Marcello Rosa – The World On A Slide, 2021 (Alfa Music)
// di Francesco Cataldo Verrina//
Il trombone è uno strumento affascinante, che ha vissuto fasi alterne nella storia del jazz, specie con l’arrivo del bop sembrava che dovesse finire in una sorta di limbo, così come era accaduto con il clarinetto, al contrario il trombone sembrò risorgere dalle sue ceneri con personaggi come J.J.Johnson o Curtis Fuller, in italia, ricordiamo, il mitico Dino Piana, i quali riportarono in primo piano questo strumento anche durante l’epopea del jazz moderno. I trombonisti storici in Italia non sono tantissimi, ma va certamente ricordato Marcello Rosa, una vita per il trombone, compositore ed esecutore sopraffino. «The World on a Slide» è il nuovo disco del ottuagenario trombonista che va ad arricchire il prestigioso catalogo Alfa Music. L’album che si sostanzia come uno dei lavori più riusciti di Marcello Rosa, ne evidenzia la capacità di stare al passo con i tempi e la reattività a stimoli musicali contemporanei non necessariamente legati ai suoi consueti orizzonti estetici di riferimento. «The World on a Slide» nasce sotto questi auspici, ossia il jazz come sintesi, immediatezza, lampo di genio risolutore, secondo la filosofia che «il jazz non può e non deve sottostare a troppi cavilli e distinguo, e che ha assoluto bisogno della sua dose giornaliera di swing e di quel pizzico di sana imperfezione, di azzardo e di imprevedibilità che rende più terrena e fruibile la creatività umana». Le sedici tracce, sono come i capitoli di un lungo racconto che hanno in comune la rara capacità di mutare orizzonte, ampliare gli scenari, modificare in corsa lo stile narrativo senza subire cali di tensione e di pressione.
Marcello Rosa guida una big band con ben diciannove tromboni dispiegati sul front-line, i quali diventano una pacifica macchina da guerra capace di espellere proiettili sonori duttili e flessibili e situazioni dall’umore cangiante, attraverso un’orchestrazione dai variegati colori, che spaziano dal jazz tradizionale al blues, sino ad avventurarsi sui territori di un groove incisivo e funkified. L’ottantacinquenne trombonista, che firma molte composizioni mette magnificamente in evidenza un eclettico opificio creativo e progettuale, teso a sviluppare un rapporto dinamico ed interattivo tra un mood contemporaneo, che sembra cogliere spunti dalla realtà circostante e la tradizione jazzistica sostenuta da un’efficace poliedricità stilistica, che riesce a riportare in auge il solismo e le linee estetiche di Kid Ory e del jazz di New Orleans, a cui l’album sembrerebbe essere un tributo, ma anche J.J. Johnson, Slide Hampton, Dino Piana, Frank Rosolino, Bob Brookmeyer, Kai Winding. Il tutto è abilmente ricollocato in un contesto più attuale, attraverso una perfetta sintesi interpretativa, poiché come dice Rosa: «Il jazz è soprattutto l’espressione del proprio stato d’animo, di chi suona e di chi ascolta, ma anche di chi compone».
I brani contenuti nell’album sono stati scritti o arrangiati da Rosa lungo tutto l’arco della sua carriera e per l’occasione eseguiti da un nutrito ensemble di professionisti del trombone, affiancati da alcuni giovani talenti: un crogiolo di menti sensibili capaci di tratteggiare nuovi contorni e di dar vita all’universo musicale di Rosa. Tra i nomi coinvolti Andrea Conti, I trombone dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Luigino Leonardi, trombonista presso la Banda musicale dell’Aeronautica Militare, Gianfranco Marchesi, trombone basso dell’Orchestra sinfonica nazionale della RAI e il Quartetto italiano di tromboni, formato da Devid Ceste, secondo trombone dell’Orchestra sinfonica nazionale della RAI, Matteo De Luca, I trombone dell’orchestra della Suisse Romande di Ginevra, Diego Di Mario, I trombone presso l’Orchestra sinfonica nazionale della RAI e Vincent Lepape, I trombone dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino. Accanto a loro, alcuni tra i trombonisti più affermati nel jazz a livello internazionale: Andrea Andreoli, Mario Corvini, Massimo Morganti e Roberto Rossi. Si aggiungono o giovanissimi e brillanti Stefano Coccia, Elisabetta Mattei, Federico Proietti e il G.E.F.F. Trombone Quartet, composto da Giovanni Dominicis, Francesco Piersanti, Eugenio Renzetti e Gabriele Sapora. La sezione ritmica è affidata a Paolo Tombolesi al pianoforte, Luca Berardi e Roy Panebianco alla chitarra, Marco Siniscalco al contrabbasso e basso elettrico, Cristiano Micalizzi alla batteria e Filippo La Porta alle percussioni.

