‘Con Alma’ di Dizzy Gillespie. Con ‘Dijar’ di Jimmy Woode cambia la formazione c’è l’aggiunta del trombonista svedese Ake Persson e Sahib Shihab passa al sax baritono e che imbraccia anche nei pezzi seguenti, ma l’ispirazione non cambia. Ritmi latini la fanno da padrone in ‘Seeds’ e l’assolo minimalista di Francy Boland è bello e in ‘Una fita de tres cores’. In ‘Handful of soul’ e ‘Lady heavy bottom’s waltz’ due brani tratti da un disco di Johnny Griffin che si aggiunge alla solita ritmica poi Benny Bailey alla tromba e Ake Persson al trombone. Anche Johnny Griffin che non ascoltavo da parecchio tempo ed è piacevole riascoltarlo dopo tanto. Con gli ultimi sei brani invece siamo dentro la Big Band ed è un bel sentire.

Adoro il suono delle big band anche perché in una ci ho anche militato. Impeccabili gli arrangiamenti e splendi gli assoli che in ‘Claudia’ e ‘My favorite things’ leggendo i componenti non possono che essere Sal Nistico al sax tenore, Dusko Goikovic alla tromba e l’immancabile Sahib Sihab al baritono e Sadi al vibrafono. In ‘My kinda world’ e ‘Just give me time’ si aggiunge la magica voce di Carmen Mc Rae. Gli ottoni e le ance impazzano dietro di lei che dà ancora più lustro alla Big Band, semmai ce ne fosse bisogno. Gli unici assoli sono di Francy Boland all’organo. Non menzionato colpevolmente nelle note di copertina come organista. ’Sakara’ e ‘Wintersong’ chiudono questa compilation. In ‘Sakara’ un brano con introduzione afro di Boland Sahib Shihab si fa apprezzare anche al clarinetto, sempre sia lui il solista, e al flauto, al trombone solo dovrebbe essere Persson, poi un assolo di Kenny Clarke.’Wintersong’ una composizione di John Surman chiude l’album. Il ritmo è sostenuto e il drumming di Kenny Clarke si esalta ancora insieme al piano di Francy Boland. Alla tromba un bell’assolo di Art Farmer, il sassofonista solista non lo riconosco dai nomi della sezione. Il secondo assolo di tromba è di Dusko Goijkovic riconoscibile perché privilegia i toni alti della tromba a differenza di Art Farmer che privilegia quelli medi. E’ stato bello aver riassaporato il fascino discreto dell’ascolto casuale manuale ed aver riascoltato musicisti di valore.