// di Francesco Cataldo Verrina //
Quando ti trovi tra le mani un disco come «People», considerato un lavoro inequivocabilmente jazz, al fine di evitare una prima fase di smarrimento, va considerato che Igor Caiazza è un capitano di lungo corso sulla cui uniforme sono fissate tante medaglie, frutto di valorose compagne in vari settori dello scibile musicale, con una cospicua percentuale di battaglie nell’ambito della musica classica. Caiazza ha militato in compagini importanti come l’Orchestre de l’Opéra National de Paris, Orchestra e Filarmonica del Teatro Alla Scala, Orchestre National De France, Wiener Symphoniker, Philhamonia Orchestra di Londra, Mahler Chamber Orchestra, collaborando con importanti direttori quali Muti, Abbado, Boulez, Maazel, Barenboim e Dudamel. Va da sé che un disco calato in una dimensione jazz risenta notevolmente di talune influenze.
Al primo impatto «People», album pubblicato da AlfaMusic, potrebbe apparire come un compromesso, piacevole e riuscito, fra jazz, lirica e musica sinfonica, ma ascoltandolo attentamente il fruitore si accorge che non è un manieristico tentativo di «terza via», ma un album jazz da confini dilatati e dagli arrangiamenti a larghe maglie, che consentono a vari elementi esogeni di penetrare nel costrutto sonoro senza alterarlo. Il disco si apre con l’Overture da «Lo Schiaccianoci» di Tchaikovsky, brano che Caiazza ha rinominato «Ouverture di Natale», data la consueta esecuzione del Balletto in occasione delle feste natalizie e che, in quanto ouverture, è stato desinato ad aprire il disco. Un inizio del genere, se non fosse facilmente riconoscibile, potrebbe far pensare ad un compromesso tra Thelonius Monk e Dave Brubeck in vena di follie, dove ironia e melodie a presa rapida si mescolano in coacervo sonoro a tratti infantile e «cartoonesco», ma ciò è tutt’altro che una deminutio capitis. Fra le undici tracce, composte da Caiazza, c’è perfino spazio per un altro omaggio alla propria carriera operistica con «Lʼaria di Pamina», cantata da Emilia Zamuner e tratta da «Il Flauto Magico» di Mozart,
Il disco nasce dalla stretta collaborazione con Nico Gori, definito special guest, il quale consente a Caiazza di trovare un spalla sicura su cui appoggiarsi e liberare il proprio spirito musicale in piena libertà espressiva, pensando a «People» (gente) come ad una rappresentazione del genere umano e delle relazioni che fra essi intercorrono: «Ho pensato a quanto la presenza o assenza di un essere umano condizioni la vita di ognuno di noi, e quanto ciò sia importante non solo per il nostro umore, per la nostra serenità, per i nostri sentimenti, ma anche per le nostre ispirazioni. Quando siamo in un luogo, bello o brutto che sia, la compagnia è fondamentale e cambia totalmente la nostra percezione del luogo e delle cose».
L’eclettismo creativo di compositore, arrangiatore e percussionista classico e jazz dalle molteplici collaborazioni (con artisti di varia estrazione Bobby McFerrin, Placido Domingo, Lang Lang, Stefano Bollani, Mika, Zucchero, Elio e Andrea Bocelli), ha consentito ad Igor Caiazza di implementare un costrutto sonoro tridimensionale, addirittura multi-direzionale, dove il fattore umano e relazionale con i musicisti diventa l’altro valore aggiunto di «People», che l’autore descrive cosi: «Ogni volta che registro un disco è fondamentale avere innanzitutto amici, e luoghi «amici» dove registrarlo, questo è lo spirito migliore per condividere ed esprimere la musica. Con Nico Gori abbiamo deciso di registrare un disco proprio per la complicità che c’è stata nei concerti dal vivo e non è un caso che abbia scelto il Mareká Studio di Vittorio Riva e Francesca Prattico, con la collaborazione alla regia di Piero De Asmundis. Tutti gli altri musicisti, Claudio Filippini al pianoforte e Marco de Tilla al contrabbasso, e gli ospiti che ci hanno regalato la loro presenza, Emilia Zamuner, Marco Zurzolo e Alessandro Tedesco, sono prima di tutto amici con i quali la relazione umana è del tutto naturale, semplice e spontanea! Tant’è che le registrazioni sono andate in perfetta armonia, senza ansie, senza fretta, senza stress. È sembrato come passare due giorni di vacanza insieme agli amici di sempre».
