// di Francesco Cataldo Verrina //

Il formato Duo nell’ambito della musica contemporanea d’ispirazione jazzistica è diventato un formato molto diffuso, anche se nella storia passata e recente del jazz ci sono illustri esempi di accoppate vincenti e sinergiche. Portare due soli strumenti sulla scena, potrebbe apparire come una regola d’ingaggio più difficile da praticare, in realtà le sonorità sembrano moltiplicarsi e le armonie appaiono più libere di muoversi senza le linee guide, talvolta contenitive, di una retroguardia ritmica. È richiesta in ogni caso una visione d’insieme ed una certa temerarietà, visto che l’interplay fra i due strumenti deve risultare perpetuo e privo di aria ferma, soprattutto gli spazi vanno colmati, ora dall’uno ora dall’altro, senza che il dialogo si trasformi in un duello con qualche tentativo, sia pure involontario, di sopraffazione.

In genere quando la strumentazione è minimale si ricorre ad una formula composita ed espressiva che travalichi il classico impianto jazzistico tradizionale, aprendosi ad una dimensione di «compromesso» che possa accogliere con facilità alcuni stilemi più classici e melodici in grado di dare respiro alla manovra dei due sodali, i quali risultano più liberi dal punto di vista espressivo, ma non possono contare sull’appoggio, nello specifico, di basso e batteria. In questa circostanza, il connubio fra pianoforte e tromba è alquanto riuscito, tanto che si parla di «moderno jazz cameristico», genere molto apprezzato soprattutto nei paesi scandinavi. Non a caso «Bilico» album d’esordio del trombettista toscano Jacopo Fagioli, il quale si avvale si avvale del pianista Nico Tangherlini, è stato pubblicato dall’etichetta norvegese AMP Music & Records. Fagioli firma cinque degli 8 brani che compongono il progetto: «Vecchio Swing», «Birthday On Instagram», «Lockdown Blues», «Incompleteness» e «Horace Silver su una Ferrari», mentre «Elegia» porta la firma di Tangherlini, «Meteor « è componimento basato su una libera improvvisazione e «Se Penso Io e Te» è stata scritta a quattro mani.

Il duo ha iniziato la propria attività nel marzo 2019, ottenendo il primo riconoscimento nel medesimo anno con la vittoria del Premio Marco Tamburini a Rovigo. Pur non essendo due canuti e consumati veterani, essi riescono a stabilire un equilibro paritetico e non gerarchico che rende il costrutto sonoro fruibile ed immediato, senza fughe verso l’impossibile o ghirigori virtuosistici inutili e dispersivi. Come già spiegato, la libertà di cui godono, che avrebbe potuto diventare un’arma a doppi taglio, raggiunge presto il cosiddetto break-even-point, un punto di pareggio nel bilancio compositivo ed esecutivo garantendo alle loro performance una maggiore espressività, ricca di sfumature e cromatismi, diversamente limitate in un organico più composito e da arrangiamento a maglie strette. Il carattere volitivo dei due sodali favorisce una ricerca continua di equilibrio tra sonorità e capacità di ascolto reciproco.

Come ogni opera dell’ingegno umano che si rispetti, anche un disco di jazz contemporaneo deve avere un filosofia motivazionale che rafforzi il metodo e la condizione ispirativa degli artisti coinvolti. Non a caso il titolo dell’album, «Bilico», nasce da una condizione di precarietà tipica della nostra epoca dove le certezze appaiono piuttosto labili e liquefatte da un universo di elementi virtuali e poco tangibili. Parliamo del concetto di essere in «Bilico», ossia trovarsi cioè in uno stato di equilibrio instabile. Addentrandoci nelle pieghe dell’album ci si accorgere che il tema della precarietà viene interpretato come senso di sospensione ed è accompagnato dalla ricerca costante di un equilibrio provvisorio. Proprio come accade nell’era ipermediale, dl non tangibile e del contatto fisico surrogato, dove i punti di riferimento diventano spesso sfilacciati e c’è bisogno riannodare i fili continuamente. Ed è proprio da questa azione in perenne divenire che si sviluppa una sorta di empatia fra musicisti e fruitori. Il fil rouge che lega tutte le partiture dell’album, oltre che dal continuo dialogo fra il trombettista ed il pianista, i quali mettono su un terreno comune le singole abilità al servizio l’uno dell’altro, è rappresentato da un desiderio, alquanto percepibile, di sondare nuovi territori e di esplorare zone dello scibile musicale non del tutto praticate, quanto meno non stantie o eccessivamente sfruttate.

Immergersi nella loro musica diventa per l’ascoltatore, anche più esigente, un lavacro purificatore, mentre confromtandosi idealmente con i due misicisti si acquisisce immediatamente un senso di libertà. «Elegia», con un titolo che rimanda ad un costrutto in metrica, è distico epigrammatico dove, per metafora, le note sembrano descrivere un cantico avvolto in un’aura di «sospensione», attraverso una dimensione evocativa e spirituale., dove il tempo e lo spazio sembrano quasi annullati, mentre l’ascoltatore viene risucchiato in un vortice di emozioni e trascinato in un indefinito altrove, quasi una bilocazione dove spirito e materia si dividono. «Meteor» si sostanzia come la formula strutturale a cui i due musicisti ambiscono. Il componimento è l’epitome dell’estetica compositiva in tempo reale di Jacopo Fagioli e Nico Tangherlini, dove l’indicatore di marcia è l’improvvisazione libera, mentre i due musicisti si affidano ad una sorta di simbiosi mutualistica per fissare i punti di ancoraggio del costrutto sonoro. «Incompleteness» è un distillato di poetica allo stato puro, giocato sui contrasti ed i cambi di mood: da uno stato iniziale di taparente serenità, introdotto dal piano, si passa ad una situazione di inquietudine innescata dalla tromba. E qui ritorna il concetto di equilibrio traballante ed instabile fatto di repentine alterazioni, mentre lo scontro tra elementi musicali dissonanti, rappresenta l’emergere di forze conflittuali che albergano nell’animo umano. Dal punto di vista strumentale bisogna far riferimento allo sviluppo melodico della tromba in opposizione al costrutto ritmico-armonico del pianoforte.

«Vecchio Swing» è quasi una prestigitazione virtuisistica, in cui la tromba rende omaggio idelamente agli «antichi» maestri dei questo strumento. «Horace Silver su una Ferrari» sottolineo un legame con la tradizione, rivisitata attraverso un costrutto sonoro fondamentalmente classico, un languido swing ricollocato in un dimensione contemporanea, senza calcare troppo la mano sul manierismo scolastico o sul citazionismo, dove il gioco strumentale sembra arricchirsi anche di una punta di ironia. «Birthday On Instagram» e «Lockdown Blues», tra ostinati ai contrappunti, sono titoli e costrutti melodici che rimandano alle paturnie della nostra era: da una parte la mania di esibizionismo e di rapporti virtuali non consumabili; dall’altra le preoccupazioni per un momento di «terrore» collettivo» che ha caratterizzato gli ultimi anni della nostra vita e messo sovente gli artisti in una condizione di difficoltà. Le linee sonore insanguate di blues descrivono alla perfezioni amori ed umori, gioie e dolori dei nostri tempi. «Bilico» di Jacopo Fagioli e Nico Tangherlini è un prontuario sonoro stilato da due giovani, ma ben equipaggiati, musicisti in grado di captare come un radar il senso di smarrimento di contemporaneità traballante e riportarlo in musica, nella forma e nella sostanza.

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