// di Marcello Marinelli //
PAU DONES
Pensavo che Jarabe de Palo fosse il nome del cantante scomparso nel 2020 e invece ho scoperto, con mia grande sorpresa e ignoranza, che il nome del cantante era Pau Dones mentre Jarabe De Palo era il nome del gruppo. Li conoscevo solamente per le loro due hits , “Depende” e “La Flaca”. Il ritornello di “Depende” m’è rimasto impresso “Dipende, da che dipende. A seconda di come lo guardi tutto dipende”. In questa semplice frase sta la chiave dell’interpretazione delle cose. La realtà oggettiva sta nella nel nostro sguardo soggettivo e la percezione dei fatti, delle cose e delle persone è nel nostro sguardo che osserva e se lo sguardo è ben predisposto anche la realtà che percepiamo sarà migliore o viceversa se non siamo ben predisposti, la percezione sarà di altro tipo.
Mi permetto di fare un accostamento azzardato con un grande pensatore Nietzsche “Non esistono i fatti ma solo le interpretazione dei fatti“, che è la versione filosofica del testo della canzone, almeno così a me pare modestamente. Ora non so se Pau Dones sarebbe d’accordo con questa mia lettura, oppure se è solo frutto del caso, ma a me è venuto di accostare quel testo pop spagnolo al grande filosofo e ogni volta che qualcuno, per svariati motivi, mi chiede, “Da che dipende?“, io rispondo in automatico “A secondo di come lo guardi tutto dipende” e in questa frase apparentemente innocua e banale, c’è molto, se analizzata in profondità. Le mie limitate risorse intellettuali potrebbero aver preso un abbaglio; abbagli che si nascondono anche tra le pieghe degli acclamati e riconosciuti intellettuali di professione, nessuno è immune dagli abbagli. Pau Dones non è nato a Barcellona, come lo scrittore, ma è di Barcellona per adozione e quindi hanno in comune la bellissima città spagnola catalana. Barcellona è una delle poche città al mondo in cui avrei desiderato vivere.
CARLOS RUIZ ZAFON (e la critica letteraria)
Ho apprezzato molto i libri di Zafon, in maniera particolare L’ombra del vento, Marina e Il gioco dell’angelo. Mi sono piaciute quelle storie ambientate in una Barcellona tra le due guerre. Una Barcellona terta, cupa, plumbea, noir a tratti horror. Una Barcellona misteriosa e piena di intrighi e di misteri. Un thriller fantasy ben congegnato. Da quelle pagine trasuda amore per quella città anche se raccontata da una particolare inclinazione visiva e lontana nel tempo e dai luoghi comuni sulla città. Un successo editoriale basato sul passaparola. Un illustre critico spagnolo Arcadi Espana definì Zafon un “escritor horrendo” che, basandosi sulla lettura parziale di qualche suo libro, in particolare su qualche suo incipit e sulle sue interviste, l’ha praticamente definito uno scrittore per analfabeti. Il giudizio di questo critico è legittimo, come tutti gli altri giudizi, ma per vanto e per snobismo, non ha mai letto il suo più grande successo “L’ombra del vento”. ora come si può fare una critica se non si è letto tutto il libro? Francamente non lo capisco. Anche nel nostro paese ci sono critici in linea con il critico spagnolo, in riferimento ai bestsellers nostrani; bisognerebbe leggerlo un libro prima di dare giudizi lapidari e trancianti, modestamente parlando.
Ammettiamo che per certi critici basta poco a farsi un’idea negativa di un libro ma un minimo di rispetto per i lettori dovrebbe essere dovuto. Un lettore compra un libro, in questo caso una serie di libri uniti da storia comune e si entusiasma. Leggere un libro non è come sentire una canzone o vedere un film, è un atto di impegno e di tenacia nel tempo e se un lettore legge 1500 pagine di una storia e gli piace è un’analfabeta? Non credo proprio. In Italia si legge poco, non so in Spagna, allora la lettura dovrebbe essere incoraggiata a prescindere. Sul valore assoluto della letteratura si può discutere, ci mancherebbe, e ci sono opere letterarie diverse tra loro, alcune di un valore superiore intrinseco. C’è una letteratura di evasione, come potrebbe essere considerata quella di Zafon, ma non per questo da disprezzare, anche perché, tra noi lettori “carcerati”, “l’evasione” è buona cosa. Questo accanimento da parte di una certa critica mi sembra esagerato, a volte ho l’impressione che un libro se diventa bestseller è scritto male per definizione. Diciamo che il successo decretato dal “popolo bue” va contro una certa narrazione critica proprio perché è il popolo bue a decretarne il successo.
Ma ai critici illuminati non capiterà, a volte, di essere considerati “popolo bue” in altri ambiti di interesse? O saranno sempre “elite” e sempre sul “pezzo” a prescindere dagli interessi in ogni sfera del sapere? Credo che anche illustri menti qualche volta si confonderanno tra la plebe e saranno a loro volta parte del popolo bue. Quindi se ci fossero dei lettori di questo scritto che strizzano l’occhiolino a quel tipo di critica e sono contrari alle mie tesi rozze e plebee rispondo con una frase estrapolata da una canzone di Guccini “Voi critici, voi personaggi austeri, militanti severi, chiedo scusa a vossìa” . Ricordo un aneddoto, tanto tempo fa Pasolini stroncò “Cent’anni di solitudine ” di Gabriel Garcia Marquez per tutta una serie di ragioni letterarie legittime, ecco questo è un esempio lampante di come i giudizi possono divergere anche tra i più grandi e non ci sarà mai un’opinione condivisa e unanime su un artista o su un’opera, mai. L’ho fatta lunga e sicuramente avrò scoraggiato i miei potenziali lettori che coincidono con i miei amici. Per chiunque di voi che sarà arrivato alla fine sin qui un ringraziamento sentito per il coraggio, ma purtroppo per voi, non avete vinto niente.
SCHETCHES OF SPAIN è un disco di Miles Davis in collaborazione con Gil Evans del 1960 dedicato alla musica spagnola tradizionale, e quindi popolare, e alla musica colta. Io mi abbevero ad entrambe le fonti, così come in letteratura.
