// di Francesco Cataldo Verrina //

Puoi pronunciarlo jas o jes, perfino gezz, ma «The Meaning Of You» di Ludovico Fulci è il disco ideale che ogni appassionato di jazz vorrebbe trovarsi fra le mani. Un lavoro immediato e senza molti preamboli pseudo-intellettualistici, in grado accontenta il critico esigente, quanto l’ascoltatore occasionale. Queste le parole di Fulci (artista poliedrico ed impegnato su molti fronti specie nell’ambito delle musiche da film) sono alquanto eloquenti: «Vi sono generi jazzistici differenti che fanno tutti parte del mio mondo musicale così come varie influenze musicali. Nel mio viaggiare in musica, due figure hanno molto impressionato ed influenzato il mio percorso. Sono grato a Chick Corea e ad Ennio Morricone. Di entrambi mi ha affascinato il loro innato modo di concepire la musica. Nulla è convenzionale perché animato da una continua ricerca, una continua innovazione».

Basta un fugace ascolto di «The Meaning Of You» per capire che le pressioni sui centri nevralgici della creatività compositiva di Fulci, provengano da più direzioni, ma l’accento e le accentazioni sul costrutto sonoro dell’album sono poste solo e sempre sul jazz, implementato attraverso stili e codici semantici differenti, ma concatenati dalla grande tradizione afro-americana della musica improvvisata. Anche su questo aspetto ci vengono in soccorso le parole del pianista: «Come musicista dapprima di jazz e poi, da molti anni, come compositore di musica da film ma anche di musica concreta, avendo trattato professionalmente quasi tutti i generi musicali, con formazioni più disparate, dalle piccole fino alle grandi orchestre sinfoniche, ho sentito in questo lavoro l’esigenza di far confluire un po’ tutte le mie anime, mantenendo inalterata l’espressione jazzistica come comune fattore denominatore. Ogni brano è virtualmente legato ad un’immagine o ad un personaggio e trae ispirazione da questo». Per rendere tangibile e concreto l’immaginario del progetto, Fulci, al pianoforte, ha scelto come compagni di viaggio una solida corazzata di musicisti dall’ottimo pedigree genetico-artistico: Tobias Relenberg al sax tenore, Vittorio Cuculo al soprano e al contralto, Franco Piana, come special guest al Flicorno, Dario Rosciglione al contrabbasso e Pietro Iodice alla batteria.

L’album prende forma e sostanza attraverso undici componimenti tutti a firma Ludovico Fulci, che per sintassi e formula narrativa pagano un tributo ideale alle sue principali influenze. Queste le parole del pianista in proposito: «Di «Ennio», avendo avuto un contatto lavorativo durato molti anni, ho apprezzato sempre la grande modernità del suo scrivere. Ha formato una parte di me ed i consigli da lui ricevuti, sono stati preziosi soprattutto nel modo in cui si concepisce la musica. Di Chick Corea, la continua freschezza compositiva ed improvvisativa assolutamente non convenzionale. C’è un segreto in tutto quello che loro hanno scritto e suonato. Tutto questo e molto altro confluisce all’interno di «una musica costante», che accompagna il nostro percorso e le nostre esperienze (…) Nella vita di ogni musicista vi è un denominatore comune che è dato dalla presenza della musica come costante «compagna» di ogni momento. Questa non è una presenza statica ma in continuo divenire: modella e si fa modellare lasciando a volte tracce della propria esistenza ed evoluzione».

