Al mio amico d’infanzia ‘Zipippo’ (R.I.P.), che mi ha insegnato come si vive in borgata, lui che veniva dalle case popolari di Tiburtino III.
// di Marcello Marinelli //
Erano i famigerati o meravigliosi, a seconda dei punti di vista, anni ’70. Era precisamente il 1977, anno passato alle cronache come il punto più alto di contestazione politica espressa dai movimenti politici extraparlamentari dopo il 1968, potenza di fuoco dei gruppi armati di varia provenienza, a maggioranza di sinistra, ma anche i gruppi di destra avevano i loro bracci armati. Omicidi politici, gambizzazioni, pestaggi conditi con scontri di piazza contro la polizia o scontri tra opposte fazioni politiche, assalti a sezioni di partito, bombe di varia gradazione erano all’ordine del giorno. A questo bisognava aggiungere la strategia della tensione che veniva alimentata con bombe in piazza, sui treni e in altri posti, con decine di morti, le cosiddette stragi di stato senza colpevoli. Poi ancora l’acme della criminalità comune con decine di bande sparse su tutto il territorio nazionale e guerra delle organizzazioni criminali di mafia, ndrangheta e camorra, con percentuali di morti ammazzati a livelli sudamericani.
Questo era il quadro sintetico della situazione politica e sociale del paese in quegli anni, ma visto che un periodo storico non è mai solo la somma delle brutte cose che accadono a livello sociale, nonostante il quadro fosco tratteggiato, per Lorenzo quegli anni erano i più belli della sua vita soprattutto perché era un giovane quasi ventenne, quindi gli anni migliori della sua meglio gioventù e poi perché, a fronte del disastro della situazione politica e della quasi guerra civile strisciante di quegli anni, c’era molto altro oltre la violenza e la contrapposizione ideologica . Lorenzo era un giovane ‘fricchettone’, una specie di hippies con coscienza politica, ma la sua dedizione alla causa era di natura prevalentemente teorica piuttosto che logistica-organizzativa. Aveva un gruppo di amici con cui divideva tutto, quindi anche la passione per la politica, ma anche per loro, come per Lorenzo, la militanza politica attiva blanda ed era limitata al posto in cui abitavano, nell’estrema periferia di Roma. Partecipavano attivamente al dibattito pubblico e alle manifestazioni, che all’epoca erano quasi settimanali e a tutti gli eventi culturali e musicali che a quei tempi era assai diffusi.
Il loro gruppo si collocava ideologicamente alla sinistra del Partito Comunista, tipo Avanguardia Operai e Lotta Continua, ma senza il furore e la convinzione che si potesse cambiare il mondo con la rivoluzione, la lotta armata e la violenza, come credevano altri gruppi ancora più a sinistra come Autonomia Operaia, un gruppo molto influente in quegli anni a Roma. Erano più pacifisti che guerrafondai e non erano affascinati, al contrario di tanti altri loro coetanei, dalla violenza catartica e dalla violenza come attività di lotta politica; quelli che ne furono affascinati finirono tutti quanti, nessuno escluso, in galera o al cimitero, qualcuno scampò per miracolo alla repressione per conoscenze o per fortuna. Di certo era che in quegli anni si rischiava di essere aggrediti solo per l’aspetto o per sostare per caso fuori da una sezione politica o in punto di ritrovo. A molti successe, qualcuno morì ammazzato. Il loro gruppo era particolarmente riconoscibile da quel punto di vista, essendo tutti quanti ‘capelloni’ quindi catalogabili a sinistra, e rischiava quando passava in zone ‘controllate’ dai fascisti. Per fortuna a nessuno del loro gruppo successe mai di essere aggredito perché ai tempi quella parte di Roma, la zona est, era senza una presenza organizzata dei fascisti e quindi il rischio era quasi nullo. Non furono mai aggrediti, non aggredirono mai nessuno, fu questa la loro salvezza, caso e convinzione a braccetto.
