// di Francesco Cataldo Verrina //

«Two Minuettos» è un album che offre molte suggestioni: potrebbe essere un duello come un duetto, un incontro ma anche uno scontro, un passo di danza a due, un dipinto a quattro mani, un’opera letteraria narrata da due scrittori diversi, latori di linguaggi differenti che a volte si compenetrano, ma che in altri frangenti si muovono seguendo due tracciati paralleli come due rette che non s’incontrano mai, ma che tendono nella medesima direzione. Certamente, due musicisti che suonano da soli diventano i poli estremi di un sistema, dove tutto si svolge al centro, come su un tavolo di ping-pong diviso da una rete.

Il duo è sistema senza angoli. Se è vero che trio per alcuni rappresenti la triangolazione perfetta nella sua asimmetria, assai propedeutica alla libertà improvvisativa o che per altri solo il quartetto consenta la cosiddetta quadratura del cerchio, nel duo succedono, però, molte più cose di quanto non ne accadono in grosso ensemble: non può esserci distrazione, né aria ferma, l’interplay è costante, anzi in questi casi si può parlare di byplay perfetto.

A parte la rappresentazione geometrico-ambientale, la risultante è data dalla tromba di Fresu con i suoi umori mutevoli e policromi, ricca di sentori atavici e nostalgici che s’impianta nel parenchima sonoro del pianismo dilatato e totalizzante di Uri Caine. Ciò che emerge in maniera preponderante è il perfetto equilibrio tra due differenti e marcate personalità musicali e la sapiente miscela di temi selezionati tra gli standard tradizionali, la musica pop, il barocco e le sinfonie. Parliamo di due artisti atipici, da sempre interessati a cimentarsi con repertori che travalichino il ristretto perimetro dei generi e dei linguaggi, incrociando le proprie strade con esecutori d’ogni risma. Qualsiasi loro movimento e qualunque passo è finalizzato a un concetto di musica che esprima non solo una forma interiore, ma che mostri anche un aspetto esteriore corrispondente all’idea di bellezza.

«Two Minuettos» è il terzo disco del duo, il primo dal vivo. Ogni singolo brano proviene dalle registrazioni effettuate durante alcuni concerti milanesi al Teatro dell’Elfo, dal 27 febbraio al 1° marzo del 2015. Paolo Fresu e Uri Caine sono musicisti molto popolari e amati non solo nel ristretto circuito jazzistico. «Siamo tutti e due eclettici e bulimici», avrà modo di sottolineare Fresu. I due si conobbero a Time In Jazz di Berchidda dando vita nel 2005 a «Things» uscito su Blue Note come il successivo «Think» del 2009. «Two Minuettos» giunse a sette anni di distanza dall’ultimo incontro. Registrato dal team della Radio Svizzera di Lugano e remixato da Stefano Amerio, l’album venne pubblicato dalla Tŭk Music, la personale etichetta di casa Fresu.

La loro esperienza, giocata apparentemente sul filo del rasoio, si risolve nell’esigenza dei due «attori» di comunicare sentimenti e passioni, che oltrepassino la sola mediazione tra due strumenti, ma che attiene piuttosto al desiderio di codificare talune composizioni con un linguaggio differente rispetto a quello per cui erano state concepite. Il tutto secondo il metodo dei vasi comunicanti, senza il timore di mettere insieme intoccabili partiture di musica colta con frammenti di musica popolare e spesso a parti invertite: i minuetti, pur nel rispetto del pentagramma, trovano nell’humus jazzistico una forma di attualizzazione.

«Minuet In G Minor» e «Minuet In G Major», i quali hanno determinato la scelta di questo titolo aprendo e chiudendo l’album, sono due celebri composizioni di Joan Sebastian Bach, rivisitate con intelligenza e con scambio osmotico di idee tra i due strumentisti, ma non alterate o dissacrate: queste inedite versioni si allontanano dalla forma classica per acquisire nuova linfa vitale e contemporaneità espressiva, ma mantengono anche una certa distanza di sicurezza dall’ortodossia jazz. Il territorio di esplorazione è abbastanza vasto, si procede con una convincente rilettura di «I Love You Porgy» di George Gershwin nata come aria operistica in «Porgy And Bess», ma presto espropriata dai grandi jazzmen, primo su tutti Miles Davis: dettaglio non trascurabile, che per Fresu diventa un vero invito a nozze. Caine ne disegna la trama sonora, mentre il musicista sardo la trapunta con note spaziate e suadenti che esaltano la meditativa liricità del tema.

Il duo continua ad aprire lo scrigno di pietre preziose estraendo «Symphony No.1, 3rd Movement In D» di Mahler» che assume le sembianze di un balletto, in cui gli strumenti danzano in un fluttuante movimento arcuato e girevole. «Almeno tu nell’universo», canzone lanciata da Mia Martini e scritta da Bruno Lauzi è l’omaggio alla tradizione cantautorale italiana. Una performance di profonda intensità emotiva dove il senso del blues sfuma nella felicità dei sentimenti; cosi come l’interpolazione tra «All I Want» di Joni Mitchell e «Give Peace a Chance» di John Lennon assume dei connotati quasi barocchi. «La Travagliata» di Barbara Strozzi, autrice e soprano, figura di rilievo della musica barocca veneta, diventa l’esempio palpabile dell’innata capacità dei due sodali di agire negli ambiti compositivi più disparati. L’arrangiamento è propedeutico alle esigenze di sviluppo narrativo: Fresu regala leggiadri passaggi al flicorno, accompagnati da Caine che, accarezzando i tasti del pianoforte, sviluppa avvolgenti onde sonore dal sapore antico.

«Sino Alla Morte Mi Protesto/L’Amante Bugiardo» un pezzo assai partecipato e ben calibrato sull’incedere tormentato degli strumenti, che si allontanano per poi avvilupparsi come nell’abbraccio di due amanti. «Nature Boy» fissa su disco un altro momento di elevato livello esecutivo, dove le note si adagiano su ambientazioni chiaroscurali, fino al cambio di passo segnato da un vivace crescendo pianistico che, appagato, si placa nel finale. «Minuet in G Minor» appone il sigillo all’album fino a quando non diventa il preludio ad una struggente versione di «Caruso» di Lucio Dalla, una coinvolgente interpretazione che, sotto le velate spoglie di ghost-track, emerge come un’aggraziata creatura sonora unendo eleganza formale e lirismo.

Two Minuettuos» è un album in cui il valore artistico e la cifra stilistica si sostanziano nella totale assenza di ridondanze e di orpelli decorativi, ma per contro ricchezza di atmosfere sospese e tensioni emotive fra passato e presente seducono il fruitore e lo introducono in un condominio jazzistico extra-moenia. Una pacata improvvisazione lirica e sinergica lascia spazio costantemente al gusto per la melodia, dove il gioco pianistico di Uri Caine, ricco di contrappunti, risalite e discese ardite, asseconda in modo discreto e mai scontato le evoluzioni e gli umori della tromba di Paolo Fresu. Il minimalismo strumentale e la semplicità dialettica diventano bellezza espressiva, mentre la simbiosi mutualistica tra due musicisti di differente lignaggio ma complementari riporta la musica allo stato naturale dell’arte, liberandola dalla prigionia degli schemi e dalle divisorie barriere architettoniche culturali.

Paolo Fresu e Uri Caine (Foto Roberto Cifarelli)