Al netto di ogni valutazione, Fulci si conferma come un compositore lungimirante e sopraffino capace di guidare un ensemble coeso dalle capacità espressive non comuni, con tre strumenti a fiato che si alternano sulla prima linea, apportando alle partiture melodiche un’opulenza di toni e cromatismi, in grado di mantenere l’ascoltatore allo stato di veglia per tutta la durata del tracciato sonoro. Il perfetto amalgama e l’uniformità del progetto vengono magnificate da punte d’eccellenza esecutiva: tutti i brani sono legati da un fil rouge come le parti di una colonna sonora. In questo caso il film è la vita con i suoi contrasti e le sue complessità musicate. «L’opener «Be-A», ricco di sfumature orchestrali, mette subito in luce il comping pianistico fresco e moderno di Fulci, il quale apre la strada al tenore di Tobias Relenberg, rifinitore dal timbro rotondo e potente che si abbandona ad un piacevole gioco modale, a tratti in fuga verso una dimensione più obliqua, ottimo l’interplay con il piano, molto in odor di Herbie Hancock, mentre la retroguardia ritmica sviluppa un groove dal passo latino che ricorda moderatamente «Cantaloupe Island». «Don’t Forget It» è un ottimo esempio di post-bop dai contrafforti latini, sostenuto da una ritmica effervescente e dinamica su cui piano e sax disegnano movenze arcuate e dall’elevato gradiente melodico. «I Want You» è una ballata midrange dalla melodia ariosa, introdotta dal piano e fertilizzata dai sassofoni attraverso un cambio di passo e di mood che consente di assaporarne le essenze su differenti tonalità. «The Night And You» è un’escursione notturna che si dipana sulle note struggenti del soprano di Cuculo, il quale sviluppa un’atmosfera fiabesca che rimanda a «My Favourite Things» di Coltrane, mentre la retroguardia fornisce un salvacondotto per le stelle sulla scia di un ritmo cadenzato, che consente al piano di Fulci di aggiungere al parenchima sonoro altro zucchero filato.

«How Deep Is the Sea», eseguito nel formato piano trio, agevola il piano del band-leader nel disegnare le onde, le inscrespature dell’acqua, quindi il senso della vita, attraverso un movimento elastico, fino ad abbandonarsi alle profondità di un lirismo nitido e narrativo. «Sha-A» assume i tratti somatici di un moderno post-bop, muscolare ed energico, sorretto da un groove funkfied, che corre a piè sospinto, ma pronto a consegnare la staffetta al pianoforte di Fulci il quale corre avanti e indietro sull stesso timing, incoraggiato dalla retroguardia che non lascia aria ferma. Il finale è un straripante duello tra i riff veloci dei fiati e la batteria, a cui il piano fa da catalizzatore armonico. «Inconsistence», gioca su i cambi di tempo, in odor di Brubeck, dove piano e sax incollano frammenti di ritmica volutamente spezzettata. La melodia distillata da sax prima e dal pianoforte poi, avvolgente, trionfalistica e dal sapore bandistico, compensa il gioco cangiante ed ironico della retroguardia. La tittle-track «The Meaning Of You», grazie al flicorno di Franco Piana diventa una ballata bagnata nel pathos e narrata con toccante lirismo; al cambio di passo il pianoforte di Fulci diventa struggente, colmando gli anfratti di poesia, mentre il ritorno in scena del flicorno ne rimodella i contorni romantici.

«No Sense Minor» è maggiorato per contrasto in velocità, sostanziandosi come una spadellata di energia pianistica a tre punte, tanto da consentire a basso e batteria di mettersi in bella mostra, fino all’arrivo del sax. «Mister Montag», il componimento più lungo dell’album, oltre nove minuti, è una piattaforma girevole che consente a tutti sodali coinvolti di esprimersi, grazie ad un arrangiamento a maglie larghe e ad una struttura armonica aperta e ricca di cambi di guardia e di umore. Un esempio di jazz contemporaneo con radici piantate nel humus della tradizione, ma ad altissimi livelli compositivi ed esecutivi, senza manierismi, virtuosismi e citazionismo spicciolo. In chiusura «Somethin’ Between Me And Myself», una vetrina espositiva in solitaria per il titolare dell’impresa, che appone il suo trade-mark sul progetto con un lectio magistralis di pianismo jazz, mentre lo spirito di Corea aleggia nell’aria. «The Meaning Of You», di Ludovico Fulci, pubblicato da AlfaMusic, è un’epitome di jazz straight-ahead, privo fughe verso territori alieni, rispettoso del vernacolo tradizionale, ma forte di una contemporaneità compositiva ed esecutiva non comune.