In quegli anni oltre alla politica c’erano altri interessi, tipo il cinema, la musica, la letteratura. C’era voglia di scandagliare gli argomenti trattati e ci sforzava di capire le opere dei vari scrittori, musicisti, registi, una predisposizione all’approfondimento che negli anni a venire si perse. Il cinema di riferimento di Lorenzo era l’Avorio al Pigneto, un quartiere tra la Prenestina e la Casilina prima di entrare nelle mura Aureliane di Porta Maggiore, ora uno dei luoghi della movida romana. Lorenzo e i suoi amici ‘borgatari’ si erano fatti la tessera dell’AIACE (Associazione Italiana Amici del Cinema d’Essai) così potevano usufruire di uno sconto sul biglietto di circa la metà. Erano tutti studenti e figli di genitori immigrati a Roma da altre regioni d’Italia negli anni ’50, durante il boom economico. I loro genitori erano persone umili, diploma di licenza elementare o nessun diploma, qualcuno ebbe anche un relativo successo economico nel mondo dell’edilizia e di altri lavori collegati a quel mondo, ma certo non erano figli dell’alta borghesia o di intellettuali, non erano‘ ‘radical chic’ (termine in voga parecchi anni dopo), erano figli del popolo che volevano saperne di più sulla vita e sulle cose, nella fattispecie, volevano saperne di più sul cinema, sui grandi registi come Pier Paolo Pasolini, che fece dei capolavori sul mondo delle periferie, ‘Accattone’ il suo primo film ambientato proprio al Pigneto.

Quello che raccontava Pasolini nei suoi libri, come ‘ Ragazzi di vita’, ‘Una vita violenta’, ‘Petrolio’, Lorenzo e i suoi amici oltre che a vederlo rappresentato nei film o letto nei suoi romanzi, l’avevano vissuto sulla propria pelle e continuarono a viverlo successivamente. Non era scritto da nessuna parte che dalle periferie non nasceva nulla di buono, anzi c’era una creatività linguistica fuori dall’ordinario che Pasolini seppe rappresentare e darle dignità poetica e letteraria. Lorenzo e i suoi amici capelloni volevano però uscire dal ‘ghetto’, orgogliosamente provenienti dal ‘ghetto’, ma non reclusi nel ghetto. Cercavano una consapevolezza maggiore e avevano curiosità anche di tutto quello che di bello e interessante ci fosse fuori dalla borgata oltre che esportare quello che di buono c’era dentro. Questa consapevolezza accompagnò Lorenzo pure quando diventò ‘vecchio’, diciamo ‘diversamente giovane’. Tra i suoi amici c’era chi continuò a studiare dopo le scuole medie e chi invece iniziò a lavorare. La loro passione politica passava anche per l’emancipazione culturale e loro volevano acculturarsi e saperne di più, ferme restando le loro origini di cui andavano fieri.
L’Avorio, il cinema del Pigneto, era un cinema d’Essai, termine ormai desueto, ma allora in voga, significa cinema d’autore, di sperimentazione e di ricerca che pretendeva di dire ’qualcosa di più’ dei film di cassetta e Lorenzo e i suoi amici cercavano quel ‘qualcosa in più’ senza demonizzare film più semplici che avevano anche una loro dignità. Non avevano ‘la puzza sotto il naso’ e non erano per niente ‘snob’, come avrebbero potuto del resto! (Lorenzo avrebbe conservato per gli anni a venire quella sana attitudine a non sopportare lo snobismo e ‘la puzza sotto il naso da qualunque parte provenisse). Alcuni principi rimangono per sempre, questo era uno di quelli. Il cinema Avorio era un punto di riferimento per molti studenti di sinistra. Ce n’erano molti di cinema allora che Lorenzo e i suoi amici, ma nessuno raggiunse mai la popolarità e la programmazione del cinema Avorio. Con la tessera AIACE in alcuni mesi andavano al cinema un giorno si e un giorno no, erano dei propri e veri cinefili.
