// di Guido Michelone //

La storia e il presente del jazz italiano consta di personaggi che meriterebbero senza dubbio maggior visibilità rispetto a tanti altri ‘divi’ acclamati. Lo meriterebbero per il lavoro svolto egregiamente su diversi fronti, come accade ad esempio a Riccardo Scivales, pianista/tastierista, insegnante di pianoforte, saggista e musicologo nonché autore di testi di didattica e analisi musicali assai più apprezzati a livello internazionale che nel nostro Paese, anche grazie alle indubbie doti di trascrittore di assolo di piano jazz dallo stride al latino.

In tal senso basterbbe consultare un libro come Jazz Piano: The Left Hand oppure la raccolta miscellanea Jazz Piano: Pieces To Grow On –fra l’altro pubblicati come parte della prestigiosa linea Steinway Library of Piano Music pubblicata da Ekay Music/Steinway & Sons – per rendersi conto della bravura di Scivales, il quale vanta pure la curatela e la traduzione dei trentaquattro volumi italiani della collana pedagogica per pianoforte Bastien (Neil A. Kjos Music Company distribuita da noi da Rugginenti Editore).

C’è poi lo Scivales compositore, con diversi originali “Classic Latin” spesso presentati in concerto da illustri esecutori insieme a brani di Piazzolla, Ginastera, De Falla, Rodrigo, Ponce, Gardel, Ellington, Gershwin, Bach, Schubert, eccetera; e c’è pure lo Scivales alla tastiere per la rock band di stile progr Quanah Parker, attiva per la prima volta nel 1982-1985 e riformatosi nel 2006 con CD Quanah! al proprio attivo.

Detto questo occorre ricordare di Scivales la nascita a Venezia, l’attuale residenza nel vicino comune di Musile di Piave e in gioventù gli studi di pianoforte classico, percussioni e teoria musicale con Giuseppe Marotta, poi pianoforte classico con Giovanni Ferrari e pianoforte jazz con Marcello Tonolo, con l’ulteriore frequenza ai corsi di analisi della musica jazz tenuti da Marcello Piras ai “Seminari Senesi di Musica Jazz”.

Dopo la laurea summa cum laude in Storia della Musica all’Università di Venezia discutendo una tesi sullo stile Harlem Stride Piano, intensifica il lavoro delle trascrizioni pianistiche tra jazz, latin, prog, pubblicando altresì studi, arrangiamenti e brani originali su prestigiose riviste musicali statunitensi quali Piano Today, Sheet Music Magazine, Keyboard Classics e The Piano Stylist & Jazz Workshop. Non a caso molte delle trascrizioni stride vengono registrate su disco o eseguite in programmi di concerto da specialisti come Marco Fumo, Alan Feinberg, Meral Guneyman, Donna Coleman, Massimiliano Damerini, Sue Keller, Giannantonio Mutto, Cesare Poggi, Carlo Magni e John Roache .

Notevole, per Scivales, anche l’attività didattica a cominciare dal “Laboratorio di Improvvisazione e Composizione” del Corso Biennale di Specializzazione in Letteratura Pianistica Afroamericana diretto da Marco Fumo al Conservatorio “A. Steffani” di Castelfranco Veneto, mentre l’insegnamento di Pianoforte Moderno e Tastiere lo porta in differenti istituzioni musicali, dalla Scuola Comunale di Musica “Monteverdi” di Musile all’Istituto Musicale “Celleghin” di Chiarano (Treviso), oltre tenere lezioni e masterclass in conservatori o presso il noto il CDpM-Centro Didattico produzione Musica diretto da Claudio Angeleri a Bergamo. Scivales è altresì presente all’interno di cicli didattici tenuti da noti artisti o musicologi come ad esempio Franco D’Andrea, Enrico Pieranunzi , Claudio Angeleri, Marco Fumo, Hugo Aisemberg, Luis Agudo, Marcello Piras, Stefano Zenni, Angelo Zaniol, Maurizio Franco e Luca Bragalini. Attualmente insegna Storia del jazz e della musica latina al TARS (ex DUTARS) dell’Università di Venezia.

Data la naturale versatilità dell’approccio pianista, oltre il prog, si cimenta in molti altri generi fondando anzitutto il gruppo afrocubano Mi Ritmo (1995-2004) o facendo il pianista al Gran Caffè Chioggia in Piazza San Marco a Venezia. Con un altro quintetto latino – comprendente la cantante Elena Camerin e il percussionista Antonio Marotta – inciso quattro original per il Beach Volley Glamour & Show, ideato dal noto oratore Andrea Piovan ai fini del campionato italiano di Beach Volley; contribuisce inoltre all’orchestrazione della prima italiana del musical di George Gershwin, Lady, Be Good! per il veneziano PalaFenice (2000). Infine vanno i circa trecento programmi radiofonici sul jazz per RadioTre della RAI-Radiotelevisione Italiana.

Tra i maggiori libri di Scivales, scritti in Italiano, figura senza dubbio Storie di vecchi pianisti jazz (autoprodotto) che avrebbe anche un lungo titolo, perché la frase in copertina, dopo un bel disegno, prosegue dicendo “… e di come funzionava la loro musica, giusto per mettere l’accento sull’approccio musicologico dell’autore stesso. Si tratta di un libro che parla di straordinari musicisti, a cominciare da maestri del jazz osannati e riconosciuti ormai universalmente Jelly Roll Morton, James P. Johnson, Willie “The Lion” Smith, Duke Ellington, Thomas “Fats” Waller, George Gershwin, Art Tatum, Teddy Wilson, Nat “King” Cole, Thelonious Monk; e si porosegue anche con nomi assai meno noti, benché validissimi e fondamentali per una completa integhrazione: Fess Manetta, Eubie Blake, Luckey Roberts, Cliff Jackson, Donald “The Jersey Rocket” Lambert, Herman “Ivory” Chittison, Bob Zurke, Peck Kelley, Johnny Guarnieri, e Dick Wellstood.

Sono dunque tutti pianisti-compositori spesso leggendari, come eroi d’altri tempi che non solo segnano un’epoca, ma soprattutto forgiano le basi del jazz e della musica odierna. Ricco di aneddoti, il libro Storie di vecchi pianisti jazz – che raccoglie soprattutto gli interventi sulla rivista ‘Blu Jazz’ nel corso degli anni Novanta – tratta l’ affascinante, talvolta avventura vicenda umana e artistica dei nomi sopracitati, analizzando poi da vicino la loro tecnica anche grazie a 142 esempi musicali, trascritti dai lavori più importanti e rappresentativi. Oltre una panoramica sull’evolversi del Latin Jazz dallo “Spanish tinge” primigenio ai favolosi mambos di Mario Bauzá, Scivales si dedica qui a uno studio approfondito (con applicazioni pratiche) dei tipici moduli poliritmici usati nell’improvvisazione pianistica afrocubana (e latina in genere), desunti dall’opera di due famosi maestri quali Charlie ed Eddie Palmieri.

Questa, in sintesi, la storia di Riccardo Scivales, verso cui il mondo del jazz italiano(e dell’editoria nostrana) dovrebbe provare maggior riconoscenza: ma si sa, spesso, nemo propheta in Patria est. Riccardo Scivales, il didatta e l’artista del piano jazz