// di Guido Michelone //
Gli anni Sessanta del XX secolo vengono associati – in una memoria collettiva spesso nebbiosa, quando a parlare non sono i diretti protagonisti – a differenti fenomeni, primo fra tutti il movimentismo, variamente declinato nelle lotte per i diritti civili, per la pace nel mondo, per la giustizia sociale e per la libertà di parola e di azione, contro pregiudizi, odii, violenze, discriminazioni di qualsivoglia natura, ordine, tipologia, dalle razze alle etnie, dai sessi alle religioni, dalle ideologie alle culture. Tutti sanno che, per quanto riguarda il jazz, negli Stati Uniti, soprattutto all’interno e all’esterno della comunità afroamericana, i musicisti sono spesso a fianco dei manifestanti che combattono in particolare per i diritti civili e contro le discriminazioni razziali, mentre il mondo del rock si mobilita piuttosto contro la guerra del Vietnam, contestando le istituzioni borghesi e arrivando a prefigurare un’utopica rivoluzione globale, intrisa di volta in volta di socialismo, anarchia, spiritualità.
Il femminismo, invece, erroneamente associato ai ‘favolosi’ anni Sessanta, resta ancora un fenomeno marginale ed elitario, ristretto insomma sul piano teorico a poche avanguardie intellettuali, che diverranno di massa solo durante i Seventies, quando l’oggettivo problema dei rapporti interpersonali diventa di pubblico dominio. Nella comunità afroamericana, l’emancipazione della donna stenta ad affermarsi nelle diverse classi sociali, benché esistano positivi esempi in controtendenza proprio in ambito musicale, fin dall’inizio del Novecento: si tratta però di casi isolati a partire dal carisma mascolino di Bessie Smith, bisessuale dichiarata, in grado di allontanare a suon di bastonate alcuni esponenti del Ku Klux Klan che vogliono interromperle un recital. Anche Billie Holiday, che per prima canta in pubblico il dramma di un linciaggio e con questo è perseguitata dall’FBI, viene ritenuta simbolo di un femminismo ante litteram, benché sia una donna fragile nel privato, vittime di magnaccia e approfittatori, dei quali avrà comunque il coraggio di parlare nell’autobiografia La signora canta i blues.
Persino le orchestrine sia bianche sia nera (per giungere a quelle miste occorre aspettare sempre i Sixties) che imperversano con i generi hot, dixie, swing, vengono abbandonate a livello mediatico e considerate, dal mondo dello show business, un fenomeno da baraccone: e vita dura hanno le rare musiciste che, una volta fatta la fortuna dei mariti grazie al loro lavoro dietro le quinte, restano presto emarginate: la bravissima Lil Hardin Armstrong (moglie di Louis) è il caso più eclatante. La situazione cambia poco a poco nel corso degli anni Sessanta, grazie al precedente della pianista giapponese Toshiko Akiyoshi che, approdata negli States, diventa la signora Mariano, dunque moglie, tra il 1959 e il 1967, del saxman Charlie il quale acconsente a firmare in copia i loro album (l’esordio The Toshiko–Mariano Quartet data 1961) prima che lei divorzi e sposi un altro jazzista, Lew Tabackin, anch’egli sassofonista e compagno di molte avventure orchestrali: Kogun (1974) è, sino al 2011, il primo di ventitré album (più quattro compilation), la cui titolarità denota il maggior leadership della donna sull’uomo: da Toshiko Akiyoshi Lew Tabackin Big Band a Toshiko Akiyoshi Jazz Orchestra featuring Lew Tabackin.
Pochi invece ricordano che Lovella May Borg altri non è che Carla Bley – forse la jazz woman per antonomasia come pianista, compositrice, band leader – la quale assume definitivamente il cognome del marito Paul, pianista canadese: i due restano assieme meno di dieci anni, senza particolari legami artistici, che invece vengono realizzati, accentuati, consolidati dal successivo consorte, insomma da quando lei incontra, in America, l’austriaco Mike Mantler, con il quale resterà legata dal 1967 al 1992, fondando assieme la Watt Records e la Jazz Composer Orchestra Association, mentre alla guida figura poi come Carla Bley Band; la protagonista di mezze secolo di jazz ad altissimi livelli è infine, dai Nineties, compagna nell’arte e nella vita al grande bassista elettronico Steve Swallow: assieme cofirmano quelli che al momento risultano i loro ultimi quattro album (di cui tre anche con il saxman britannico Andy Sheppard).