Erano i tempi del cosiddetto “amore libero”, ma Lorenzo e i suoi amici non beneficiavano di quella libertà di costumi, anzi per certi versi non c’era corrispondenza tra quello che si scriveva di quegli anni e quello che si viveva in quegli anni, c’era una profonda discrepanza tra gli ‘slogan’ e la realtà, almeno era così per loro. Il gruppo di amici di Lorenzo era profondamente legato e l’intrusione delle donne avrebbe posto fine alla loro amicizia così profonda ed esclusiva, cosa che poi effettivamente successe. Erano talmente desiderosi di stare insieme che quando per caso ad alcuni di loro succedeva di provare a fidanzarsi con qualche ragazza e la cosa finiva male, da lontano cantavano a squarciagola una canzone del Banco del Mutuo Soccorso, gruppo progressive del tempo, “Io sono nato libero”, che non aveva nessuna attinenza col significato di non aver alcun legame con l’altro sesso, ma che loro ironicamente piegavano alle loro esigenze di amicizia. Con quell’urlo liberatorio “Io sono nato libero” rinsaldavano la loro eterna amicizia senza distrazioni, ma il concetto di ‘eternità’ e altri concetti partoriti in quegli anni furono successivamente revisionati ed alcuni aboliti del tutto e spariti dal lessico comune. Flirtavano con l’altro sesso non avendo nessuna tendenza omosessuale ma si limitavano alle schermaglie procedurali iniziale, si limitavano agli approcci iniziali, ai piaceri della carne si dedicarono qualche tempo dopo. C’era un clima piacevole in tal senso e questo tipo di situazioni così di approccio romantico o qualcosa del genere, della serie “non dobbiamo scopare per forza”, infatti questo assunto veniva preso alla lettera, infatti non scopavano mai, alla faccia dell’amore libero. Avrebbero scopato tempo dopo recuperando il tempo perduto.
Anche questo assunto però non era del tutto vero, perché per Lorenzo era veramente bello creare delle situazioni piacevoli con le ragazze senza necessariamente arrivare al sesso, si dedicava all’intrattenimento amorevole, al lento procedere del flirt, a quegli interminabili attimi a comunicare con sguardi e segnali non corporei all’altro sesso, era un benessere diffuso e gratificante, la masturbazione, praticata e diffusa, placava le ansie fisiche da mancanza di sesso. Non c’era un deliberato obbiettivo nel non fare sesso da parte loro, semplicemente capitava di non fare sesso. Lorenzo poi era un ragazzo intraprendente e prima di queste vicende legate al cinema Avorio si era cimentato, in solitaria, alla ‘flirtitudine”. Un giorno alla fermata del tram sulla Prenestina, in attesa del 14 che l’avrebbe portato all’università, Lorenzo incontrò una ragazza di cui rimase folgorato (negli anni a venire ce ne furono altre di folgorazioni, senza conseguenze), una ragazza con i capelli lunghi e ricci, si chiamava Carlotta. Con una serie di appostamenti intorno all’ora in cui l’aveva vista la prima volta, riuscì a risalire alla via dove abitava e a stabilire con assoluta precisione gli orari della sua uscita di casa. Una volta studiati gli orari Lorenzo prendeva ‘per caso’ il tram quando lo prendeva Carlotta che ancora non aveva conosciuto.
A fronte di questa intraprendenza logistica-investigativa però Lorenzo non era proprio così disinvolto nell’approccio dialettico. Non era timido ma era difficile per lui dal niente approcciare una ragazza, si vergognava. Con Carlotta si fece coraggio e all’ennesimo viaggio sul tram 14 si avvicinò e attaccò bottone parlando del libro che leggeva sul mezzo pubblico “L’apprendista stregone”. Carlotta l’aveva già notato e dopo un inizio un po’ imbarazzante si conobbero e iniziò la loro amicizia, praticamente Carlotta all’ennesimo incontro ‘per caso’ sul tram, se l’aspettava da un momento all’altro ‘l’assalto finale’. Ovviamente le ‘tattiche’ di Lorenzo, seppur evidenti e palesi ad un certo punto, risultavano sempre gradevoli e quindi Carlotta era predisposta alla conoscenza. Non successe niente dal punto di vista erotico-sentimentale perché Carlotta era già impegnata e Lorenzo non era il tipo che insisteva per raggiungere l’obbiettivo, anche se per raggiungere certi obbiettivi avrebbe dovuto insistere, ma Lorenzo non forzava mai la sua natura. Divennero amici e si frequentarono, perché per Lorenzo l’amicizia tra un uomo e una donna non solo era possibile ma anche auspicabile, soprattutto poi se non era iniziata una storia d’amore, anzi proprio per questo era auspicabile.
