// di Guido Michelone //
Prima di discutere la recentissima uscita discografica Bali a firma Giorgio Gaslini, occorre una premessa. C’è un tempo, in Italia, grosso modo tra gli anni ‘60 e ‘70 del XX secolo, in cui quasi tutti i musicisti (in particolare compositori e jazzmen) si dedicano agli score X, detti anche original movie picture soundtrack o colonne sonore cinematografiche, occupandosi di ogni genere filmico: l’industria del grande schermo, alll’epoca, è fiorente e origanizzatissima e il ruolo del musicista risulta tanto richiesto quanto redditizio sul piano economico. Nessuno si sottrae al richiamo, anche solo con una pellicola abilmente selezionata, benché la maggior parte accetti di tutto o quasi, salvo rimuovere dall’elenco dell’opera omnia o dalla discografia completa tali avventure, spesso frutto insapore di ripetitivo artigianato o di furbo mestiere. Emblematico resta in tal senso il caso di Giorgio Gaslini (1929-2014) che, durante un fortunato quindicennio della cinematografia tricolore, dunque tra il 1961 e il 1975, firma molti score (per l’appunto Bali), ma di cui purtroppo non esiste ancora un elenco completo, al pari delle lacune inerenti le produzioni televisive (pubblicità compresa).
Quindi in parallelo all’originale ricerca sul linguaggio jazzistico tra la pionieristica suite Tempo e relazione (19579 e l’apoteosi ideologica con Murales Live (1976) restano noti, editi, usciti su disco almeno dodici soundtrack: l’iniziale La notte (1961) per Michelangelo Antonioni sembra la risposta a quanto compiuto dalla Nouvelle Vague parigina a livello di rapporti suono/immagine tra scrittura e improvvisazione (a partire dal seminale Ascenseur pour l’échafaud di Miles Davis per Louis Malle), mentre il conclusivo Profondo rosso (1975) per Dario Argento, in cui egli si alterna al prog rock del quintetto Goblin (sostituti dei Pink Floyd) risulta il massimo successo discografico, giacché il long play originario riporta ogni brano tra cui l’inquietante celeberrimo leitmotiv di Claudio Simonetti.
Gli altri film non sono particolarmente memorabili, anche quando Gaslini collabora con un regista internazionale quale Miclos Jancsó, di cui proprio La pacifista (1970) rimane la pellicola meno riuscita del padre della Nouvelle Vague ungherese. Altro lungometraggi – Un amore (Gianni Vernuccio), Le sorelle (Roberto Malenotti), Le tue mani sul mio corpo (Rondi), Un omicidio perfetto a termine di legge (Tonino Ricci), Quando le donne si chiamavano madonne (Grimaldi), Il vero e il falso (Eriprando Visconti), La notte dei diavoli (Giorgio Ferroni), Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile (Roberto Bianchi Montero), Le cinque giornate (Dario Argento) in ordine tra il 1965 e il 1973- girati quando Gaslini diventa via via il riferimento del jazz politicizzato (grazie agli album Nuovi sentimenti, Il fiume Furore, Segnali, Africa!, Fabbrica occupata, Message, Colloquio con Malcom X, Canti di popolo in jazz , per restare in quegli anni), sono film appartenenti solo in parte al cosiddetto cinema d’autore, con alcuni registi, soprattutto durante i Seventies, pronti a cavalcare la moda di svariati sottogeneri a cominciare dall’erotico post-sessantottino tra voyeurismo sexy rivoluzione sessuale fino al poliziottesco moralistico d’azione e giustizialismo.
In tutti i casi le colonne sonore gasliniane non si impongono, ma si adattano alle pellicole, alle storie, ai generi, ai registi, così come va facendo il collega Ennio Morricone, oggi tanto blasonato, ma anch’egli ‘costretto’ a obbedire, sia pur col tocco del genio, ai dettami della musica d’uso. A livello stilistico, essendo un pluridiplomato al conservatorio, Con una lunga militanza nella musica tutta che non abbandona mai del tutto, Gaslini è in grado di inserire nei soundtrack un sapere enciclopedico quasi illimitato nel tempo nello spazio, come traspare anche dalla nuova riedizione, su vinile arancio, del film Bali (oggi AMS Records, distribuzione BTF).
Dunque nel 1970 Gaslini viene invitato dal regista Ugo Liberatore a comporre l’original movie picture soundtrack per il film Bali, un drammone à la page inerente il trend esotico/erotico con le vicende dei due amici, Glenn (John Steiner) e Carlo (Umberto Orsini) entrambi sulla meravigliosa isola di Bali (da poco scoperta dal turismo di massa) per scrivere un nuovo libro. Glenn, stanco e irresoluto, sul piano caratteriale, vuole trascorrere un periodo tranquillo in quest’angolo paradisiaco, mentre Carlo, privo di dubbi o gentilezze si fa beffe di lui. A soccorrere Glenn arriva la bella giovane Daria (Laura Antonelli), moglie di Carlo, intenta a curare il malessere dell’amico fino a proporgli il proprio amore. Il gesto compassionevole forse di eccessiva generosità appare controproducente, giacché non impediscono all’uomo sempre più depresso di suicidarsi.
Originariamente uscito con il titolo Incontro d’amore a Baliè un flop al botteghino, ma dopo appena un lustro la sensuale protagonista, grazie ai successivi Il merlo maschio, Malizia, Sessomatto, Peccato veniale, diventa una star del cinema italiano sempre più fruita quale sex symbol, ragion per cui il produttore Alfredo Bini rimette in circolo la pellicola con un nuovo montaggio con scene inedite girate apposta dal regista Paolo Heusch con gli attori Ettore Manni (il commissario) e Ilona Staller (la vittima); e ridistribuito come Incontro d’amore, il lungometraggio riscuote in sala un enorme successo, cronologicamente in parallelo all’exploit di Gaslini come jazzman popolar soprattutto negli ambienti universitari.
Passando ora, in breve alla colonna sonora, va sottolineato anzitutto il fatto che la copertina originaria, come abitudine dell’epoca, evita qualsiasi dato tecnico, salvo indicare che si tratta di musiche composte e dirette da Gaslini , che il coro è quello dei cantori Moderni di Alessandroni, che la voce solista è Edda Dell’Orso. Musicalmente, come rivelato da molti, lo score possiede due anime distinte; da un lato, più o meno in corrispondenza dei primi dieci pezzi (lato A) il suono risulta essenziale, diretto, scarna, in perfetta coincidenza con l’edizione primaria (pubblicata in origine nel 1971 dalla Cinevox): c’è dunque una bella alternanza fra cadenze, timbri, melodie tribali provenienti da strumenti a corde e a percussioni, e fra ritmi moderni oggi magari vintage nel senso delle atmosfere lounge e beat precipue dei mid Sixties, non senza qualche classico essenziale arrangiamento, dove prevalgono di flauti e archi. La seconda anima, che riguarda i dieci paralleli brani del lato B, risulta in fondo la stessa colonna sonora, ma in versione completamente alternata, grazie alle puntualizzazioni maggiormente classicheggianti, con un taglio per così dire sinfonico che è d’altronde merito di un’autentica orchestra, in uno stile score hollywoodiano, ulteriormente accentuato dagli interventi corali. Oggi Bali di Giorgio Gaslini verrebbe definita un misto di jazz, folk, pop, classica, etnica con una lungimiranza world music, che suona quasi ante litteram.
Cfr.. Gaslini Giorgio, Bali. Original Motion Picture Soundtrack (Cinevox 1971 e AMS Reords 2022).
