// Kater Pink //
Claudio Filippini musicista di rango, classe 1982, è giunto al suo diciassettesimo album come leader, realizzando un’opera decisamente trasversale. Già al fianco di Wynton Marsalis, Dee Dee Bridgewater, Palle Danielsson, Perigeo, Mike Stern e Fabrizio Bosso, per la prima volta abbandona i panni del pianista jazz, mettendosi in gioco come producer e riaffermando il suo spiccato interesse per i linguaggi musicali. Il pianista racconta le motivazioni che l’hanno spinto verso questa nuova dimensione compositiva: «Un’avventura iniziata in un 2019 incerto e sofferente ma che si è tramutato in un manifesto liberatorio e pieno di vita. Quando ho cominciato ad immaginare la musica per questo progetto, ero nel bel mezzo di una tempesta (del resto il mio ultimo disco è stato «Before The Wind»…me la sarò tirata?»
Come dicevano i latini, ad astra per aspera. Detto in soldoni, a volte si raggiungo vette altissime, attraverso la sofferenza ed il tormento: «Ero spinto dal desiderio di creare – aggiunge Claudio – un’opera nella quale mi sarei mostrato completamente per quello che sono, senza barriere stilistiche e senza pensare al giudizio altri, prendendomi tutto il tempo necessario per la sua realizzazione. Sentivo la necessità di fare qualcosa che rompesse le barriere rispetto ai miei lavori precedenti, qualcosa di elettronico, orchestrale, cinematografico e senza troppe architetture. Volevo dedicare tutto il mio tempo alla musica più di qualsiasi altra cosa, studiare per migliorarmi e scrivere materiale da poter condividere davvero (…) Un lavoro a cui ho dedicato anima e corpo composto, registrato e suonato quasi interamente da me ad eccezione di alcuni brani in cui ho coinvolto dei musicisti straordinari: Luca Bulgarelli (contrabbasso/basso elettrico), Marcello Di Leonardo e Filippo Bubbico (batterie), Carolina Bubbico (voce). Etichetta «Sun Village Records».
L’ascolto dell’album riserva delle gradite sorprese, soprattutto per la scelta dei temi e per la tecnica narrativa usata. Dopo l’ouverture iniziale, le intenzioni di Filippini sono molto chiare già nelle primissime note di Cuore mio, in cui troviamo ampie melodie al pianoforte, sorrette da synth ed elettronica. Nelle successive tracce, dieci in tutto di cui nove originali, le diverse combinazioni timbriche, i ritmi discontinui e contrastanti tra loro, ma anche le sonorità sinfoniche e riflessive, convivono in perfetto equilibrio con il funk, il groove, l’improvvisazione e l’elettronica. L’ascoltatore viene così catapultato in un quadro surreale che muta costantemente nel corso dei brani, senza mai perdere però l’amore per la melodia. Unica cover dell’album, è Lush Life di Billy Strayhorn, che Filippini ripropone in una forma ibrida, unendo la versione in studio con quella live, registrata in duo con Carolina Bubbico durante un concerto a Lecce nel 2020. Come già accennato dal pianista, oltre agli storici membri del trio, Luca Bulgarelli al basso e Marcello Di Leonardo alla batteria, nel disco compare anche Filippo Bubbico, qui nelle vesti di musicista, oltre che al mixaggio e al mastering. Con lui, Claudio ha già collaborato nei due singoli Larry Christman del 2020 e Eat My Bells del 2019.
Filippini appare molto chiaro sulle sue scelte e le dinamiche dell’album: «Una colonna sonora per la vita di tutti, non soltanto musica per gli addetti ai lavori. Niente compromessi di forma. Solo ed unicamente libertà ed emozioni. E così è stato. Ho voluto produrre un disco che raccontasse una storia in cui tutti gli ascoltatori avrebbero, in qualche modo, potuto ritrovarsi. Una musica per tutti, non per musicisti. Ho scritto uno storyboard, un elenco di suggestioni da voler mostrare, nello stesso modo in cui si scrive la sceneggiatura di un film, consapevole del fatto di avere a disposizione una gamma sonora vastissima. Pochi sanno che nonostante sia l’unico musicista in famiglia la mia infanzia e la mia adolescenza si è svolta al cinema. La mia famiglia (mio padre e mio nonno prima di lui) hanno gestito diversi cinema-teatro della mia Pescara ricoprendo un arco temporale dal 1939 al 2004. Trascorrevo i miei pomeriggi lì, esattamente come il bambino del film Nuovo Cinema Paradiso. Ricordo ancora la cabina di proiezione, il rumore del proiettore e l’odore delle pellicole. Il mio sogno è sempre stato quello di scrivere la colonna sonora per un film romantico, di avventura o di fantascienza. Non avendo mai avuto l’occasione di farlo ho deciso di creare «Filippismo», un film da vedere ad occhi chiusi, la colonna sonora di un film senza film, componendo una serie di brani che potessero in qualche modo trasportare l’ascoltatore attraverso una serie di suggestioni».
L’abum «Filippismo» è una catarsi liberatoria, in cui Filippini lascia ampio spazio alla propria musicalità, disegnando evoluzioni armoniche e cercando sempre vie d’uscita dai labirinti usando la tecnica dell’ostinato. Un’opera sincera, dove ogni nota trova il proprio posto in quell’ampio mondo sonoro, il Filippismo, ancora tutto da esplorare.