CLARK TERRY – «OUT OF NOWHERE», 1978

// di Francesco Cataldo Verrina //

Secondo alcuni critici francesi, Clark Terry con questo album riuscì a creare una sorta di case-study per quanti volessero trovare un metodo ed una dimensione ideale per suonare la tromba o il flicorno al di là dei soliti stereotipi. In verità Terry appartiene a quella categoria di musicisti spesso presi sotto gamba ed omologati ad un certo filone del jazz, nonostante nell’arco della sua carriera fosse riuscito non solo a ritagliarsi uno spazio alquanto originale, ma soprattutto a coagulare intorno ai suoi strumenti di elezione una sorta di stile unico e particolareggiato rispetto alla media dei suoi coevi.

«Out Of Nowhere» fu registrato il 20 luglio 1978 nel rinomato studio di Jacques Loussier a Miraval in Provenza e pubblicato da una piccola etichetta francese, la Bingow Records, la stessa che fece esordire Michel Petrucciani nel 1980 con «Flash». Parliamo di una piacevole e suggestiva sessione in termini di ascolto, ma adatta a qualsiasi trombettista che voglia apprendere qualcosa di nuovo in termini di tecnica e d’impostazione. Terry, forte del supporto di Horace Parlan al piano, suona sia la tromba che il flicorno ed entrambi beneficiano della perfetta linea di basso e degli assoli di Red Mitchell. I sei brani, inclusi i due componimenti originali di Clark, sono eseguiti con estrema delicatezza e senza asperità o eccessivi spuntoni. Entrambe le facciate dell’album contengono circa diciotto minuti di musica eseguita con tatto e con interscambi da manuale, dove soprattutto il flicorno raggiunge delle vette di eccellenza, offrendo una sensazione di volatile leggerezza, in particolare sulla B-Side dove il trio assume un tono più meditativo ed intimista. La mancanza della batteria determina una sensazione di sospensione costante, liberando meglio il costrutto armonico del piano e la progressione degli ottoni.

Tra i momenti salienti dell’album sono da segnalare «The Days of Wine and Roses» eseguita in maniera rilassata e con un marcato accento posto sulla liricità e «What Will I Tell My Heart» dove la combine fra i tre strumenti rasenta quasi la perfezione, attraverso un continuo rilascio trattenuto che sviluppa una forte intensità emotiva; molto suggestiva la ripresa della classica «Blue Moon». «Out Of Nowhere» non è un album rivoluzionario, ma è un peccato che sia sconosciuto alla moltitudine, anche dei critici, rischiando di affondare nella palude del dimenticatoio.

EXTRA LARGE

Oscar Peterson Trio + One, Clark Terry.

Eccellente trombettista, per tutti “Mumbles”, fu uno dei primi ad usare il flicorno nell’ambito del jazz moderno, quasi come un sostitutto naturale della tromba e con una tecnica estremamente innovativa. Terry agiva con disinvoltura ed in maniera teatrale con una completa padronanza della scena, dovuta in parte ad uno straripante talento naturale, ma soprattutto ad una lunga gavetta nelle grandi orchestre di Charlie Barnet (1947), Count Basie (1948-1951), Duke Ellington (1951 – 1959) e Quincy Jones (1960).

Pubblicato nel 1964 su etichetta Mercury con la produzione di Norman Granz della Verve, “Oscar Peterson Trio + One, Clark Terry” esprime un trascinante hard-bop diluito da qualche ballata dal sangue blues, dove Clark Terry, detto diventa il valore aggiunto, rafforzando i propositi del Trio. A volte sembra che il pianoforte di Peterson con il suo pesante armamentario armonico gioisca ne suggerire a Terry alcune contorsioni melodiche, fatte di impennate improvvise e di reiterate circonvoluzioni intorno al tema principale, come se il trombettista volesse farsene, bonariamente, beffe. Terry non suonava e basta, la suo ottobe, brandito con leggiadria, era una recità a soggetto, una messa in scena. In taluni dischi, canta, urla, ringhia, gorgeggia, dileggia e corbella l’ascoltatore e, dal vivo, lo spettatore; a seconda delle situazioni, si burla del jazz, diradando spesso quella nebbiosa aura di sacralità e di finto spiritualismo che alcuni colleghi amavano cucirsi addosso. C’è solo un paragone possibile, per affinità elettiva, Dizzy Gillespie.