La Bley, come si sa, può annoverarsi, almeno per un lungo periodo, tra le protagoniste del free, forse il più rivoluzionario tra i linguaggi, i periodi, i contesti del jazz: tuttavia risulta l’unica strumentista veramente famoso, giacché le altre free women appartengono al mondo della vocalità sia in generale sia nella storia dei rapporti tra mogli e mariti: anticipato dal canto di Abbey Lincoln, fondamentale per la realizzazione di We Insist. Freedom Now Suite (1961) del marito Max Roach (con quale resta sentimentalmente legata solo dal 1962 al 1970), il ruolo tocca a Jeanne Lee che di Abbey si ritiene ideale continuatrice: sposatasi nel 1967 con il polistrumentista tedesco Gunther Hampel, lavora con lui fino alla morte (2000) lasciando in comune eredità sette dischi da Spirits (1972) a Duo (1996). Diverso il caso della soul singer Fontella Bass che, moglie di Lester Bowie, è accolta, per una sola occasione discografica, Les stances à Sophie (1971) nel celebre gruppo in cui fa parte il trombettista, l’Art Ensemble Of Chicago: la vocalist (qui anche al pianoforte) è accreditata in copertina assieme agli altri cinque componenti.
Quasi speculari le sorti delle mogli di due maestri del free storico e del jazz intero quali John Coltrane e Albert Ayler: Alice McLeod chiamata nel 1965 da Trane a sostituire il grande pianista McCoy Tyner diventa la signora Coltrane l’anno dopo e con lui resta fino alla scomparsa (1967), per intraprendere quindi una carriera solista che sviluppa il lato più mistico e orientalista del genialissimo marito. Mary Maria Parks (accreditata con lui senza il cognome) è a fianco dell’altro ardimentoso sperimentalista negli ultimi anni, prima che Ayler venga misteriosamente assassinato nel 1970. Mentre Alice e Mary Maria figurano coautrici accanto a John e ad Albert, nel caso sopranista Steve Lacy, la moglie svizzera Irene (voce, violino, violoncello) è presente in ben trentadue album, di cui molti gestiti e firmati a quattro mani.
In un ambito parallelo, quello del rock avanguardista, spesso incline alla fusion, Ian Underwood sassofonista nelle prime Mothers Of Invention di Frank Zappa, accoglie e la moglie Ruth (vibrafono) nelle ‘madri) di metà Seventies, senza mai intraprendere carriere soliste. Amalogamente, in Inghilterra, chi invece è in prima fila col proprio nome, è la soul band denominata Julie Driscoll & Brian Auger & The Trinity, al centro del gossip nella Swinging London per scoprire un flirt fra i due, sempre però negato da ambo le parti. Lei piuttosto, durante gli anni Settanta, sposerà il pianista free Keith Tippett assumendone il cognome e la coppia tra il 1971 e il 2011 suonano insieme in decine di dischi, fra cui il duo di Couple in Spirit (1987) (mixato da Robert Fripp) ripreso, dopo un trentennio con Couple In Spirit. Live at the Purcell Room (2008).
Marito e moglie nell’ambito del free inglese sono pure Mike e Kate Westbrook celebri, oltre i profili individuali, per la comune Orchestra che rivisita via via Duke Ellington, i Beatles e soprattutto Gioacchino Rossini. Del resto già prima dell’avant garde nell’Union Jack la coppia Cleon Laine (canto) e Johnny Dankworth (sax) lavorano spesso insieme nell’ambito mainstream, mentre la pianista Margaret Marian Turner vola negli Stati Uniti dove sposa Jimmy McPartland (cornetta), eroe della scuola hot chicagoana, per dar vita a un sodalizio artistico all’insegna del dixieland revival. In America d’altronde suonano altri espatriati per motivi politici come negli anni Sessanta i sudafricani Hugh Masekela (tromba) e Miriam Makeba (voce) ad anticipare l’etno jazz e la world music, e durante i Seventies i polacchi Michael Urbaniak (violino) e Ursula Dudziak (canto) all’insegna di un jazzorck altamente sperimentale.
Sempre negli States, durante i primi Settanta si ritrovano i brasiliani dediti a una latin music rockjazzata che ha in Flora Purim (voce) Airto Moreira (percussioni) gli sposi esemplari, nonostante qualche eccesso extrasonoro. Solo dagli Eighties la bella pianista Eliane Eias si afferma nel mondo del jazz da solista o all’interno del gruppo Steps Ahead forse non senza l’aiuto dei due mariti, prima Randy Brecker (tromba) poi Marc Johnson (basso). Nella patria carioca molti cantautori bossanovisti sono invece accasati in loco con brave cantanti da João Gilberto con Astrud (la quale inciderà pure un disco con Gil Evans), a Tom Jobim con Mucha, mentre il tastierista César Camargo Mariano convola a nozze con la superba Elis Regina (celebre nel jazz per i duetti con Toots Thielmans).
Per finire una chicca: la bellissima B. B. (Brigitte Bardot) mito sexy degli anni sessanta francesi, è anche una cantante pop che non disdegna brani jazzy anche grazie a un marito come Sacha Distel (il quale prima di diventare anch’egli un chanteur nella variété è chitarrista mainstream) e a un amante quale Serge Gainsbourg (in gradi di scrivere e interpretare canzoni negli stili più eterogenei, twist, rock, reggae, ma pure swing e revival compresi).
