// di Francesco Cataldo Verrina //

Senza tema di smentita si potrebbe affermare che «Round Midnight» sia uno dei film che meglio descrive il jazz nella sua essenza, ossia quel rapporto intimo, fisico e mentale che si stabilisce tra umanità e arte, il quale è alla base di ciò che rappresenta il focus di un fenomeno per lungo tempo non accettato totalmente, o guardato con diffidenza, dal mondo della cultura salottiera e paludata. Per volontà del regista Tavernier, in una scena del film, Dexter Gordon, guardando un quadro di Monet, dice: «È come la musica di Count Basie». «Round Midnight» è una delle più famose composizioni di Thelonious Monk che ha avuto il singolare destino di diventare il tema più rappresentativo di tutto il jazz moderno, essendo stato ripreso da tutti i più noti musicisti, da Charlie Parker a John Coltrane, da Miles Davis a Steve Lacy, per non parlare delle centinaia di versioni giunte sino ai giorni nostri. Tutti gli interpreti hanno sempre tentato di aggiungere qualcosa al costrutto originale monkiano, creando una sorta di componimento che si attualizza, si ricontestualizza e si rinnova per partenogenesi, con un dinamismo eternamente in divenire.

Dexter Gordon disegna magnificamente la figura di un uomo, non dissimile a Bud Powell, ma anche a sé stesso nella vita reale; un individuo che, forse, si era spinto parecchio in avanti e che, in pochi anni, aveva visto più di quanto un’esistenza comune e banale possa vedere in un lasso tempo molto più lungo. Soprattutto l’attore Gordon, che in parte è il mirror del Dexter reale, avverte che, in un modo o nell’altro, la sua morte è vicina. Eppure non è impaziente con coloro che hanno ancora molto da vivere; si prende ciò che resta del suo tempo prezioso e discute con loro lentamente. La voce del Gordon (attore) è armonicamente melodiosa, possiede le pause adeguate ed il giusto ritmo narrativo, soprattutto suona e si riverbera alla medesima stregua delle note della musica del film. Come in tutti gli esecutori di rango, le note che provengono dal suo interno sono identiche ai sentimenti più intimi e profondi. Generalmente i musicisti che usano il fiato per suonare i loro strumenti arrivano prima o poi a un punto in cui suonano e parlano con la stessa voce.

«Round Midnight» («A mezzanotte circa») non è un pellicola con una trama pesante e didascalica, un docufilm autocelebrativo o una di quelle biografie appesantite da presagi e visioni sul futuro, ma riguarda solo alcuni mesi della vita di un uomo e la sua musica; soprattutto contiene più «jazz» nella sua essenza di qualsiasi altro film mai realizzato sul jazz e basato su un soggetto immaginario ed inventato, sia pure ispirato a personaggi reali. Probabilmente fu il film, all’epoca, più innovativo mai realizzato sull’argomento, che, in un raffinato e simpatetico equilibrio tra finzione e realtà, riesce a spiegare che cosa sia il jazz in maniera convincente, attraverso un’inattesa profondità fatta di poesia, lirismo e nostalgia. Gordon interpreta il ruolo centrale con un inquietante magnetismo. È un musicista, non un attore, eppure nessun attore avrebbe saputo imprimere a questa performance tanta dignità, saggezza e pathos. Parla in modo scandito, riflettendo attentamente e facendo in modo che le sue parole abbiano davvero un significato, quindi anche frasi banali come «Francois, questa è una bella città», sono davvero intese; nel film chiama tutti «Lady» e non lo spiega, ma non è necessario. La musica presente nel film fu registrata dal vivo.

Il regista, Bertrand Tavernier, disse alla TV francese: «Nei tanti film sul jazz, il pubblico riesce a percepire che gli attori non stanno davvero suonando; si può vedere nei loro occhi che non stanno ascoltando gli altri musicisti sul palco. In Round Midnight, la musica si sviluppa come la si ascolta, quasi in tempo reale, suonata da Dexter Gordon, Herbie Hancock, Freddie Hubbard, Bobby Hutcherson, Ron Carter e Billy Higgins, con Lonette McKee alla voce. Non c’è bisogno di sapere molto sul jazz per apprezzare quello che sta succedendo, perché questo film, in certo senso, ti racconta tutto ciò che hai davvero bisogno di sapere». In verità, «Round Midnight» è una delle più riuscite rappresentazioni del mondo del jazz, un’opera senza retorica autorefenziale che un regista, peraltro francese e non americano, potesse realizzare. Dale Turner dice a Francis: «Io spero che vivremo abbastanza da vedere un viale intitolato Charlie Parker, un parco Lester Young, una piazza Duke Ellington». Nella didascalia dei titoli di coda si legge che «Il film è dedicato con rispetto a Bud Powell e Lester Young», ma la figura di Dale, interpretata da Gordon, riporta alla mente anche quella di Charlie Parker con una differenza, quella di Turner è un’autodistruzione consapevole, basata quasi su una rassegnazione, come se quel mondo di eroi notturni e squinternati non potesse offrire altre alternative ad un afro-americano esule in terra straniera. Manca il senso di sfida alla vita, tipico di Bird e di una generazione, anche se l’elemento comune è la trasgressione che, nel caso del personaggio di Tavernier, non è mai ostentata.

Di Bud Powell il regista ha ricostruito il rapporto col grafico Francis Paudras, basandosi sulla cronaca che questi scrisse sul soggiorno del pianista a Parigi. Di Lester Young, nel personaggio di Dale Turner, rinveniamo lo strumento, ossia il sax, il cappello ed alcuni tic, come l’appellativo «lady» che egli, indistintamente, attribuisce al sassofono, a molti oggetti o agli amici. Quando la cantante Darcey, personaggio riferibile a Billie Holiday, che a Lester Young fu artisticamente legata per anni, chiede a Dale se non avesse qualche rimpianto, si sente rispondere: «Non ho mai suonato con Count Basie». In Dale Turner non ci sono, però, solo Bud Powell e Lester Young ma, velatamente, tutti i giganti del jazz mondiale. «Round Midnight», tratteggia la tipica figura del jazzista moderno, dell’improvvisatore maudit, genio e sregolatezza al contempo, che vagheggia la possibilità di ottenere un salvacondotto ideale per un paradiso artificiale a sua immagine e somiglianza, fatto però di una realtà sibillina e perversa che lo condurrà all’autodistruzione. Il film di Tavernier è anche una rilettura, attraverso una visione europea, di quella diaspora che, negli anni ’50, portò nel Vecchio Continente, soprattutto a Parigi, una legione di musicisti bop. La musica del film, venne arrangiata e diretta da Herbie Hancock che vinse l’Oscar come migliore colonna sonora. Dexter Gordon fu in lizza per l’Oscar come migliore attore protagonista.