// di Francesco Cataldo Verrina //

“La Bikina”, piccolo gioiello di jazz contemporaneo, fu dato alle stampe originariamente dall’etichetta Mythology. Un encomio solenne va subito a Sergio Veschi per aver ripubblicato questo album su Red Records. Il pianista utilizza molti elementi, non ultimi quelli ereditati dalla cultura musicale venezuelana; nel suo background si possono rivenire tracce di jazz tradizionale e moderno. Le composizioni spaziano dai canti yorubani al miminalismo sonoro, dal neo-bop con l’aggiunta di lunghe linee di sassofono, al tracciamento di paesaggi sonori classicheggianti, fino ai derivati della Santeria afro-cuban, muovendosi dal bop all’avant-guard con estrema disinvoltura.

Originario del Venezuela, Simon fece capolino sulla scena jazz nordamericana con la band del sassofonista Bobby Watson sul calare degli anni ’80; seguirono tournée e registrazioni in veste sideman con il trombonista Robin Eubanks, il sassofonista Greg Osby e il trombettista Terence Blanchard. La “Bikina” si avvale di due sassofonisti, David Binney sax alto e Mark Turner sax tenore, e di un cast di tutto rispetto: Adam Cruz batteria e percussioni; Ben Street basso, Pernel Saturnino percussioni, Diego Urcola tromba e Milton Cardona voce. Il piano di Simon è stupefacente, sia che si tratti di linee veloci e dure che di temi accattivanti, ruffiani e perfetti per uno sottofondo rilassante. I sassofonisti, Mark Turner più in stile combo sul tenore e Dave Binney molto più personale sull’alto, creano l’ossatura sonora anche per gli altri musicisti e alimentano l’improvvisazione, diventando il centro propulsore della melodia; in “Uncertainty”, ad esempio, tirano la volata al piano di Simon.

Questa prima composizione del band-leader è caratterizzata da un’atmosfera latina sottolineata da un fraseggio lussureggiante e da un’aria di rilassata tensione; il movimento tematico è graduale, ma stimolante, mentre l’approccio multi-dimensionale di Simon si esalta in un assolo a claster, che pone l’accento sulle progressioni armoniche e le corse veloci fatte di singole note; il batterista/percussionista Adam Cruz utilizza le pans per aggiungere colore ed equilibrio a tutto l’insieme. “The Process” è mid-range con la vocazione alla ballata espansiva, una vetrina per l’acuto senso di sviluppo compositivo di Simon, arricchita da un sostanzioso contenuto melodico. Simon non perde mai un colpo ed è particolarmente abile nel mantenere l’interesse dell’ascoltatore allo stato di veglia.

Tra i brani più suggestivi dell’album vanno segnalati: “Ericka”, giocata su temi mimimalistici, dove Turner raggiunge quel rarefatto registro superiore ‘Trane-derived, mentre la “Quinta Anauco” impiega un basso ostinato, divenendo una sorta di trance amorosa, lenta e struggente modello valzer-ballata; la tilte-track, “La Bikina” beneficia delle pronunciate incursioni di Binney, Turner e del trombettista Diego Urcola; l’interazione di Simon è ricca di sfumature e di armoniche, mentre molti elementi latini coabitano al fine di ricreare la tipica atmosfera per la celebrazione di un torero trionfante o, forse, di una parata festiva; l’ambientazione sonora si riscalda progressivamente e buona parte del merito va attribuita al batterista Adam Cruz, il quale funge da catalizzatore con un ritmo guida decisamente prominente.

Il canto di apertura “The Prayer”, con l’intervento vocale di Milton Cardona, rimanda a “El Manisero (The Peanut Vendor)”, canzone cubana, divisa in due parti: la prima con un intervento solistico di Simon da manuale srotolato sul fiorente tappeto ritmico, su cui si innesta in successione il sax alto di Binney dai toni taglienti e penetranti; nella seconda parte un brusco cambio di tempo apre una prateria per la progressione del pianoforte; a suggello un deciso ed energico assolo di batteria. “La Bikina” è un album completo, fatto di pura sostanza sonora, senza zavorra e riempitivo, impreziosito da un costante gancio melodico facilmente memorizzabile.

Simon dimostra, dall’inizio alla fine, di essere una penna fluida capace di distillare arrangiamenti fantasiosi e di elevato livello, un eccellente esempio di jazz contemporaneo con molti colpi di scena non convenzionali, che ha segnato una curva di crescita nella fiorente carriera del pianista/compositore. Un album altamente raccomandato, un “must have” Red Records per qualunque collezione jazz che si rispetti.