Marchesano/Giachino – «Mizu», 2022 (Felmay)
// di Francesco Cataldo Verrina //
Volendo ragionare per metafore, si potrebbe affermare che il quartetto nel jazz sia la quadratura del cerchio, il trio un triangolo equilatero racchiuso in una forma melodico-armonica perfetta ed equilibrata, mente il duo rimane una struttura aperta, e per quanto minimale, possa far scaturire una moltiplicazione di elementi sonori, più liberi e meno controllabili, offrendo ai due sodali coinvolti nel progetto un’infinità di vie di fuga creative.
Il Duo Federico Marchesano e Fabio Giachino nasce con l’idea di costruire un repertorio originale di musica interamente scritta, sfruttando al massimo le possibilità tonali dei due strumenti a disposizione: contrabbasso e pianoforte. Dopo le prime prove con parti molto intricate, i musicisti hanno avuto bisogno di lasciare più spazio all’improvvisazione jazzistica, un background comune, smussando la rigidità strutturale iniziale. Il suono è diventato più fluido ed è stata una conseguenza quasi naturale pensare all’acqua (in giapponese «Mizu») come tema principale dell’intero album. Sebbene entrambi amino esplorare le possibilità offerte dall’elettronica applicata al proprio strumento, per questa registrazione i due artisti hanno deciso di adottare un approccio strettamente acustico. Stilisticamente non si sono posti limiti, alternando ampie melodie suonate con il contrabbasso ad arco a parti più jazzistiche, una musica in cui le passioni di entrambi convergono naturalmente.
Il movimento ritmico-armonico diventa fluido in vari momenti del percorso. Alla medesima stregua dell’ acqua che scende a valle, tra mille anfratti creativi, mente le idee affluiscono in un crescendo torrenziale, offrendo ai due strumenti uno spazio di manovra che tende all’infinito. Come già accennato per i Nipponici «Mizu» è l’elemento fluido per eccellenza, una metafora che ben si attaglia al concetto di musica, e nell’accezione più larga del termine, al jazz, dove le forme non sono mai eccessivamente solide, rigide, ma si lasciano permeare dall’improvvisazione, come accade nelle tredici tracce dell’album di Marchesano/Giachino prodotto dalla Felmay e registrato al Riverside Studio di Torino il 5 ed il 6 marzo del 2022. Non siamo al concetto di musica come «arte invisibile» di cui parlava Duke Ellington, ma la forma del suono prende consistenza, solo se esiste un contenitore di idee che la sappia circoscrivere. In questo caso i due strumenti contengono il flusso sonoro ma lo librano al contempo, sviluppando forti suggestioni e coinvolgendo emotivamente il fruitore.

Sembra che il viaggio sonoro si muova come sospinto dagli elementi più naturali quali l’acqua e il vento, tra cielo e mare. Il pianoforte, talvolta insiste su note gravide e spaziate, quasi monkiane, come in «Gocce» e nei momenti più estremi compare perfino il fantasma di Cecil Taylor, basta ascoltare attentamente «Pioggia». L’arco rende il contrabbasso imprevedibilmente melodico e complice del pianoforte, a volta perfino suggeritore, tanto che in alcune tracce la simbiosi mutualistica tra i due strumenti s’inverte ed il basso assume il comando, o comunque detta i tempi, come in «Cieli Muti». Tonalità e modalità si alternano in un coacervo di sonorità a volte oniriche e sospese: è quello che accade in «Ozu». Il gioco contrappuntistico tra piano e contrabbasso rende «Call Me», una danza propiziatoria ed ancestrale, giocata su una percussività ritmica che simula un insieme di altri strumenti. Tutto ciò fa da preambolo alla title-track, «Mizu» che ne completa e ne sostanzia il mood, arricchendosi progressivamente di elementi melodici, che zampillano come fiotti d’acqua dai tasti del pianoforte.
Va da sé che un album come questo di Marchesano/Giachino, per solo piano e contrabbasso, possa offrire stimoli molteplici all’immaginario dell’ascoltatore, avviluppandolo in una spirale di emozioni e trascinarlo verso i quattro punti cardinali della musica; mentre, nonostante la liquidità del concept, le tracce si solidificano progressivamente, aprendo inediti orizzonti ed indicando altri percorsi: è quanto succede con «Oasi» o ascoltando «Le Dune di Tottori», dove elementi esotici ed esoterici si accavallano, spingendo il costrutto sonoro in mille direzioni, che rendono «Mizu», nel suo complesso, un collage musicale dalle tante sfumature.
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