// di Guido MIchelone //

Al terzo lavoro, dopo “Kingmaker” (2019) e “Who Are You” (2020) per la storica label, il giovane chicagoano (oggi a New York), già artisticamente maturo vibrafonista – alla testa di un nonet assieme a Immanuel Wilkins(alto) , Marquis Hill (tr.), Sean Mason(p.), Rick Rosato(cb.), Craig Weinrib (batt.), oltre il terzo femminile con Maria Grand (ten.), Kalia Vandever (tr.ne), Gabrielle Garo (fl.) – offre un sound complesso, vincente, originale, naturalmente nel solco della postmodernità della Blue Note anni Zero e Dieci: è dunque un suono talvolta scorrevole e pacato, talaltra agitato e turbinoso. Fin da subito e ad ascolto ultimo si percepisce a chiare lettere che questa “Parabola del Poeta” – anche in doppio vinile – sia un’ottima proposta corale, da cui emerge il talento e il virtuosismo tecnico-artistico di un leader di Ross che sa perfettamente giostrare le finezze dei propri interventi (tanto robusti quanto soprattutto delicati) disponendo strategicamente tutti gli altri musicisti, ognuno dei quali viene da lui coinvolto in una visione d’insieme s’integra creativamente al loro apporto individuale.

La musica ottenuta dai nove jazzisti su sette brani – in ordine alfabetico “Benediction”, “Choices”, “Doxology (Hope)”, “Guilt”, “Prayer”, “The Impetus (To Be And Do Better)”, “Wail” – rivela quindi una sorta di una plastica configurazione, che si adatta di continuo e che si orienta verso alcuni passaggi obbligati fino ad arrivare ad un alternanza di sequenze di pieni e di vuoti, in mezzo a riflessioni di silenzio e incrementi di volume (sia pur temporanei). A livello concettuale “The Parable Of The Poet”medita simbolicamente attorno agli umani destini, rivelandosi al passo coi tempi e in sintonia con quegli artisti che, con altri mezzi (letteratura, cinema, fumetto, pittura, teatro, rock, eccetera) di questi tempi, raccontano o evocano un momento cruciale per la stessa umanità.

Ross ha l’idea che il limite tra musica scritta e improvvisata, una volta facilmente rintracciabile nel jazz come espressione di momenti separati – esposizione del tema, giro d’improvvisazioni, recupero del tema iniziale ecc – debba essere rivisto e riproposto in altra forma. Riascoltando le proprie improvvisazioni, Ross recupera da queste alcune frasi sonore su cui elabora una nuova scrittura per proporre poi il tutto in questa attuale veste, se vogliamo, di “recupero”. Una volta realizzato ciò, la musica viene proposta agli strumentisti – che hanno con lo stesso vibrafonista forti legami d’amicizia – su cui ciascuno elaborerà, al di là della lettura obbligata delle parti tematiche, una propria creazione estemporanea. Si ottiene così una dinamica ciclica dalle forti connotazioni emotive che teoricamente potrebbe continuare all’infinito.

Al di là delle osservazioni tecniche, questo lavoro di Ross può essere visto in forma di suite, collegando idealmente i vari brani tra loro con quel substrato di corrente spirituale che scorre come un fiume sotterraneo tra i solchi del disco. Perché una delle vere ragioni di una musica come questa è il sentimento quasi religioso che si libera dalle note, come si trattasse di una preghiera, con le sue umanissime scorie di risentimento e di accesa speranza, di devozione e di pentimenti. Insomma, un unico, lungo gospel contemporaneo in cui il Poeta traccia la sua parabola con i mezzi a disposizione, in questo caso una musica che a tratti diventa bellissima e coinvolgente ed in altri momenti sembra annegare in stati di temporaneo smarrimento.

Joel Ross