«Toledo», apre l’album ed un groove decisamente grintoso introduce il tema. A questo punto arrivano i solisti e qui, e si vola in alto con Mario Corvini, Andrea Andreoli e Massimo Morganti. Racconta Rosa: «Toledo è nato per sbaglio: volevo trovare un’armonizzazione diversa da utilizzare per «When The Saints», che con le variazioni aveva acquistato un sapore spagnoleggiante quasi…flamenco, che poco aveva a che fare con il celebre classico e perciò dopo aver avuto la tentazione di intitolarlo «The Spanish Saints», cambiai idea e struttura e lo feci diventare un blues, inventandomi un tema ascendente che galleggiasse sulle nuove armonie». «Autumn Leaves» , è un classico sfruttatissimo ma rivitalizzato, che riserva ancora ottime sorprese con Eugenio Renzetti, Stefano Coccia, Elisabetta Mattei, Federico Proietti (tromboni) e Marcello Rosa solista. Protagonista assoluto Massimo Morganti, che aggiunge quanto basta per allontanare uno standard dal dejà-vu. «Bluestrano» è anche un blues nostrano, che mette il risalto il talento di Mario Corvini. «W Gordon», sempre a firma Marcello Rosa, va letto come Viva Gordon ed è dedicato a Wycliffe Gordon, a detta dell’autore, uno dei più dirompenti trombonisti contemporanei. «Southern ballad» è un componimento che ha una sua storia, come racconta il vecchio trombonista: «Spesso poi succede che le cose alle quali uno tiene particolarmente non vadano come dovrebbero andare (lo diceva anche Ellington). E’ il caso di questa ballad: mi ero reso conto che l’arrangiamento che avevo preparato su misura per me non andava, o forse non andavo io…era tardi, i musicisti previsti se ne stavano andando…cambiai tonalità, riscrissi la melodia e istruii ben bene Eugenio su come avrebbe dovuto interpretarla, per fortuna lui fece, poi, di testa sua».
«Il ladro di noccioline» presenta un ottimo schieramento: Marcello Rosa, Eugenio Renzetti, Elisabetta Mattei, Stefano Coccia, Federico Proietti (tromboni), Filippo La Porta (percussioni), Luca Berardi (chitarra). Solisti Massimo Morganti, Mario Corvini, Andrea Andreoli. Il brano ispirato al celebre «The Peanut Vendor». Ed è come dice l’autore: «una sorta di collettivo orgiastico sonoro reso tale grazie anche al contributo fra l’erotico e l’esotico delle percussioni di Filippo La Porta. Troverete probabilmente interessante confrontarlo con l’ultimo brano in scaletta che proviene da un mio provino fatto nel lontano 1980, dove l’arrangiamento è identico». «Hamptoniana» diventa una sorta di duello all’OK Corral per i solisti Massimo Morganti ed Andrea Andreoli. «Tribute to Kid», dedicato a Edward «Kid», è un tema che costruito assemblando su alcune frasi tipiche di questo leggendario protagonista dell jazz della prima ora. Ben riuscito il «Medley» tra «Il contadino allegro», «The Preacher», «The Sinner», dove Horace Silver e Schumann vengono traghettati verso New Orleans su un battello fluviale. «What Are You Doing In The Rest Of Your Life», di Michel Legrand con gli arrangiamenti di Marcello Rosa, è magnificato dal Quartetto Italiano di Tromboni & Gianfranco Marchesi. «Moon River» di Henry Mancini viene riproposto con un arrangiamento dall’umore mutevole e quasi ironico; ottima la performance di Andrea Conti. «Easy to love» di Cole Porter vede in prima fila due tromboni bassi, Gianfranco Marchesi, Federico Proietti, i quali sviluppano una dimensione davvero inusuale e suggestiva. «14 Febbraio» a firma Marcello Rosa è un pensiero per il giorno di San Valentino, ma anche per tutti gli innamorati di sempre e di tutti i giorni. La title-track suggella l’album e diventa quasi il marchio di ceralacca dell’autore.
«The World In A Slide» è un’opera imponente, sia per qualità che per quantità nata dall’ancora fertile mente di un visionario ultraottantenne, che gioca come un bambino: Marcello Rosa insegue sogni, chimere e miti e li solidifica, innestando una nutrita compagine trombonistica in terreno di coltura dai mille fermenti vivi, tracciando, così, nuovi orizzonti e prospettive, declinando sonorità inedite, ribaltando luoghi comuni e rigidi punti di vista. «The World In A Slide» è un disco come ce ne sono pochi in giro: inattaccabile ed inappuntabile per concretezza, professionalità esecutiva, lungimiranza creativa, qualità sonora, ma soprattutto per l’immediata capacità di sedurre l’ascoltatore, di risucchiarlo nel vortice delle emozioni e di trascinarlo in un avvincente viaggio lungo la storia del jazz degli ultimi novant’anni.
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