A Lorenzo piaceva frequentare le ragazze che gli piacevano, anche se non si concretizzava null’altro. Quello che teorizzava Lorenzo era ‘in primis’ il valore dell’amicizia a prescindere, suo punto fermo e poi, anche da un punto di vista strategico, quello che non aveva raggiunto prima poteva raggiungerlo poi. Infatti, spesso, nel corso degli anni a seguire, constatò che le situazioni si potevano capovolgere. Con Carlotta successe proprio questo. All’inizio, per quanto disponibile alla conoscenza, Carlotta non era interessata a fidanzarsi con Lorenzo. In seguito però con l’approfondimento della conoscenza e con il cambiare delle varie situazioni sentimentali Carlotta ebbe un ripensamento e corteggiò Lorenzo, ma ormai il cuore di Lorenzo era già preso da un’altra ragazza e quindi non iniziò mai una storia d’amore tra loro due. Il ricordo che però ambedue ebbero della loro relazione fu di un sapore gradevole e piacevole e forse non iniziò mai una storia d’amore per la timidezza di entrambi, malgrado le apparenze. Lorenzo, fatta questa debita e circostanziata premessa, avrebbe avuto ancora a che fare con incontri ‘fortuiti’ e con la linea 14 del tram sulla Prenestina. Facendo un passo a ritroso nel tempo, forse un anno o due prima, torniamo al cinema Avorio.
Lorenzo e i suoi amici andavano al liceo scientifico a Centocelle. In quel vasto quartiere c’erano molte scuole superiori e per tutti gli studenti delle scuole superiori il cinema Avorio era uno dei punti di riferimento insieme alla pizzeria nelle vicinanze, sotto la sopraelevata della tangenziale, lo ‘Gnocco rosso’. Durante queste proiezioni, pomeridiane o serali, festive o feriali, cominciarono a notare un gruppo di ragazze interessate quanto loro al cinema. Le incontrarono assiduamente, si scambiavano sguardi, ammiccamenti, sorrisi ma la loro proverbiale cautela e timidezza impediva loro di conoscersi e di rompere il ghiaccio. Andò avanti così per parecchio tempo. Era chiaro che c’era un interesse reciproco nel conoscersi ma nessuno faceva il primo passo. Una domenica di un pomeriggio invernale del 1977 all’uscita del primo spettacolo di‘ Harold e Maude’ di Hal Ashby, un film americano del 1971 che narra la storia di un’amicizia bizzarra tra un ventenne ed una anziana signora, il gruppo degli amici di Lorenzo incontrò le ragazze in questione e anche in quel momento ci furono risatine, sguardi ed ammiccamenti vari, ma loro stavano entrando e Lorenzo e i suoi amici stavano uscendo. ‘Che fare?’ si chiese Lorenzo, era l’ora di rompere gli indugi. Lorenzo si convinse che dovevano prendere l’iniziativa e fece un consulto con i suoi amici per sapere chi fosse interessato a passare ‘all’azione’. ‘Chi rimane con me per conoscere le ragazze?’ chiese Lorenzo al gruppo. Chi perché doveva tornare a casa, chi non era interessato, chi pensava che non fosse una buona idea, sta di fatto che rispose alla chiamata solo Giulio. ‘Allora Giulio il piano è questo: aspettiamo la fine del secondo spettacolo che le ragazze escano, noi ci sbrighiamo ad andare alla fermata del tram prima di loro e le incontriamo per ‘caso’, poi vediamo il da farsi, qualcosa ci inventiamo ‘. ‘Ok rispose Giulio ma ora che facciamo? sono appena entrate!’. ‘Giulio che vuoi che facciamo, andiamoci a fare un giretto per il quartiere, perdiamo un po’ di tempo e aspettiamo’. Così fecero. Dopo un paio d’ore circa si aprirono le porte del cinema e la gente cominciò a defluire. Lorenzo e Giulio videro in lontananza le ragazze uscire e a passo veloce andarono alla fermata del tram 14.
