// di Francesco Cataldo Verrina //

Questo disco è un affresco sonoro dalle tinte calde e lunari che racconta la musica come se fosse la vita scandita da momenti mutevoli e cangianti, i quali ben rappresentano il percorso esistenziale e motivazionale dell’essere umano. Ci troviamo di fronte ad una sorta di neo-umanesimo filosofico-letterario, delineato attraverso i frammenti di una colonna sonora che descrive una sorta di percorso ideale dell’homo-sapiens, posto al centro del mondo, con le sue paure, le sue contraddizioni, i momenti di gioia e di dolore, dove trionfano solidarietà e complicità che sono la metafora delle tante collaborazioni presenti nel disco.

All’interno di un lungo e poetico speech contenuto nell’album, Giancarlo Russo descrive così il suo mood di uomo e musicista: «Sono qui per ricordarmi di ricordare cos’è un Essere Umano. A ricordare perché è un’eccezione ritrovarsi a parlare d’amore in un gruppo di amici, invece che solo di politica o di sport o di sesso a ricordare perché è un’eccezione concedersi qualcosa solo perché ci da’ piacere, invece di pensare sempre a quello che devo, devo fare. A ricordare perché è solo un’eccezione ricavare denaro dalla propria passione, invece che patire, obbligati a lavori alienanti, solo in nome del sacrificio. A ricordare perché è un’eccezione riuscire a ringraziare per l’enorme abbondanza che abbiamo a disposizione, invece di lamentarsi e imprecare, concentrati sulla mancanza. Sono qui per ricordare. Ricordare perché è solo un’eccezione abbracciarsi, stringersi, invece di salutarsi freddi, senza neanche guardarsi negli occhi a ricordare perché è una eccezione fare entrare in casa nostra uno straniero invece di dare sempre quattro mandate alla porta. A ricordare, ricordare…A ricordare perché è solo un’eccezione ringraziare Madre Terra per le sue meraviglie e i suoi frutti, invece di offenderla ogni giorno con i nostri rifiuti. Sono qui per ricordare, ricordare come si fa a ricordarsi di essere Esseri Umani».

«Togetherness» è il nuovo album di Giancarlo Russo, non è un lavoro propriamente jazz, anche se si colloca su una zona di confine che oscilla tra rarefatte atmosfere che guardano verso i quattro punti cardinali della musica contemporanea; una sorta di compendio per celebrare i suoi trent’anni di carriera come musicista jazz, compositore di colonne sonore e produttore, intorno al quale il Nostro ha riunito tanti musicisti legati al suo percorso musicale, tutti strumentisti di notevole prestigio, con i quali è stato possibile distillare un concept ricco di good vibrations e di forte impatto emozionale. L’album si sostanzia attraverso quattordici tracce, tutte composte, arrangiate e prodotte da Giancarlo Russo e grazie alla presenza di prestigiose special guest e rinomati ospiti internazionali, fra cui il chitarrista Mike Stern, il sassofonista Bob Franceschini e la Bulgarian National Radio Symphony Orchestra.

L’ascolto del disco (si consiglia tutto d’un fiato, ogni frammentazione è vietata) trasferisce nel fruitore una piacevole sensazione, quasi terapeutica, di benessere e di appagamento fisico e mentale. L’opener è affidato a «Peter Pan», un viaggio immaginario tra realtà e fantasia, tra gnomi ed elfi, con il naso puntato verso un universo lontano ed impalpabile e con quella voglia di diventare grandi senza mai invecchiare. «Angels Of The Town» è una morbida ballata a larghe falde che si muove tra muschio e licheni, riecheggiando talune melodie del Nord Europa. «Gianca Open House» si materializza come un progressione fusion adagiata su groove mollemente funkified, alla medesima stregua una nobil donna amabilmente seduta su un canapè. «Maria Pia» è un’intensa promenade classicheggiante che prelude ad un balletto. «Nina Lullaby», un’altra suadente digressione neoclassica alla ricerca di un centro di gravità permanente, declinata come una ninna nanna. «Essere Esseri Umani» contiene il parlato di cui sopra, che si fonde con un substrato sonoro meditativo e dubbioso che fa da perfetta cornice alle parole di Russo.

In «Fugitifs Dans La Nuit» la chitarra di Stern spiana il terreno ad un canto urbano disseminato su un territorio a metà strada tra fusion e prog-rock. Con «Pont Des Amantes» verrebbe da citare Dante, «amor ch’a nullo amato, amar perdona», mentre ritorna la parabola dell’amore che unisce le anime come un ponte, attraverso una ballata fila e fondi poggiata su un brunito tappeto blues. «La Maga Circe» è quasi un incantesimo, dove la musica s’invola in una dimensione onirica e sospesa con un coro alla Morricone, richiamando alla mente alcuni scenari filmici. «Monique Serenade»: in un disco in cui i sentimenti, i turbamenti e le inquietudini umane sono il leit-motiv, non poteva mancare una serenata sotto un fascio di luce lunare. «W Il Cinema Italiano» è il costrutto sonoro perfetto per un commento cinematografico, che ricorda vagamente la library-music degli anni Sessanta. «I Choose Life» è quasi una distesa di note e vibrazioni adatte ad una notte lounge & drinks. In «I Heard Something From The Ocean» si solcano le onde della fantasia e si va in profondità, quasi ventimila leghe sotto il mare. «Gianca Open House Radio Edit» è la ripresa di quello che si sostanzia come il componimento più immediato, imperniato su un andamento magnetico. Neppure all’ECM avrebbero saputo fare di meglio, ma all’AlfaMusic è possibile questo ed altro.

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