// di Guido Michelone //

Questo mio intervento sta a metà strada tra i consigli per gli acquisti natalizi ormai dell’ultimo momento (o quasi) e la disamina di un anno di editoria italiana più o meno impegnata sul jazz, forse ‘meno’ che ‘più’, dato che, se si escludono tre-quattro editori è raro che le isole case propongano più di un titolo originale (nel senso di autoctono) o tradotto (soprattutto dall’inglese, benché sull’argomento i testi francesi sono spesso eccellenti).

Detto questo, oltre evitare i miei libri e quelli di Francesco Cataldo Verrina per ovvie ragioni (ma ne discuto comunque in altra sede come fa pure lui) segnalo in primis Paul Bley con David Lee, Liberare il tempo. Paul Bley e la trasformazione del jazz, anzitutto per il contesto editoriale, in una collana dedita esclusivamente al jazz e poi grazie al fatto ch’essi tratta di un’autobiografia intelligente in grado di trattare anche problemi teorici (sempre ovviamente intenerenti la musica, soprattutto la scrittura e l’improvvisazione).

Del resto parlare di:se stessi per avviare un serio discorso attorno al mondo delle sette note è merito è appannaggio persino di due jazzmen italiani: Emanuele Cisi in A cosa pensi quando suoni? Una vita jazz e Stefano Bagnoli con Louis Armstrong, Erroll Garner, Freddie Green: i più grandi ‘batteristi’ della storia, pur partendo da intenti diversi riescono a fare capire anche al pubblico dei non-musicisti, grazie alle rispettive esperienze ricchissime di soddisfazioni artistico-professionali, molte peculiarità del linguaggio jazzistico che spesso sfuggono persino a critici blasonati.

Un altro jazzista tricolore Tommaso Vittorini, in Troppa gente intorno. Memorie altrui, 1964-2020, di fatto esordisce nella narrativa, raccontando attraverso sette differenti personaggio (tra cui, centrale, un musicista), esperienze variegate difficilmente riassumibili in poche righe per un libro tanto, soprendente quanto talentuoso.

E ancora un altro jazzman prematuramente scomparso viene evocato da amici e colleghi in una sorta di antologia curata da Carlo Verri, dove Nimba Giampiero Prina 1957-2002. Amici e musicisti lo ricordano, sembra però un diario per vecchi compagni d’avventure, dove forse un editing rigoroso avrebbe evitato vuoti o lacune.

Del resto penso che il jazz sia argomento che forse sa di correre seri rischi quando tenta di essere imbrigliato in categorie ristrette: tuttavia l’azzardo si rivela vincente quando Monica Agosti, Giuseppe “Jody” Borea, Claudio Casarola, con 365+1 giorni di jazz spiegano altrettanti brani seguendo rigorosamente il calendario solare che però deve fare i conti non solo con le date di registrazione dei pezzi medesimi ma anche con altre avvenimenti per offrire una completezza storica obiettiva al 90%. Un po’ meno vincente Vanni Marsala e Marilena Pausini, con Le muse del jazz: una sorta di graphic novel con belle immagini ma le “storie e i misteri di 68 personaggi femminili che hanno ispirato le composizioni più belle” per me sono troppo eterogenee e casuali se rapportate a un’analisi storica, benché funzioni se mi pongo come lettore di favole per adulti.

Chi non corre rischi, sul piano qualitativo, è Luciano Federighi con Confessin’ The Blues, a mio giudizio forse il maggior vociologo al mondo per quanto riguarda il sound afroamericano qui incontra e intervista grandi cantanti non solo di jazz ma anche di blues e di soul mostrando, come sempre, immense doti cognitive ed ermeneutiche, nonché empatia con i personaggi conosciuti direttamente.

Finito il jazz, segnalo altri libri che hanno a che vedere con la musica e la Cultura afroamericane: il curatore Gianfranco Salvatore per Il chiaro e lo scuro. Gli Africani nell’Europa del Rinascimento tra realtà e rappresentazione raccoglie i saggi di sette studiosi italiani e stranieri attorno a un tema cruciale per la nascita del jazz: la nuova economia della schiavitù basata sulla tremenda deportazione delle genti africane per lavorare nelle Americhe in via di colonizzazione.

Ci tengo ancora a segnalare altre cinque biografie legate a importanti musicisti che più o meno direttamente hanno flirtato con il jazz: Robert Gordon, con Muddy Waters. Dal Mississippi Delta al blues di Chicago, ad esempio riesce non solo a narrare la figura di un cantante, chitarrista, compositore tra i fondatori del cosiddetto rhythm’n’blues ma a introdurci in un aspetto fondamentale della cultura popolare nera. Potrebbe risultare agli antipodi la Sarah Smarshm di Una forza della natura. Dolly Parton e le donne delle sue canzoni, trattando di una vistosa cantautrice bianca che diventa subito l’emblema di un country’n’western (con rare incursioni bluesy) dove però latente esiste una sorta di protofemminismo, che è un po’ il leitmotiv di un libro intelligente. Il fatto di non essere né critici né musicologici, ma inseriti in ambiti artistici tangenti (la regia il primo, il management il secondo) rende a mio avviso il Giorgio Verdelli di Paolo Conte e l’Alessandro Daniele di Pino Daniele, due autori accostabili per due libri in fondo simili, se non speculari, a pensare dei vitali rapporti intrattenuti dai due sommi cantautori rispettivamente con lo swing e con la fusion, quasi a simboleggiare le rispettive scuole jazz astigiana e partenopea. Lodevolissima,soprattutto dal punto di vista culturale, l’iniziativa di Gerardo Castello con Riprendiamoci la musica. Dal folk alla world music il percorso artistico del Canzoniere del Lazio, a ripercorrere la storia di una band che ha saputo via via integrare nel proprio sound non solo la politica alternativa del folk revival, ma anche e soprattutto elementi musicali esterni come appunto il jazz contemporaneo.

