// di Bounty Miller //
Eric Gale, nonostante una vita relativamente breve, è morto a 56 anni nel 1994, è stato un musicista prolifico, partecipando ad oltre 500 registrazioni in studio: la sua presenza è scolpita a caratteri cubitali in alcuni dischi storici in ambito soul-funk-jazz, da molti classici della Motown, passando per una miriade di personaggi eccellenti della nomenclatura jazz-pop-R&B. Molti lo ricorderanno come componente degli Stuff, gruppo funk-fusion con un discreto range produttivo.
Dall’incontro ravvicinato con Allen Toussaint, accreditato produttore di New Orleans nacque un unicum, sicuramente uno dei capolavori dei quel jazz borderline che si purificava e si rinvigoriva nella acque dell’impetuoso torrente R&B, con qualche linea di febbre fusion, lontano dallo smooth-jazz, terreno e spesso fertilizzato dalla chitarra di Gale. Siamo nel 1980, anno in cui Gale e soci, Charlie Earland, Grover Washington Jr. ed Idris Muhammad, all’epoca il fulcro del soul-jazz su piazza, distillarono una mistura densa e torbida di jazz sub-urbano, inasprita da forti additivi funkified e diluita da dolcificanti naturali di derivazione soul. L’invitato speciale, Arthur Blythe, mette la sua indelebile impronta su «Au Private» un traditional holdover di Charlie Parker, in una versione insolita e diversamente immaginata, proposta come un più moderno concept, ristrutturato sia nella forma che nella sostanza, ma senza che l’essenza originale ne fosse snaturata, nonostante l’imponente prima linea a tre strumenti: il B-3 di Earland, il contralto di Blythe e la chitarra di Gale giocata prevalentemente sulle corde «grosse».

Il vero maestro di cerimonie fu proprio il produttore Toussaint il quale tirò fuori dal suo magico cilindro quattro delle sette combinazioni sonore originali dell’album: «You Got My Life in Your Hands», brano di apertura, un limaccioso e perforante blues-funk-jazz dove la chitarra di Gale disegna sfumati quadri di vita metropolitana, tra vicoli scuri. Lotte di quartiere ed caotici angiporti, che riportano alla mente lo scenario di «Superfly» di Curtis Mayfield; a seguire la tittle-track, «Touch Of Silk» pastosa e sofferente al contempo, ma con una progressiva luce che allarga l’orizzonte emozionale diventando una sorta di camera di decompressione ed una fuga ideale dalla metropoli. «War Paint» ha tutto il sapore dell classica funk-fusion urbana con il basso spanciato, un tipico lilting groove ed un chitarra dal suono appuntito come una lancia di guerra: Gale si esprime con molto mestiere e con un fraseggio da consumato professionista delle corde, riuscendo a massimizzare l’effetto ritmico della sua performance, senza ridondanza, desiderio di virtuosismo fine a sé stesso, una nota di più o fuori posto. «Once In A Smile» è un’ariosa ballata mid-range dal gusto «viaggevole», dotata di una perfetta architettura melodico-ritmico armonica, mentre la progressione chitarristica è soavemente contrappuntata e stimolata da brevi inserti di sax. Ma il meglio deve ancora arrivare.
la B-side contiene la già citata «Au Private» e soprattutto una straordinari revisione, distesa e dilatata, di «With You I’m Born Again», classico Motown degli anni Settanta lanciato da Billy Preston in coppia con Syreeta Wright (allora moglie di Stevie Wonder), dove Grover Washington Jr. offre una lezione di sax soprano da accademia del jazz. L’album si chiude con «Live To love», una raffinatissima ballata calibrata su una chitarra ammaliatrice ed impreziosita da un sax intrigante e ruffiano che distribuisce ai mortali l’ambrosia degli dei. «Touch Of Silk» è un disco per palati fini e mette in risalto le radici bebop di Gale, filtrate attraverso un concetto evolutivo e di BAM (black american music), dove vige il cosiddetto principio dei vasi comunicanti tra stili, generi e linguaggi finitimi.
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