// di Francesco Cataldo Verrina //

Personaggio emblematico del jazz primigenio spesso avvolto in un alone leggendario. Senza innovatori come lui non ci sarebbe stato probabilmente il jazz moderno. Bix Beiderbecke, cognome di origine tedesca, si pronuncia «baiderbeke». Bix non è un soprannome, come molti credevano, ma sta per Bismark, suo secondo nome, il primo era Lion. Si fantastica anche di un suo incontro con un giovane Louis Armstrong, con il quale si sarebbe esibito sui battelli fluviali, ma i fatti sono avvolti nella nebbia e nella leggenda.

Molti storici del jazz lo tengono in forte considerazione. Bix studia pianoforte, ma presto s’innamora della cornetta, ottone della famiglia delle trombe, su cui da autodidatta impianta una tecnica del tutto particolare, molto più avanti rispetto alle prerogative dell’epoca. Artista senza regole, imprevedibile come tutte le persone genialoidi, in un momento in cui furoreggiano le big band swing ed i compositi gruppi di Dixiland, amava esibirsi in trio nei locali, dove spesso suonava anche il piano, facendo impazzire i gestori e gli organizzatori di spettacoli: in genere cambiava le carte in tavola e non rispettava i programmi. Ottimo compositore, molti dei suoi pezzi sono divenuti degli standard. Secondo alcune teorie musicologiche, le sue tecniche strumentali pare abbiano influenzato molti jazzisti dell’era moderni tra cui Miles Davis e Chet Baker. L’atmosfera del disco che vedete contiene i suoi successi insieme ai Wolverins (orchestra di cui entrò a far parte nel 1923) e crea una suggestiva atmosfera anni ’30 da film in bianco e nero o da battello fluviale che attraversa il Mississippi con sale da gioco piene di avventurieri e «gamblers» (bari e giocatori d’azzardo) e sale da ballo con procaci donne in cerca di avventura.

Anni fa è stato realizzato un film-documentario, «Ain’t None Of Them Play Like Him Yet» («non c’è ancora nessuno che suoni come lui») , che tratteggia alcune delle linee essenziali del carattere e della tecnica musicale del cornettista. Oggi sarebbe impossibile, quasi tutti coloro che lo avevano visto all’opera sono morti. Brigitte Berman concepì suddetto documentario più di 40 anni fa, attraverso una serie di interviste realizzate nel periodo 1978-80, quando molti dei contemporanei di Beiderbecke erano settantenni e ottantenni. L’elenco dei personaggi che la scrittrice-giornalista è riuscì a intervistare è notevole. Il docu-film dura circa 116 minuti e venne pubblicato per la prima volta in videocassetta nel 1981, quindi immesso nuovamente sul mercato in formato DVD da Kino Lorber Inc. dopo un restaurato: la rimasterizzazione non ha aggiunto ed apportato modifiche o ulteriori contributi.

Si tratta di una produzione altamente professionale, curata nei minimi dettagli e montata in modo impeccabile. Il plot narrativo mantiene vivo l’interesse del fruitore per tutta la durata della narrazione, che si attiene solo ai fatti dimostrabili della irrequieta ed iconoclastica vita di Beiderbecke piuttosto che affidarsi a teorie fantasiose o a racconti leggendari; soprattutto si apprende molto sulla vita e la carriera altalenante del cornettista attraverso le parole di chi lo ha visto in carne ed ossa ed incontrato de visu. Si tenga conto che l’unico filmato sonoro tutt’ora esistente proviene da un cinegiornale del 1928 in cui Beiderbecke è in prima linea nell’ensemble di Paul Whiteman, ma che nel 1981 non era ancora stato scoperto, mentre ci sono solo alcuni brevissimi frammenti in pellicola muta. La storia di Bix è raccontata da una voce fuori campo, Richard Basehart, da centinaia di foto, alcune piuttosto rare, e dalla sua musica di che scorre come la colonna sonora di un vero film; ovviamente a fare da collante sono i ricordi di coloro che lo hanno conosciuto direttamente.

Hoagy Carmichael racconta di aver rischiato di svenire due volte al primo incontro con Bix: prima quando l’ha sentito suonare la cornetta e poi quando Bix si è seduto al pianoforte superandolo. Tra i vari interlocutori ci sono la sorella maggiore di Beiderbecke, la sua prima fidanzata, il musicista Fritz Putzier (che vendette a Bix la sua prima cornetta), il sassofonista Reagan Carey, il violinista Al Duffy, il pianista Paul Mertz, il quale racconta che «Davenport Blues» fu in realtà composta in tempo reale mentre Bix la stava registrando. Tra gli altri intervistati figurano il pianista Fred Bergin, l’arrangiatore Bill Challis, il trombonista Spiegle Willcox, il banjoista Dave Wilborn, violinista Matty Malneck, il trombettista Doc Cheatham, il pianista Jess Stacy, Squirrel Ashcroft, il cantante Al Rinker, il trombettista Esten Spurrier, il cantante Jack Fulton che rammenta di aver visto Beiderbecke suonare «In A Mist» durante un concerto di Paul Whiteman alla Carnegie Hall nel 1928, il violinista Kurt Dieterle, il clarinettista Izzy Friedman, Artie Shaw ed il batterista Herb Weil il quale spiega che cosa succedeva quando Bix si addormentava di tanto in tanto sul palco. È possibile ascoltare perfino la testimonianza di Louis Armstrong, ripreso da vecchie interviste radiofoniche, mentre racconta di quando Bix si esibiva con la sua band a Chicago.

Se dovessimo trovare qualche difetto, ad esempio, si parla poco delle singole registrazioni di Beiderbecke dopo il 1926, anche se gran parte della musica si sente nella colonna sonora, il ruolo di Frankie Trumbauer nella storia di Bix è appena accennato e quando il band-leader Charlie Davis suona il pezzo inedito di Bix «Cloudy», che Miles Davis memorizzò dopo averlo sentito suonare dallo stesso esecutore, la musica è in parte coperta dalla voce narratore. Per il resto, il film è perfettamente assemblato: Brigitte Berman ha diretto, prodotto, montato e scritto i testi insieme a Val Ross creando creato un’opera senza tempo che, a distanza di olre 40 anni, non è minimamente datata. Chiunque abbia un minimo interesse per Bix Beiderbecke, Paul Whiteman e il jazz degli anni Venti deve considerare questa DVD essenziale.