// di Francesco Cataldo Verrina //
Uno degli degli aspetti più singolari del jazz nasce dal fatto che si basa su composizioni in massima parte strumentali. Non essendo presente una componente letteraria, con dei testi che indicano un percorso ben preciso ed un valore semantico stabilito apriori dall’autore, il fruitore, come lo studioso, ma soprattutto un musicista, può costruirci o ricostruirci intorno un mondo totalmente immaginifico. Tutto ciò accresce la carica mitopoietica del jazz, che si presenta come un terreno libero in cui chiunque potrebbe, potenzialmente, impiantare nuovi elementi o crearne di simili.
Roberto Bottalico Alter & Go Project, partono da quello che definiscono come «Il favoloso Mondo di Wayne, lo Strambo» per reinventare un microcosmo sui-generis intorno alla musica e all’universo creativo di Wayne Shorter, il jazzista che per antonomasia ha sempre subito il fascino dell’immaginazione e dell’immaginifico, sedotto spesso da storie surreali, intrise di miti, magia e di mondi lontani. Ai tempi del liceo, il giovane Shorter veniva definito dai sui compagni « As weired as Wayne», ossia « strambo come Wayne», tanto che Bottalico e di suoi sodali ricollocano la figura dell’iconico sassofonista in una dimensione sospesa tra fantasy e fiction, attraverso otto componimenti originali disegnati sul modulo espressivo shorteriano, senza eccedere nel ricalco stilistico e formale. Un solo brano, «Resolution», è preso in prestito dal repertorio di John Coltrane. Shorter è stato sempre un talento ricco di bizzarrie creative, quasi un outsider rispetto all’omologazione standardizzata dei tanti coevi e, come tutti i grandi, un unicum nella sua area di pertinenza. Bottalico e compagni riescono a tracciare un itinerario sonoro asimmetrico, distonico e ricco di improvvise mutazioni, seguendo il filo di Arianna dell’estro di Shorter, il queste si muoveva sempre per vie trasversali o laterali, operando repentini cambi ritmico-armonici ed improvvisate variazioni tematiche sulla melodia, quasi a non voler dare troppi punti di riferimento. Bottalico riesce a penetrarne il mood e il metodo costruttivo, utilizzando una serie di richiami, sottili citazioni, nonché il sottile metodo della variabile emotiva.
Giunto alla sua quarta fatica discografica con l’Alter&Go Project, Bottalico si caratterizza come indagatore delle infinite possibilità offerte dal periodo aureo del bop-hard-post, penetrando appieno il parenchima sonoro di uno dei sassofonisti più eclettici ed umorali della storia del jazz di tutti i tempi. Bottalico, accompagnato dal chitarrista Augusto Creni, sostenuto dal contrabbasso di Alessandro Del Signore e dalla batteria di Massimo di Cristofaro, da forma a un racconto quasi teatrale imperniato su storie letterarie, simil-cinematografiche e fumettistiche, dove s’incrociano personaggi surreali, i quali allestiscono virtualmente un’ambientazione fittizia intorno alla figura del sassofonista. Wayne è visto da un’angolazione che muta più volte e repentinamente prospettiva ed immagine mentale: più simile ad un Peter Pan che al serioso sassofonista del quintetto di Miles o dei Weather Report. Le varie tracce dell’album sviluppano una realtà parallela sospesa e kantiana, dove l’ipotetico Shorter prende il posto del reale in assenza della realtà stessa.

La fantasia vince e domina a tutto campo, così nell’opener « Assembramento n.7» vengono quasi enunciati i principi costitutivi della formula sonora shorteriana, attraverso una destrutturazione degli elementi di base e successiva ricomposizione soggettiva. Ecco che fa capolino sulla scena « Porfirij Petrovic», l’ispettore nato dalla penna di Dostoevskij in «Delitto e Castigo» che, attraverso un tortuoso inseguimento, cerca di stanare un pericoloso assassino di nome Raskolnikov. Il costrutto sonoro sembra essere pervaso da una sensazione di thriller psicologico. «Atelier Shorter» è la materializzazione perfetta dello spirito musicale del sassofonista, reincarnato nella voce strumentale di Bottalico. In «Kukurusa Na Prabodie» prendono vita «Kurkusa», il chicco di mais costretto a stare in equilibrio su un filo ed in «Giant Half Steps n°1», compare il gigante che cammina facendo mezzo passo alla volta, cercando di arrivare al cospetto di John Coltrane.
Al netto delle suggestioni fumettistico-letterarie, l’impianto sonoro allestito da Bottalico e soci getta un ponte continuo fra il Coltrane modale di «Giant Steps» ed il giovane messaggero Wayne in fase di crescita, il quale fluttua a mezz’aria tra «Resolution» e Giant Half Steps n°2, due tracce che descrivono quasi un passaggio di testimone dal Gigante Supremo al giovane apprendista stregone , e di cui l’Alter & GO Project si fa carico. In chiusura, «Dedalus», l’alter ego di Leopold Bloom nell’Ulisse di Joyce, perso nel suo flusso di pensiero, dove la musica si ammanta di mistero penetrando in un dedalo di accordi ipermodali che strisciano in un fumoso ed angusto cunicolo rivestito di blues. «Il favoloso Mondo di Wayne, lo Strambo» è un album di jazz di alto livello qualitativo, fitto di umori mutevoli e cambi di scenario, dove Roberto Bottalico e gli Alter Go Project, pur calandosi in una dimensione da cinema fantasy (a fini narrativi e di corollario estetico), restano sempre reali e vitali, mentre gli strumenti suonano un ottimo jazz in onore di Wayne Shorter, dando vita ad un lavoro encomiabile, dove c’è molta ispirazione e poco ricalco calligrafico.
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