Donald Byrd – «Royal Flush», 1961
// di Francesco Cataldo Verrina //
All’inizio degli anni ’60, Donald Byrd era all’apice della sua carriera nell’ambito dell’hard bop. Giovedì 21 settembre 1961, il trombettista capeggiò uno straordinario quintetto con Pepper Adams al sax baritono in prima linea ed una superba sezione ritmica con Herbie Hancock al piano, Butch Warren al basso e Billy Higgins alla batteria. «Royal Flush» è l’ottavo capitolo discografico da leader per Donald Byrd, ricordato soprattutto per un’insuperabile interpretazione di «I’m A Fool To Want You», canzone portata al successo pochi anni prima da Billie Holiday e per la presenza al piano di un Herbie Hancock ancora in erba, che il trombettista aveva scoperto a Chicago, definendolo: «(..) quasi una combinazione tra Bill Evans, Ahmad Jamal e Hank Jones (…)».
Per Hancock fu un ottimo biglietto d’ingresso alla Blue Note, che lasciò nel 1969 per iniziare nuove avventure altrove, per contro Byrd rimase fedele all’etichetta fino al 1976, quando ormai era protesa verso i movimenti d’avanguardia, fusion e jazz-funk. «Royal Flush» rimane un album di riferimento del periodo d’oro, anche se inizia a portare il trombettista verso nuove direzioni. A pochi mesi dal suo ventinovesimo compleanno, Byrd poteva essere considerato quasi un veterano, tale e tanta era la sua esperienza sia sul palco che in studio di registrazione; già membro dei Jazz Messengers di Art Blakey e con svariati lavori come sideman insieme a John Coltrane, Hank Mobley, Horace Silver, Jackie McLean, Red Garland, Lou Donaldson e numerosi altri. Le sei diverse tracce dell’album includono quattro originali di Donald Byrd, uno di Herbie Hancock ed uno standard.
L’opener «Hush» è il primo dei quattro inediti a firma Byrd e, in termini di struttura, è un archetipo di hard bop dei primi anni ’60, nonché una sintesi di blues con inflessioni soul dove Higgins e Warren distillano un groove swingante. Dopo il tema lanciato nell’incipit dal leader, i gregari procedono a turno per una libera uscita da solisti, mentre Byrd assume il ruolo di addetto alla sicurezza e al controllo. Il trombettista certifica la sua abilità di balladeer con una struggente versione di «I’m A Fool To Want You», una canzone resa celebre da Frank Sinatra.
Dietro le luminose linee di tromba di Byrd, Hancock suona accordi delicati, mentre la sezione ritmica si muove con passo felpato. «Jorgie’s», uscito dalla penna di Byrd, ispirato al nome di una discoteca di St. Louis, inizia in maniera più progressiva con un’introduzione spaziata e rarefatta, prima di trasformarsi in un mid-range duro e funkified. «Shangri-La», estratta sempre dal cilindro magico di Byrd, mette in evidenza la batteria di Billy Higgins, che oltrepassa lo schema fisso e regolare di tipo swing, muovendosi con più trasversalità e creando una sensazione frastagliata di stop-start. Il languido piano di Herbie Hancock è protagonista in «6 M’s», di cui Byrd e Adams enunciano il tema secondo il modulo classico dell’hard bop, spianando il terreno ai sodali i quali evidenziano le loro affinità con il progetto, mentre Hancock infila un assolo di pianoforte insanguato di funk. È sempre Herbie Hancock a mostrare la sua garbata mano nell’atto conclusivo di «Royal Flush».
«Requiem» è la prima composizione del novello pianista fissata su nastro, nonostante il titolo e l’effluvio sonoro siano tutt’altro che solenni. Dopo una cadenzata introduzione con un call-and-response dal sapore gospel, il brano si evolve in una sequenza di assoli: Byrd, Adams, Hancock e persino Warren, che offre un saggio di contrabbasso ad arco. Registrato al Van Gelder Studio, «Royal Flush» segna la fine della collaborazione di Donald Byrd con il suo antico partner Pepper Adams, ma ha il merito di aver introdotto nel giro importante Herbert Jeffrey Hancock, che, nel breve volgere di qualche stagione, avrebbe iniziato a lasciare il segno sia come solista, che in qualità di membro del rivoluzionario Miles Davis Quintet.