Il secondo brano della track-list, «Un Samba Immaginario», eseguito in quartetto, crea la l’atmosfera di una danza popolare, dove il Brasile diventa solo una suggestione impalpabile, mentre il clarinetto di Nico Gori ricorda molto l’andamento del contralto di Paul Desmond in taluni lavori di Brubeck basati su repentini cambi di passo. «New Points Of You» è una suggestiva ballata dal passo flessuoso con il sax soprano di Gori che disegna una melodia morbida e brunita che arriva subito al muscolo cardiaco dell’ascoltatore. «Roundtrip» introduce subito l’elemento comunicazionale di massima fruibilità, la voce di Emilia Zamuner, muovendosi sul filo di un moderno jazz a volo libero, dove lo scat della vocalist incontra e battibecca con il cinguettio del sax soprano che tenta di imitare perfino la voce umana. «The Day After» è ancora una ballata pressofusa e forgiata dalle note di un languido pianoforte dal sangue blues. Marco Filippini produce un distillato melodico di grande effetto, accarezzando la tastiera in maniera graziosa e leggiadra. Siamo al formato piano trio dove la retroguardia ritmica si limita ad un accompagnamento lineare e spazzolato. Con «Frisson», ancora in quartetto, si ritorna ad un rondò alla Brubeck, ma forse è solo suggestione, i quattro sodali si muovono in piena autonomia esecutiva. «Aria» apre nuovamente le porte alla voce umana. Emilia Zamuner sviluppa un’aura sospesa ed onirica ricca di pathos, mentre il pianoforte ne segue il cammino nell’intermedio, fino al ritorno della cantante che, senza un testo o una parola di senso compiuto, ma con il melodioso suono del suo vocalizzo, racconta un mondo di immagini e suggestioni.
«Ieri e Domani» ha un sapore antico, magnificato da un sax soprano dal suono flautato e fiabesco, quasi in odor del Coltrane di «My Favourite Things», capace di rendere il costrutto melodico fortemente attrattivo e presto immagazzinabile dall’ascoltatore. «Genova» descrive perfettamente la città muovendosi sulle ali di una melodia d’altri tempi. Anche in questa circostanza, se al posto del clarinetto ci fosse stato un contralto, il pensiero sarebbe andato a Brubeck, soprattutto quando l’elemento jazz prende il sopravvento e gli scambi tra legno e tastiera diventano assai esplicativi. «Inverno», dopo un ‘introduzione pianistica giocata sui contrasti, dove la sensazione di freddo è mitigata dal calore del sax soprano di Nico Gori sostenuto dall’ottimo contributo accordale di Filippini, che spinge il sassofonista verso territori inesplorati. Il Basso di Marco De Tilla e la batteria del band-leader appoggiano le finalità dei solisti con una perfetta scelta di tempo in ogni circostanza. «Il Mare di Napoli», gioia e consolazione di questa città (come diceva Pino Daniele: «chi tene ‘o mare ‘o ssaje nun tene niente»), aggiunge due novità: Marco Zurzolo al sax alto e Alessandro Tedesco al Trombone, e costituisce, forse, il momento jazzisticamente più omogeneo. «People» di Igor Caiazza è un triangolo equilatero basato sulla forma mentis della musica colta, il mood del jazz e la fruibilità di un disco pop.
