Piana Dino -“Al gir dal bughi” (Parco della Musica Records, Jando Music)

// di Guido Michelone //

Per omaggiare i novant’anni del trombonista Dino Piana, l’amico di sempre Enrico Rava di soli nove anni più giovane decide di regalargli un nuovo disco, coinvolgendolo in una session che da un lato mette a confronto le successive generazioni di italici jazzisti, dall’altro offrire un affettuoso tributo al sound perpetuato nei primi anni Sessanta dal piemontese Basso Valdambrini Sextet dove alla front line dei due leader – Gianni al sax tenore, Oscar a tromba e flicorno – s’affianca il valve trombone, lo strumento a pistoni, utilizzato anche da Bob Brookmeyer, del quale Dino molto umilmente si considera un onesto discepolo, anche se ben presto diverrà uno dei solisti più richiesti in Europa.

Lo stile del Basso Valdambrini Quintet, prima di Piana, è prossimo al californiano (il West Coast Jazz), anche se l’ascolto della nuova scena black newyorchese spinge il gruppo, ora appunto sestetto, a guardare con interesse le novità introdotte dall’hard bop, spingendosi addirittura, verso la fine del decennio, verso audaci improvvisazioni, che però costeranno la spaccatura della formazione medesima: Basso propenso a seguire una linea mainstream, Valdambrini e Piana sensibili agli esperimenti.

Oggi il sestetto di Dino Piana – con lui, Rava e il figlio Franco Piana ai flicorni, Julian Oliver Mazziarello al piano, Gabriele Evangelista al contrabbasso, Roberto gatto alla batteria – propone un repertorio di nove standard celeberrimi, “Bernie’s Tune”, “Dear Old Stockholm”, “Everythings Happens To Me, I’ll Close My Eyes”, “Line For Lions”, “Rhythm A Ning”, “Polka Dotz And Moonbeams”, “When Light Are Low”, “When Will The Blues Leave”, suonati “alla maniera di”, ovvero con un imprinting che, all’interno di un raffinato modern mainstream, raccoglie spunti e idee tanto dal californiano quanto dall’hard bop: accanto agli altri a rotazione, in tutti i brani c’è sempre un assolo di Dino, ancora sorprendente per fraseggio, musicalità, inventiva. Sembrano lontani i tempi in cui il trombonista esclamava in dialetto astigiano “Al gir dal bughi” (il giro armonico del boogie-woogie) associandolo al blues in Fa, come ricorda Rava che a quest’espressione già dedica uno dei suoi pezzi – dal titolo quasi uguale “Algir Dalbughi” nell’album “Easy Living” (2004).

Se proprio si deve trovare un difetto a questo “Al gir dal bughi”, è il non essere andati sino in fondo nel ricreare il sound originario: la presenza di due flicorni dovuto alla necessità di avere il figlio Franco Piana quale stretto collaboratore rende un po’ monotono l’intero lavoro, mentre la presenza (magari alternata) di un sassofonista forse avrebbe sia avvicinato il disco allo storico Basso Valdambrini Sextet sia vivacizzato le esposizioni tematiche e le successioni solistiche: un eventuale consiglio per un “Al gir dal bughi bis!”