// di Guido Michelone //

Leggendo le molte giuste richieste d’informazioni sui maggiori jazzisti, mi è venuta voglia di un giochetto, mettendo a confronto le ‘classifiche’ di 5 libri molto diversi fra loro, benché tutti intenti a glorificare i migliori jazzmen! Sono partito dal volumone Jazz che nel 1975 Arrigo Polillo, allora direttore del mensile «Musica Jazz» e forse numero uno della critica italiana pubblica in pompa magna guadagnandosi larghi consensi (anche all’estero) per una visione storica all’epoca originale e innovativa, tant’è che il testo aggiornato una volta dallo stesso autore (e un’altra da Franco Fayenz) è ancora in catalogo, in quanto letto, venduto, citato, persino dagli studenti di Conservatorio (magari come lascito genitoriale) benché oggi possano usufruire di opere assai più esaustive anche dal punto di vista musicologico. La cosa ancor oggi bella del Polillo è che metà libro, dopo la trattazione storica, è occupa dalle brevi monografie dei 34 (37 con i tre aggiunti da Fayenz) maggiori jazzisti, a suo parere.

Obiettivamente la scelta, sia pur riferita a adusai mezzo secolo fa, regge ancora benissimo e resta dunque condivisibilissima. C’è insomma di tutto e di più per usare le parole di uno slogan celebre: per le origini e l’hot jazz Jelly Roll Morton, King Oliver, Sidney Bechet, Bessie Smith, Fletcher Henderson, Louis Armstrong, Earl Hines, Duke Ellington, Bix Beiderbecke; per lo swing Fats Waller, Coleman Hawkins, Benny Goodman, Count Basie, Lester Young, Art Tatum, Roy Eldridge; per il bebop Charlie Christian, Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Bud Powell, Thelonious Monk; per il cool Woody Herman, Stan Kenton, Lennie Tristano, John Lewis, Gerry Mulligan, Miles Davis, Gil Evans; per il mainstream Billie Holiday, Ella Fitzgerald; per l’hard bop Sonny Rollins, Charles Mingus, John Coltrane, Bill Evans; per il free Ornette Coleman; per la fusion nessuno; per l’attualità (genericamente post-bop) Keith Jarrett; per l’Europa (dalle origini a oggi) Django Reinhradt.

Di recente due nuovi libri – usciti di fatto in parallelo nell’estate 2021- riprendono di fatto ciò che potrebbe definirsi il “metodo Polillo”, il primo Le leggende del jazz di Salvatore Coccoluto con 23 personaggi, il secondo La storia del jazz in 50 ritratti di Paolo Fresu e Vittorio Albani con questa bella cifra tonda. È curioso a questo punto notare analogie e differenze non per stilare classifiche o paragoni ma per riferirsi ad esempio a un discorso sul jazz americano in rapporto al resto del Mondo. Intanto bisogna ricordare che Coccoluto presenta, come Polillo in ordine cronologico (dal jazz più antico a quello odierno): per le origini e l’hot jazz Armstrong; per lo swing Ellington, Goodman, Basie, Tatum,; per il bebop Parker, Gillespie, Monk; per il cool Davis, Chet Baker, Dave Brubeck; per il mainstream Hawkins, Young, Holiday, Fitzgerald: per l’hard bop Rollins, Mingus, Coltrane; per il free Coleman; per la fusion Chick Corea; per l’attualità (genericamente post-bop) Herbie Hancock e Jarrett; per l’Europa (dalle origini a oggi) Reinhardt. Invece Fresu e Albani citano in ordine alfabetico: per le origini e l’hot jazz Armstrong, Bechet, Beiderbecke, Ellington, George Gershwin, Goodman, Nick La Rocca, la Smith; per lo swing Basie, Fitzgerald, Holiday, Tatum; per il bebop Gillespie, Monk, Parker, Powell; per il cool Baker, Davis, G. Evans, Stan Getz, Kenton, Mulligan; per il mainstream Oscar Peterson, Young; per l’hard bop Art Blakey, Coltrane, B. Evans, Elvin Jones, Max Roach, Rollins; per il free Art Ensemble Of Chicago, Carla Bley, Paul Bley, Coleman, Sun Ra; per la fusion Corea, Hancock, Pat Metheny, Jaco Pastorius, wayne Shorter; per l’attualità (genericamente post-bop) Jarrett, Wynton Marsalis; per l’Europa (dalle origini a oggi) Han Bennink, michel Petrucciani, Enrico Rava, Toots Thielemans, Eberhard Weber.

