// Gianni Morelenbaum Gualberto //
Sebbene oggi in Virginia siano rimasti pochi quartetti africano-americani a cappella, i gruppi a quattro voci (four-part harmony groups) si esibivano in Virginia almeno dalla metà del 1800, rappresentando una tradizione popolare a lungo fortemente sentita. La sola Tidewater (area atlantica che include gli stati del Delaware, North Carolina e parte della Virginia, oltre a una parte della Delmarva Peninsula e l’area della Chesapeake Bay nel sud del Maryland) poteva vantare oltre duecento nel secolo successivo alla Guerra Civile, un’epoca in cui Newport News, Hampton, Portsmouth, Chesapeake e Norfolk divennero un punto di arrivo per gli africano-americani. Offrendo una combinazione di lavori governativi e marittimi, Norfolk in particolare si sviluppò in un vivace centro culturale africano-americano.
La tradizione del quartetto vocale africano-americano si basa su gruppi di quattro esecutori che cantano arrangiamenti per basso-baritono-tenore-voce principale senza strumenti. Fino alla metà degli anni Trenta tali complessi eseguivano principalmente pagine in tempi lenti o moderati, e il loro repertorio -di solito esclusivamente sacro- mescolava melodie e testi tratti da spiritual, inni più contemporanei e canti gospel.
La scena americana dei quartetti vocali (un ambito che si diramava in più direzioni) si ampliò notevolmente negli anni Venti con l’avvento della radio e della fonografia. Le case discografiche, come si sa, iniziarono a produrre i cosiddetti “race records”, dischi indirizzati specificamente agli acquirenti africano-americani e numerosi quartetti di Tidewater -il presto celeberrimoGolden Gate Quartet, lo Sparkling Four Quartette, il Silver Leaf Quartet, il Golden Crown Quartet, il Norfolk Jazz/Jubilee Quartet, solo per citarne alcuni- offrirono eccellente materiale il mercato discografico.
Negli anni Trenta il Golden Gate Quartet di Norfolk, guidato da Willie Johnson, aggiunse nuovi elementi alla tradizione dei quartetti di Tidewater: un suono più brillante, un fraseggio più dinamico e su tempi più varî e mossi, un approccio vocalmente percussivo che influenzò molti dei quartetti successivi, compreso quello dei fratelli Paschall qui presentati. I cosiddetti “spirituals ritmici” portarono i Golden Gates alla celebrità con presenze in film hollywoodiani, trasmissioni radiofoniche nazionali, in concerti e club locali e di rilevanza nazionale. Nei due decenni successivi, il complesso vocale produsse decine di dischi. Alla fine degli anni Cinquanta, il Golden Gate Quartet decise che il suo futuro mercato musicale era in Europa piuttosto che negli Stati Uniti e si trasferì in Francia.
Quando esso partì per l’Europa, la tradizione del quartetto africano-americano stava perdendo gran parte della sua identità in tutta la nazione. Già negli anni Trenta i gruppi aggiungevano l’accompagnamento della chitarra, una stampella musicale agli occhi di alcuni cantanti più conservatori: gli strumenti divennero elettrificati, gli esecutori e i promotori del gospel prenotarono sale più grandi e i gruppi musicali iniziarono a preferire un suono più “ampio” rispetto al canto a cappella a quattro parti. Gradualmente la norma per la scena musicale gospel divenne un cantante principale sostenuto da un coro e/o da un gruppo chitarra-basso-batteria-piano-organo. I quartetti di Tidewater continuarono a cantare fino agli anni ’70, ma il numero di gruppi attivi diminuì con l’invecchiamento dei cantanti. I Paschall, dunque, non solo testimoniano una prassi africano-americana stilistica e esecutiva vecchia di due secoli, ma ne delineano l’inserimento naturale nella contemporaneità con eccezionale pertinenza idiomatica e interpretativa.