Salirono sul tram e alla fermata dopo, puntuali e previste, salirono le ragazze. Appena li videro rimasero sorprese ma li guardarono divertite e sorridenti, senza darlo troppo a vedere. Non erano sfacciate ma neanche troppo nascoste, era arrivato anche per loro il momento di conoscerli. Sembravano ragazzini alle prime armi, ma non lo erano, e forse per loro era proprio bello perché era così. Da piazzale Prenestino il tram si diresse verso Centocelle dove a Piazzale dei Gerani avrebbe fatto capolinea. Lungo la Prenestina, all’altezza di via dell’Acqua Bullicante, Giulio fece a Lorenzo:” Ora che facciamo?”. “Quando scendono scendiamo anche noi e le seguiamo” rispose Lorenzo. ” Credi sia una buona idea?”. “Ma sei cecato? Ma non le vedi che non aspettano altro!”. “Mah se lo dici tu” rispose scettico Giulio. ” Statte zitto e seguimi” ribatté sicuro Lorenzo. Non c’era stato nessun avvicinamento sul tram, gli sguardi si scambiavano da lontano, il tram era del tipo a due snodi, quindi potevano non essere vicini. All’altezza del parco di Villa dei Gordiani il colpo di scena, le tre ragazze scesero dal tram, quindi anche Lorenzo e Giulio. Le ragazze imboccarono l’entrata per il parco e cominciarono a camminare seguite dai ragazzi, con l’obbiettivo di farsi seguire. Saranno state le 19.30 o le 20.00 e per il parco non girava nessuno, solo i due ragazzi e le tre ragazze.
Le ragazze camminavano davanti e i ragazzi dietro. La situazione era comica e grottesca, ormai era chiaro l’intento, ma nessuno aveva il coraggio di prendere l’iniziativa. Le ragazze si giravano spesso a guardare i ragazzi con la speranza che dicessero qualcosa, ma Lorenzo e Giulio, per quanto decisi a continuare a seguirle, non trovavano il guizzo giusto per approcciarle. Per quanto un po’ imbarazzante e surreale quella situazione era anche divertente, troppo divertente. Quel clima tiepido invernale per il parco deserto e quella complicità che si era creata tra di loro e quel presentimento che stava per succedere qualcosa di cui si ignorava ancora la realizzazione pratica era una sensazione di benessere, era un’attesa inebriante carica di adrenalina positiva. Quella strana camminata durò almeno per un km o un km e mezzo quando nei dintorni dell’uscita del parco, che dava sulle case popolari del Quartiere nei pressi di via della Serenissima, a Lorenzo venne un colpo di genio, vinse l’imbarazzo, ormai diventato lieve, che accompagnava quella passeggiata e quasi giunto in prossimità delle ragazze, esclamò:” heI ragazze!!”, le ragazze si girarono,” scusate, sapete l’ora?”. Dopo aver esclamato quella frase tutti insieme cominciarono a ridere a crepapelle, risero tanto e di gusto, si piegarono in due dalle risate. Cominciarono a raccontarsi di tutte le situazioni in cui avrebbero voluto conoscersi e del pudore che glielo aveva impedito e si conobbero.
Non scattò la scintilla in nessuno di loro, nonostante le premesse, quindi da quella simpatica e intensa situazione non sbocciò nessuno amore , solo una bella amicizia, ma nella memoria di Lorenzo e forse anche nella memoria di Giulio, che negli anni a venire smise di frequentare perché la vita va dove deve andare, ancora quelle immagini di quella serata , dopo più di quarant’anni, sono ancora vivide come sono ancora vivide le facce di quelle ragazze sorridenti come degna cornice di quella serata e come emblema di quei famigerati o meravigliosi anni ’70, a seconda dei punti di vista, che per certi versi durano ancora, almeno nella testa di Lorenzo, che la parte migliore di quegli anni se li porta ancora addosso con orgoglio.
