// di Irma Sanders //
Jerry Bergonzi – «On Red», 1989
Jerry Bergonzi è un sassofonista focoso, passionale, istintivo, a volte invasato dallo spirito del Coltrane più irrequieto, anche se il suo jazz offre poco alla componente mistica e trascendentale. La musica di Bergonzi è spesso lava incandescente, mentre le sue ballate sono una pausa tra un impeto ed un altro, intagliate nella roccia con forza espressiva di Sonny Rollins: la perforante versione di «Theme For Ernie» ne è una testimonianza tangibile. «On Red» è un album tutto italiano, registrato in Italia con musicisti italiani e che del jazz italiano di quell’ultimo scorcio di anni Ottanta respira l’aria salubre e frizzante a pieni polmoni. Il disco racchiude le molte doti espressive e stilistiche di Jerry Bergonzi, in uno dei momenti più esaltanti della sua carriera, assecondato dall’intraprendente Red Records, nella cui fucina creativa in quegli anni transitarono alcuni dei migliori sassofonisti di una certa generazione, quali Bobby Watson, Hector Costita Bisignani, Steve Grossman e Bob Berg.
I trascorsi di Jerry Bergonzi raccontano di un musicista in grado di modificare l’assetto sonoro di un gruppo anche in qualità di sideman; il suo esordio al seguito di Dave Brubeck negli anni ’70, in sostituzione di Paul Desmond, portò una ventata di novità e di energia nella band del pianista, divenendo una sorta di antitesi rispetto al suo predecessore. L’album si apre proprio con un tributo a Brubeck, dove l’interpretazione più ruggente ed aggressiva di «In Your Own Sweet Way» da parte del sassofonista di Boston riporta a nuova vita una ballata dalla palpebra calante, che assume quasi i tratti dell’inedito. Jerry Bergonzi al sax tenore si avvale di un’affiatata sezione ritmica: Salvatore Bonafede al piano, Dodo Goya al basso, autore di «Dodo’s Waltz», uno degli originali presenti nell’album, e Salvatore Tranchini alla batteria.
A prescindere da repertorio, Bergonzi è sempre arrembante e roccioso, a volte tagliente, in cui è possibile rinvenire anche qualche traccia di Wayne Shorter, ma soprattutto sostenuto da un’ottima retrovia che non lo perde mai vista, mentre la tensione sale con «Pannonica» di Thelonius Monk ed il pathos investe in pieno il quadro emotivo dell’ascoltatore con «I’m My Everything» di Harry Warren. Tre sono i componimenti a firma Bergonzi: «Surrender» un piccolo gioiello di post-bop, elaborato sui cambi di accordi del classico «Softly, As In A Morning Sunrise» di Abbey Lincoln, molto amato da Rollins, Coltrane e Davis; «Si, Seňora», è una ballata latina mid-range ben costruita ed a facile presa, che da sola vale il prezzo della corsa; «I Want To Talk About You» si caratterizza come una perfetta progressione post-bob dal tono misurato, ma dai forti connotati soulful. Registrato allo studio Barigozzi di Milano nel maggio del 1988, «On Red» è un album dai toni cangianti e dai colori intensi, che trova nella sua natura mutevole il vero punto di forza.


Jerry Bergonzi (Etc Plus One) – «Etc Plus One», 1993
«Etc», nasce come un interessante triunvirato, una formazione post-bop senza un vero leader, una sorta di incontro all stars fra il bassista Steve La Spina, il pianista Fred Hersch e il batterista Jeff Hirschfield, ma in questo secondo album, pubblicato dalla Red Records, accade qualcosa di nuovo. Il gruppo diventa Etc+One, ed è proprio quel One, ossia l’arrivo del sassofonista tenore Jerry Bergonzi, ad elevare le quotazioni della band ed il gradiente qualitativo del progetto. La presenza del bostoniano apporta dinamismo, creatività ed energia, ampliando lo spettro sonoro ed accrescendo la fruibilità delle melodie, ma soprattutto diluisce e contiene i ricami pianistici, talvolta troppo classicheggianti di Fred Hersch, eccessivamente condizionato dallo spettro di Bill Evans.
Bergonzi, da sempre, musicista affidabile, di vaglia e compositore ricco d’inventiva contribuisce con tre dei nove componimenti originali eseguiti durante il set, che si caratterizzano come i momenti migliori dell’album: l’iniziale «Splurge», di cui è presente una take alternativa, si sostanzia come un mid-range in crescendo dall’impianto soulful, dove l’alternanza e lo scambio tra piano e sax diventano una lezione da accademia del jazz; «Hank», mette in evidenza tutto il talento del sassofonista, soprattutto la sua capacita di giocare su vari registri, pur mantenendo sempre la melodia in uno stato di grazia; ottimo l’apporto della sezione ritmica. A seguire un lungo interludio pianistico, ma il tutto resta sullo sfondo, quasi a consentire un attimo di respiro a Bergonzi. Il ritorno del sax riannoda i fili con un cambio di passo e di melodia, rendendo il brano struggente ed emozionalmente invasivo; «Conclusive Evidence», sempre firmata dal sassofonista di Boston, riporta alla mente i maestri del sax del passato, calando sul tavolo la carta vincente di una melodia diretta ed a presa rapida. Caratteristica di questo album è proprio l’elemento melodico: sin dal primo ascolto si percepisce una certa familiarità con i temi, quasi che fossero degli standard o dei classici, in realtà trattasi di brani originali e di recente conio. Etc+One, potrebbe essere usato per un focus-test tra persone che hanno sempre avuto, al primo impatto, un rigetto per il jazz.
Le melodie sono facilmente memorizzabili e s’inchiodano rapidamente in testa; dunque anche chi ha avuto difficoltà a relazionarsi con jazz, troverà in questo disco un’atmosfera accogliente ed un forte gancio attrattivo. Gli assoli scavano nell’emozionalità del fruitore attraverso una cospicua dose di soul e tutto il costrutto sonoro risulta a volte lussureggiante e viaggevole, altre sensuale e romantico. Ottimo il sobrio tributo di Hersch alla sua ossessione, Bill Evans, con «Evanessence» che offre una vetrina espositiva soprattutto al potente walking bassistico di La Spina; anche «Phantom Of The Bopera», altro componimento di Hersch è un rapido fuoco di fila ed un omaggio alla tradizione bop, dove il quartetto sembra ispirato e molto coeso; la magia si ripete con «Days Gone By», dai tratti fortemente lirici. Encomiabile l’apporto compositivo al progetto da parte di Steve La Spina con tre brani che mettono in evidenza la su propensione per la musica del Sud del mondo: «Once More» è una scanzonata bossa nova, quasi ironica, mentre «April Nights» passeggia flessuosamente a ritmo di samba; al contrario «Without You» è una pastosa ballata soulful dal pathos intenso, dove il sassofono di Bergonzi scava in profondità senza scivolare nel mellifluo. Registrato il 15 marzo 1991 dal vivo su due tracce al The Studio di New York «Etc Plus One», molto «Plus One», è un disco post-bop basato su intense melodie diatoniche in grado di produrre pura emotività, lontano da ogni sperimentalismo o concettualismo d’avanguardia: solo jazz allo stato dell’arte, distillato dal talento di Jerry Bergonzi e compagni.
I dischi di Jerry Bergonzi sono presenti nel catalogo della nuova Red Records. Per informazioni: https://redrecords.it