Oltre i tre, bisogna far riferimento a un altro importante libro di successo che va oltre i generi o le categorie Ritratti in Jazz (uscito in Italia nel 2016, due anni dopo l’originale di Murakami Haruki e Wada Makoto è un’antologia sentimentale del grande romanziere nipponico (coadiuvato dalle splendide immagini del pittore concittadino) che è il testo con il maggior numero di jazzisti. Si può infine, con un pizzico di egocentrismo, aggiungere sia Jazz Set sia Jazz sound di Guido Michelone (il secondo una versione allargata del primo): ma vale la pena di utilizzare il più recente anche per la quantità di personaggi coinvolti, per una questione di maggior completezza statistica.

Dunque Murakami e Wada presentano in ordine sparso per le origini e l’hot jazz Jack Teagarden, Beiderbecke, Ellington, Armstrong, Jimmy Rushing, Hoagy Carmichael, Eddie Condon; per lo swing Goodman, Fats Waller, Cab Calloway, Basie, Teddy Wilson, Gene Krupa, Lionel Hampton; per il bebop Parker, Charlie Christian, Gillespie, Dexter Gordon, Monk, Ray Brown; per il cool Baker, Getz, Davis Mulligan, Modern Jazz Quartet, Art Pepper, G. Evans; per il mainstream Holiday, Fitzgerald, Nat King Cole, Young, Anita O’Day, Shelly Manne, Mel Tormé, June Christie, Peterson, Tony Bennett, Jackie & Roy, Frank Sinatra; per l’hard bop Blakey, Mingus, B. Evans, Cannonball Adderley, Rollins, Horace Silver, Wes Montgomery, Clifford Brown, Lee Morgan, Bobby Timmons; per il free Eric Dolphy, Coleman; per la fusion Hancock, Herbie Mann; per l’attualità (genericamente post-bop) nessuno; per l’Europa (dalle origini a oggi) Reinhardt.

Il sottoscritto, che nella premessa, specifica non trattarsi dei migliori in assoluto, ma dei 50 di cui si è occupato su diverse teste, racconta per le origini e l’hot jazz Armstrong, Gershwin, Lil Hardin Armstrong, Morton, B. Smith, Sophie Tucker; per lo swing Ellington, Glenn Miller; per il bebop Monk, Parker; per il cool Baker, Davis; per il mainstream Clarke Boland Big Band, Holiday Sinatra, Dakota Staton; per l’hard bop Coltrane, Mingus, Jimmy Smith; per il free Art Ensemble, Amiri Baraka, Coleman; per la fusion Weather Report, Frank Zappa; per l’attualità (genericamente post-bop) Jarrett, Diana Krall; per l’Europa (dalle origini a oggi) Stefano Bollani, Franco Cerri, Giorgio Gaslini, Krzysztof Komeda, Lelio Luttazzi, Arrigo Polillo, Reinhardt, Soft Machine, Esbjörn Svensson, Trio Lescano. Facendo i conti, sommando le diverse preferenze, si può notare che gli unici jazzmen a risultare presenti in tutte e 5 le graduatorie sono solo 7; e dunque a pieni voti risultano, in ordine alfabetico: Armstrong Louis, Coleman Ornette, Davis Miles, Ellington Duke, Holiday Billie, Monk Thelonious, Parker Charlie. Staccati di un punto con 4 voti si trovano ben 11 protagonisti: Baker Chet, Basie Count, Coltrane John, Fitzgerald Ella; Gillespie Dizzy, Goodman Benny, Jarrett Keith, Mingus Charles, Reinhardt Django, Rollins Sonny, Young Lester. Infine con 3 voti (ancora la maggioranza, seppur risicata) si leggono i nomi di altri sette grandi artisti Beiderbecke Bix, Evans Bill, Evans Gil, Hancock Herbie, Mulligan Gerry, Smith Bessie, Tatum Art. Dunque 7+11+7 fa 25 che è un buon numero condiviso sebbene restino fuori jazzisti importantissimi.

Il problema è che dei cinque libri indicati solo due (Polillo e Coccoluto) hanno pretese di obiettività storica (una, peraltro ferma al 1981), mentre gli altri tre, come già detto, nascono delle scelte di musicisti (Fresu e Albani), di letterati-pittori (Murakami e Waa), mentre nel caso del sottoscritto la scelta è dovuta a materiali già editi in precedenza (e compensata dall’aggiunta di altre brevi 50 monografia). Posso solo dire che tra i migliori 25 di certo eviterei Sophie Tucker, Glenn Miller, Clarke Boland Big Band, Dakota Staton, Amiri Baraka, Weather Report, Frank Zappa, Diana Krall e i molti europei come Stefano Bollani, Franco Cerri, Lelio Luttazzi. Posso solo aggiungere che ho apprezzato parecchio le scelte coraggiose di Murakami.