// di Irma Sanders //

La prima immagine che ci passa davanti, ascoltando «Point of No Return», è quella di un incontro tra stili e culture, a metà strada tra di Astor Piazzolla e Gerry Mulligan, dove il jazz ed il tango s’incontrano in un abbraccio fraterno. Per quanto differenti siano le origini, tra tango e jazz, esistono molte similitudini ed affinità elettive. Entrambi i generi nascono in ambienti meticci e popolari, fortemente marginali ed inizialmente aborriti dai borghesi benpensanti. I Libertango 5tet. già dal nome, quale omaggio al genio di Piazzola, lasciano presagire i propri intenti, anche con questo nuovo album che li vede insieme dopo 18 anni dall’ultima uscita discografica. «Point of No Return» giunge in concomitanza con il centenario della nascita del musicista argentino. Dal canto loro, I Libertango 5tet, ci tengono a precisare che «l’album era pronto dal 2019, ma la pandemia ci ha imposto di rimandarne l’uscita. Il centenario di Piazzola viene ad essere una coincidenza che ci auguriamo risulti di buon auspicio (…) I diciotto anni trascorsi dal nostro precedente album, Nimra, hanno diverse motivazioni», chiarisce il sassofonista Marcello Leanza. «Fra tutte, il trasferimento a Copenaghen del nostro leader, Francesco Calì, che ha sicuramente rallentato l’attività della band. Inoltre, la lunga parentesi berlusconiana ha decretato la fine della musica di qualità in Italia e, insieme ad essa, di una moltitudine di progetti musicali di valore. Libertango è riuscito a sopravvivere grazie allo specialissimo rapporto che ci lega, siamo prima di tutto un gruppo di veri amici che hanno piacere a condividere un progetto musicale di qualità».

A scanso di equivoci, «Point of No Return» non è un album di rivisitazioni del repertorio del maestro argentino o di altri compositori classici, fatto di standard e di cover, ma un costrutto sonoro nuovo di zecca, di forte respiro creativo e basato su dieci tracce originali: cinque composte dal leader-band Francesco Calì, che oltre ad ever curato gli arrangiamenti, suona piano ed accordion e cinque composte dal chitarrista Gino De Vita, altro socio di maggioranza della ditta Libertango 5tet che trova il pieno sostegno di Marcello «The Uncle» Leanza sassofono e flauto, Giovanni Arena al basso e Ruggero Rotolo alla batteria. Dopo tanti anni dal precedente lavoro pubblicato nel 2003, non solo lo scenario discografico è cambiato, ma le esigenze ed il gusto dei fruitori di taluni prodotti musicali che allignano su zone di confine e terre a coltivazione ibrida sono mutati. Non a caso «Point of No Return» segna un’evoluzione sinusoidale del gruppo, che tende a dilatare gli spazi esplorativi ed espositivi, evidenziando un approccio più innovativo nei confronti del tango. In verità, analizzando le varie tracce del disco, il tango, a volte, si avverte ma non c’è, sembra in disparte, mentre l’itinerario sonoro si muove verso i quattro punti cardinali della musica, sviluppando un complesso melting-pot che filtra attraverso il jazz, passando per talune atmosfere caraibiche o brasiliane, con una chitarra che s’inerpica sulle alture di un rock latino alla Santana. Tutto il processo sonoro vine costantemente diluito da elementi pop e da una discreta dose di sonorità mediterranee, che ne intensificano il gradiente melodico.

Il tango è ancora il centro del mondo, ma un mondo in divenire che pone lo sguardo sul futuro, un universo che cambia, trasformando perfino il tradizionale bandoneon in uno strumento attuale, veicolo di moderne suggestioni, grazie soprattutto al contrasto con la chitarra ed al completamento apportato dal sax. «Sì, qualcosa è cambiato», sottolinea Leanza. «Nel primo disco, il nostro approccio al tango è sicuramente più tradizionale, e in generale i brani sono più solari e spensierati (…) Francesco Calì, compositore e arrangiatore principale del gruppo, ha una solida preparazione classica: l’uso esteso di momenti contrappuntistici, o l’utilizzo di una sezione d’archi rientrano nei suoi specifici skills. Gino De Vita, invece, non fa mistero dei suoi gusti elettrici e sono sue le composizioni più imprevedibili e di difficile catalogazione». La presenza di elementi creativi di differente cultura ed estrazione, per quanto ben amalgamati sviluppano una sorta di polisensorialità espressiva, sottolineata perfino dall’alternanza dei brani nella strutturazione della track-list presente sul CD. Il differente timbro compositivo, più classico quello di Calì e più trasversale quello di De Vita, fanno si che l’intrigante gioco dei contrasti diventi un continuo rifornimento di carburante durante la fruizione del disco, senza che il fuoco emotivo accenni minimamente spegnersi, preservando lo stato di veglia e d’interesse dell’ascoltatore. Il perfetto amplesso tra pianoforte e chitarra si consuma in una trascinante alcova sonora, «Tango For Sigfried», che suggella l’album con un’improvvisazione senza respiro ed un trascinante tono trionfalistico simile al gran finale di un musical.

Ci troviamo di fronte ad un gruppo solido e coeso di musicisti che agiscono in maniera quasi telepatica e secondo una filosofia operativa condivisa: interesse per le contaminazioni, il jazz come fertile terreno di coltura su cui innestare differenti culture musicali ed il contrappunto come metodo compositivo. Già l’opener «Five Or Four Tango» mostra le due anime del gruppo con un tango che sembra srotolarsi su un terreno vicino a certe atmosfere funk-fusion anni ’80. Il gioco dei contrasti raggiunge il climax nella title-track, «Point of No Return», che sembra gettare un ponte tra Argentina e Brasile. «I’ll be there» è un ulteriore cambio di mood e di formula propositiva che si sostanzia in un componimento di grana pregiata, ammantato da un’aura operistica, soprattutto magnificato dalla presenza di una sezione d’archi formata da dodici elementi. «Alysia’s Dance» emana l’eco di una festa popolare ricca di essenze, nuances mediterranee e di giravolte vagamente balcaniche. «Three Lights» è un breve viaggio descrittivo che attraversa i frastagliati panorami delle terre scandinave. «Three Brothers», con il suo gustò retrò, procede disinvoltamente a tempo di swing ricreando una suggestiva atmosfera anni ’40, dove giovani coppie accennano timidi passi di danza. «Mal d’Afrique» naviga al centro del Mediterraneo, quale raccordo tra Nord e Sud del mondo, in un susseguirsi di sonorità multistrato. «Mr. Thomas» è un tango dall’impianto contemporaneo che ricorda le tipiche atmosfere alla Galliano, dove modernità e tradizione coabitano in perfetto equilibrio. «Life and Death», è quasi un endovena onirica, poco più di due minuti, con Calì al piano che ne esalta le suggestive accentazioni classicheggianti. Nel complesso «Point of No Return» dei Libertango 5tet è la sintesi di stili e linguaggi che s’intrecciano e si fondono quale rappresentazione di stati d’animo molteplici: allegro, allegretto, allegro ma non troppo, crepuscolare, struggente, energico e gaudioso, mentre il tango è sempre in agguato, pronto a camuffarsi e cambiare i passi alla bisogna.