“Un progetto per raccontare in musica la vita di Nelson Mandela”
// di Mauro Zappaterra //
Si può raccontare in musica la vita di un personaggio che ha segnato la storia come Nelson Mandela? Progetto quanto mai arduo, senza l’ausilio di parole (a parte gli stralci di qualche discorso originale di Mandela), ma per la giovane e già affermata pianista siciliana Sade Mangiaracina si può fare.
Sade è una delle musiciste di spicco della new generation del jazz italiano, non si può più definire un’artista emergente, perché la qualità e la quantità dei lavori già prodotti la proiettano a pieno diritto nella First Class della musica italiana. Nasce a Castelvetrano (TP), a 7 anni inizia lo studio del pianoforte, a 15 si diploma alla Royal School of Music di Londra, a 16 ottiene il diploma di armonia al conservatorio di Trapani e a 18 anni il diploma di maturità classica.
Dopo aver vinto numerosi premi nei concorsi nazionali e internazionali, ottenendo anche un importante riconoscimento da parte dell’Unesco, si trasferisce a Roma per studiare jazz, sua grande passione fin da piccola, all’Accademia Percentomusica diretta da Massimo Moriconi, dove si diploma a giugno del 2007 con il massimo dei voti. Ottiene una borsa di studio al seminario di Umbria Jazz diretto dalla Berklee School of Music che le permetterà di studiare nella prestigiosa scuola di Boston. Dopo avere dato vita a diversi progetti originali, nel 2018 arrivano i primi dischi da band leader, Philosophy e Le mie donne, che ne evidenziano tutta la capacità di composizione, arrangiamento e tecnica sullo strumento, con un tocco che sa essere incisivo e deciso, ma anche caldo e riflessivo, raccogliendo in se i colori e le sfumature della sua magica terra.

Viene ingaggiata dalla Tuk Music, etichetta che fa capo al Progetto Pannonica, sotto l’egida di Paolo Fresu, con la quale assembla l’attuale trio della pianista, di cui fanno parte Marco Bardoscia al contrabbasso e Gianluca Brugnano alla batteria. Ed arriva così il terzo disco da leader con la partecipazione di Ziad Trabelsi Oud, “Madiba”, che si propone di “raccontare” la vita del leader anti-apartheid Nelson Mandela, musicando le sue gesta, le sue prigionie, la liberazione e la rivincita morale e sociale. E Sade lo fa con classe, con garbo, con dolcezza ma anche con furore, unendo in musica tutte le caratteristiche che erano insite nel leader Sudafricano. Dice la musicista trapanese a questo riguardo: “Raccontare la sua vita attraverso la musica non è solo una grande responsabilità, ma anche un pretesto per parlare di coraggio, di umanità, di quello che queste generazioni stanno lasciando ai giovani di oggi e di domani, la difesa estrema della propria dignità e della libertà.”
E proprio la libertà di espressione musicale di Sade impronta tutto il disco, prendendo come riferimento alcune delle vicende del leader sudafricano e trasformandole in altrettanti racconti dai connotati jazzistici ben precisi, con il suo pianismo di stile moderno, elegante, capace di trasmettere emozioni, sia quando il furore del racconto esplode in fiumi di note, sia quando i toni si fanno dolci e sussurrati, con i cambi di ritmo sempre protagonisti. La title track “Madiba” apre il disco, con le corde del contrabbasso che vibrano di archetto, introducendo la melodia che forma il corpo principale del brano. sulla quale Sade ricama splendidi arazzi che sfumano, ripartono, prendono quota con le parole di Mandela, per chiudersi ancora in punta di archetto, magistralmente condotto da Bardoscia.
Classicheggiante e ritmata è “Winnie”, dedicata all’ex moglie di Mandela, con il piano che conduce una bellissima melodia, impreziosita da improvvise accelerazioni con i toni che salgono d’intensità. “Letter From a Prison I” è un bellissimo tema introdotto da Sade, e quando l’archetto di Bardoscia sfiora le corde, l’atmosfera si fa intensa, sembra di vedere il Leader scrivere dalla cella le sue sensazioni intrise di malinconia, mentre in “Destroying Pass Book” le alternanze di ritmo, ottimamente scandite da Brugnano, lasciano l’ascoltatore sempre sospeso tra cielo e terra, con un inserto di Bardoscia a fare da ingresso per la tumultuosa chiusa di Sade.
“We Have a Dream” è uno dei brani in cui l’alternanza classica-fusion è più evidente, mentre l’Oud di Trabelsi (strumento a corde di origini arabe) da quel tocco di barocco che rende il brano una miscellanea di sapori diversi; “27 Years” è l’eccezione strumentale della musicista siciliana, che smessi i panni della pianista dà voce al Fender Rhodes, con un funky elettrico condito da Trabelsi, per un brano davvero trascinante, con la sezione ritmica assolutamente a suo agio nel plugged sound. La seconda parte di “Letter From a Prison” riprende la mistica dolcezza della prima, con una ottima performance di Bardoscia a scandire il tempo che passa. Come giusto che sia, nella rappresentazione parabolica della vita di Mandela, la chiusura è dedicata al perdono, con “Forgiveness”, che sancisce la pace, con l’oud di Trabelsi ancora protagonista, mentre gli improvvisi scatti di ritmo e di decibel di Sade sembrano voler tessere un monito, perché in tema di diritti civili non si può mai abbassare la guardia.
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