// di Francesco Cataldo Verrina //
«A Congregation Of Folks» di Daniele Germani, pubblicato dalla GleAM Records, è un disco che trasuda America da tutti pori, ed è quello che può definirsi un lavoro dal taglio veramente internazionale. Un qualsiasi musicista jazz europeo devrebbe toccare prima o poi il suolo americano, andando nei luoghi che hanno generato il concetto di musica improvvisata per antonomasia, respirarne i profumi, assaporarne l’humus, conoscerne le radici e le dinamiche. Il musicologo Gianni Morelenbaum Gualberto scrive: «Nel XXI secolo il jazz è tornato ad essere un’arte pienamente americana, in cui il peso idiomatico africano-americano si fa sentire con chiarezza, per quanto integrato da altri contributi culturali, eminentemente quello afro-ispanico, quello afro-caraibico, quello afro-brasiliano, quello ebraico: il canone jazzistico emerge dalle due grandi culture diasporiche».
Originario di Frosinone ma residente a Brooklyn, NY, Daniele Germani è una diventato presto un musicista in rapida ascesa sulla scena jazz contemporanea newyorkese. Diplomato al Conservatorio della sua città natale, Germani si trasferisce a Boston nel 2013 dopo aver ottenuto una borsa di studio per frequentare il Berklee College of Music, dove si è imbattuto in un mentore d’eccezione, Joe Lovano, il quale a proposito di «A Congregation Of Folks» afferma: «Il primo lavoro registrato da Daniele Germani come leader è ricco di espressioni personali e pieno di sentimento. Sono stato catturato dal suono dolce di Daniele e dal meraviglioso spirito collettivo e dal dialogo creativo del suo quartetto». Un dettaglio non trascurabile: in USA, Germani si è fatto le ossa al Wally’s Jazz Cafe, il leggendario jazz club conosciuto come la «palestra» per musicisti locali ed emergenti. Germani si è esibito al Wally’s due o tre volte alla settimana come sideman e con i suoi gruppi, una mutevole «congregazione di gente» proveniente da tutte le parti del mondo. Il rinomato club ha svolto un ruolo fondamentale nell’evoluzione strumentale e personale di Germani. «Wally’s era il luogo in cui sognavamo ad occhi aperti», racconta l’altoista di Frosinone.
Da «A Congregation Of Folks», registrato al Bacque Recording Studio di New York, emerge un contraltista dalla «voce» fortemente caratterizzata e dai tratti salienti non convenzionali, ma soprattutto un compositore ispirato ed intrigante: ad oggi il sassofonista ha scritto circa quattrocentocinquanta brani, dimostrando una prolificità esemplare. L’album si sostanzia attraverso dieci composizioni a firma Germani sviluppate nel formato quartetto con il sostegno del pianista Justin Salisbury, originario dell’Oregon, del bassista Giuseppe Cucchiara e del batterista sudcoreano Jongkuk Kim. Il titolo dell’album nasce proprio da quel variegato insieme di persone con cui Germani ha impattato durante al sua esperienza newyorkese, basata su un prolifico e proficuo interscambio multi-etnico, che inevitabilmente si ripercuote sul suo impianto sonoro, il quale nasce dalla confluenza di culture molteplici che pur guardando al futuro, non disdegnano il richiamo della tradizione. La stessa title-track è ispirata dalla copertina dell’album, il cui art-work è stato costruito partendo dalla foto del matrimonio dei genitori del sassofonista, su cui Germani ed il suo line-up sono stati sovrapposti grazie ai miracoli della computer grafica.

Al primo impatto l’album risulta impregnato di un certo intimismo privo di enigmi, di piagnistei e di sofferenze plateali, comunque svelato apertamente ed accompagnato da un certo nostalgismo che costituisce il fil rouge della vena più romantica dell’altoista. L’opener, «They Move In On The Action» è una rutilante rappresentazione filmica della realtà, fatta di cambi di scena e di passo, dove la retroguardia ritmica fertilizza il terreno su cui cammina il sax del band-leader, il quale diventa l’Io-narrante, non solo per contratto. «One Moment To Moment» è un’indagine alla luce del pallido sole della Grande Mela, con qualche velatura di malinconia e con accenni lirici assai marcati, sottolineati dal pianista Justin Salisbury, il quale risulta davvero in palla nell’assecondare il cantico urbano del contralto. «The Capitalist Creed», ossia «il credo capitalista» descrive appieno uno dei tratti salienti di New York, città d’arte, ma soprattutto di transazioni finanziarie. La Big Apple divisa tra Broadway e Wall Street, tra jazz e business, in cui il tono indagatore del sax di Germani è spinto in avanti da un sezione ritmica incessante che non lascia aria ferma e tempo per pensare, proprio come avviene nel mondo degli affari. La traccia eponima, «A Congregation Of Folks», scava in profondità con il sax di Germani che chiama a raccolta la sua gente con voce graffiante e sofferente.
«Half Believe It» è un up-tempo in scioltezza, magnificato dal suono zampillante del pianoforte e degli innesti abrasivi del sax, mentre basso e batteria, dalle retrovie, non fanno mai mancare il carburante. «In The Field Of The Unconscious» siamo al climax del progetto, la costruzione sonora di Germani e soci diventa un piccolo poema sul racconto delle fragilità umane condizionate dalle paure e dai moti immanenti dell’inconscio, dove il clima di oppressione psichica è diluito da una melodia ariosa e da un costrutto armonico che, in progressione, diventa sempre più attrattivo e seducente: c’è spazio per gli assoli di tutti sodali. «Eres Luz Variation», dura solo cinquantatré secondi e funge da introduzione attraverso il basso, per «Eres Luz», una suadente ballata che assume i contorni di una quiete dopo la tempesta finanziaria e psicologica. «But It Doesn’t Mean It’s Danger-Free» ha un titolo che racconta una storia: «Ma non significa che sia esente da pericoli». La vita del jazzista ne presenta molti e le insidie di una città come New York sono tante, ma lungo il tracciato sonoro gli ostacoli sono superanti ampiamente dall’ottima struttura dialogante del componimento, che consente ai sodali di esprimersi agevolmente non senza qualche tentazione per talune atmosfere soulful e scodinzolanti. «No Clouds In The Air» della durata di un minuto e mezzo, è forse la trascrizione di un presagio, un intermezzo che racconta i colori ed i suoni di una metropoli a volte assordante che risucchia l’uomo della strada in un vortice di tensioni.
«Salisbury Introduces YLWFBL», in quarantanove secondi ed a tutto (s)piano introduce uno dei momenti più belli e convincenti dell’album, «You Won’t Find A Better Listener», che lo stesso Germani definisce come «la migliore conversazione a tarda notte, piena effervescenza e profondità». In realtà l’interazione dialogica tra il sax di Germani ed il piano di Salisbury è quasi da manuale del jazz contemporaneo, mentre la retroguardia ritmica li asseconda nei loro vezzi e capricci non badando a spese. Se l’album di Germani fosse la colonna sonora di un film, «Farewell (A Congregation Of Folks)», sarebbe il brano adatto ai titoli di coda. Samo ai saluti finali, anche se con una velata punta di malinconia e di pathos, il contralto di Germani sembra voler dire: arrivederci alla prossima! Per concludere basterebbe aggiungere: fatti, luoghi e personaggi sono puramente casuali ma, vi garantisco, che questo album non raggiunge uno score creativo ed esecutivo così elevato solo per caso.