Per spiegare il mio inserimento dei prossimi due libri in questi “consigli per gli acquisti” voglio ricordare che non dovremmo mai scordare la funzione di ballo del jazz per tutta la prima metà del XX secolo, una funzione che viene poi rilanciata dagli altri generi black della popular music e si conclude al momento con i balli analizzati sia da Andrea Corritore con Dance! Techno & house 100 dischi fondamentali, sia da Valerio Mattioni in Ex Machina. Storia musicale della nostra estinzione 1992-~~: due libri tra loro diversi e proprio per questi complementari, quasi a metaforizzare la prassi e la teoria, una classica guida il primo, un affascinante saggio multidisciplinare il secondo (dedito alla cosiddetta Intelligence Dance Music).

E voglio anche citare il rock, menzionando un trittico di guide validissime, dove il jazz una tantum fa capolino: da un lato Ida Stamile in For What It’s Worth. Lo sguardo dell’Italia sui festival rock americani e inglesi degli anni Sessanta analizza il provincialismo ancora diffuso del giornalismo musicale dell’epoca, impreparato a incassare il colpo di eventi a loro modo rivoluzionario come Monterey, Woodstock o Wight. Dall’altro lato Gianni Lucini con …e ora pagateci i danni di Woodstock. Storie di musica, musicisti, mode, vizi, virtù ed emozioni assortite, racconta un sacco di aneddoti legati alle sonorità giovaniliprendendo anch’egli spunto dal calendario solare.

Dall’altro lato ancora c’è forse quello che potrebbe definirsi il libro dell’anno per quanto riguarda la saggistica musicale, benché la ricchezza della proposta sfugga a un inquadramento fra generi letterari: il Bob Dylan di Filosofia della canzone moderna è la conferma di un genio che merita il Premio Nobel conferitogli nel 2016, per l’acume con cui analizza i suoi brani preferiti in ambito pop, rock, country, folk, blues, soul e jazz, pescando da repertori anche minori, ma perfettamente in linea con il lavoro di costruzione/decostruzione da lui compiuto in oltre sessant’anni sulla forma canzoni. È insomma un testo fondamentale per capire tanti aspetti della cultura contemporanea: le narrazioni, lo show business, il canto, la voce, i dischi, i giovani, gli adulti, la società americana e persino un po’ quella britannica.

Elenco dei libri citati in ordine alfabetico per autore

Agosti Monica, Borea Giuseppe “Jody”, Casarola Claudio, 365+1 giorni di jazz, Zecchni, Varese.

Bagnoli Stefano, Louis Armstrong, Erroll Garner, Freddie Green: i più grandi ‘batteristi’ della storia, CEM, Milano.

Bley Paul con Lee David, Liberare il tempo. Paul Bley e la trasformazione del jazz, Quodlibet, Macerata.

Castello Gerardo, Riprendiamoci la musica. Dal folk alla world music il percorso artistico del Canzoniere del Lazio, Iacobelli Editore,Guidonia.

Cisi Emanuele, A cosa pensi quando suoni? Una vita jazz, Blònk, Pavia.

Corritore Andrea, Dance! Techno & house 100 dischi fondamentali, Arcana, Roma.

Daniele Alessandro, Pino Daniele, Rai Libri, Roma.

Dylan Bob, Filosofia della canzone moderna, Mondadori, Milano.

Ferderighi Luciano, Confessin’ The Blues, Mimesis, Milano-Udine.

Gordon Robert, Muddy Waters. Dal Mississippi Delta al blues di Chicago, Shake Edizioni, Milano.

Lucini Gianni, …e ora pagateci i danni di Woodstock. Storie di musica, musicisti, mode, vizi, virtù ed emozioni assortite, Sogni e Parole, Novara.

Marsala Vanni e Pausini Marilena, Le muse del jazz, Edizioni Curci .

Mattioni Valerio, Ex Machina.Storia musicale della nostra estinzione 1992-~~, Minimum Fax, Roma.

Salvatore Gianfranco (a cura di), Il chiaro e lo scuro. Gli Africani nell’Europa del Rinascimento tra realtà e rappresentazione. Argo, Lecce.

Stamile Ida, For What It’s Worth. Lo sguardo dell’Italia sui festival rock americani e inglesi degli anni Sessanta, Arcana, Roma.

Verdelli Giorgio, Paolo Conte, Sperling & Kupfer, Milano.

Verri (Carlo a cura di), Nimba Giampiero Prina 1957-2002. Amici e musicisti lo ricordano, Scivales Music, Venezia.

Vittorini Tommaso, Troppa gente intorno. Memorie altrui, 1964-2020, Autoprodotto.