Peppe Santangelo Nu Quartet – «My Name Is…» 2019

// di Francesco Cataldo Verrina //

Peppe Santangelo è sicuramente uno dei più interessanti sassofonisti italiani con ottimi studi e notevoli capacità compositive. Ne è una testimonianza il suo recente album «My Name Is» realizzato con il suo Nu Quartet che vede, oltre a Santangelo al sassofono tenore, Gabriele Orsi alla chitarra, Yazan Greselin all’organo Hammond, Rhodes e tastiere e Francesco Di Lenge alla batteria. Il line-up, decisamente originale, sicuramente non in linea con la configurazione tradizionale delle combo jazz di tipo classico (dove spesso è presente un contrabbasso ed un pianoforte acustico), mostra un perfetto affiatamento sotto il profilo tecnico e creativo, ma soprattutto risulta assai efficace in relazione allo schema compositivo ed espositivo del band-leader.

Il quartetto è foriero di un sound moderno, ma saldamente ancorato alla tradizione, soprattutto la corrente ispirativa di Santangelo proviene da quel territorio sonoro che ha determinato e fissato alcuni punti di ancoraggio nell’ambito della nascita e dell’evoluzione sintattica della jazz moderno, attraverso molteplici forme espressive. Il tutto è dichiarato in maniera lapalissiana. Ognuna delle tracce dell’album fa riferimento al metodo compositivo di un jazzista che ha lasciato un’orma indelebile nella storia o che ha determinato dei cambiamenti epocali: John Coltrane, Wayne Shorter, Dexter Gordon, Thelonious Monk, Horace Silver, Chris Potter, Sonny Rollins e Pat Metheny. Peppe Santangelo, siciliano di Sciacca in provincia di Agrigento, all’età di 14 si appassiona al sassofono dopo aver ascoltato un disco di John Coltrane. Dapprima studia da autodidatta il sax e il flauto, quindi si laurea in Musicologia all’Università di Palermo nel 2007; diplomatosi in sax nel 2010, si trasferisce a Milano, entrando a far parte dell’Orchestra Civica.

Oggi Santangelo è impegnato in vari progetti, sia a titolo personale che come sideman. Nel 2017 con gli Apramada Project ha pubblica «Darshan» che nella lingua sanscrita dell’India significa «visione», dove il gruppo esplora suoni onirici e magnetici che trasudano l’anima mediterranea, attraverso un ipotetico viaggio sonoro nei mondi possibili. Nel 2018 arriva «Trust» realizzato con lo Street Wise Quartet, insieme al contrabbassista genovese Giovanni Sanguineti. Registrato il 20 ed il 21 dicembre 2018 all’Orlando Music Studio di Milano e pubblicato da Alessio Broca Edizioni Musicali nel 2019, l’album «My Name Is» si caratterizza come un concept sonoro, dove il nome è lo stile compositivo di otto celebratissimi jazzmen fanno da filo conduttore allo sviluppo creativo del progetto musicale, fino a giungere ad una sorta di compendio finale, contenuto nella traccia numero 9, «Peppe’s Groove».

Il Sassofonista di Sciacca elabora la sua «nuova musica» attraverso una particolare forma mentis ed una filosofia ben precisa, ossia non prendendo dal passato o rivisitando alcune idee appartenute ai musicisti che lo hanno maggiormente influenzato, ma aggiungendo e rimodulando la tecnica compositiva con elementi di modernità e d’innovazione, quasi come se gli illustri nomi da lui citati, particolarmente alcuni, potessero rivivere il tempo presente della musica. Le parole di Peppe Santangelo sono alquanto emblematiche: «My Name is è il lavoro che segna l’evoluzione del mio percorso musicale; in questo album io ringrazio i grandi maestri, prendo in prestito le loro idee, ma le stravolgo secondo il mio stile, delineando il mio nuovo personale percorso». Collocati in una dimensione sonora, del tutto inedita ed imprevedibile gli idoli del passato, acquisiscono un forte carattere di attualità, grazie ad una band dalla spiccata personalità e dalla chiara identità espressiva, che apporta contenuti ricchi di spunti, improvvisazioni e variazioni tematiche; soprattutto le escursioni e gli assoli di Peppe Santangelo sono arazzi, dove sonorità, melodie e suggestioni s’intrecciano, diventano talvolta ipnotiche, talaltra riflessive, giocando con estrema destrezza tra un fluente mainstream, accenti free-jazz e circonvoluzioni fusion. Momenti più marcati ed energici, scanditi da intrecci poliritmici, si sovrappongono ad architetture e progressioni armoniche più vellutate e riflessive, esaltate da ricami melodici a facile presa.

Fra i tratti salienti dell’album, spiccano alcuni pezzi assai coinvolgenti: l’iniziale «Sonny» dall’atmosfera brillante e multicolor, un’estesa fuga sonora di oltre nove minuti con un finale in cinemascope ed a larghe falde; «Horace» che prende spunto da Nica’s Dreams, dispiegando le ali su una melodia arabescata, con un ottimo interscambio tra sax ed organo Hammond; «Thelonious», tratto liberamente dalla melodia di «In Walked Bud» è una composizione dal ritmo scalpellante a tratti nervosa; «Wayne» ricalca le orme di Shorter, partendo dal modulo espressivo di «Ju-Ju» e di «502 Blues», una melodia levigata, che all’improvviso si inerpica attraverso un ritmo crescente con un notevole l’interplay tra sax e chitarra; mentre «Peppe’s Groove» dispensa schegge di soul-funk a tutto fiato. Non sono da sottovalutare, ovviamente, anche tutti gli altri componimenti: «Pat» «Criss» e «John», in particolare «Dexter» dall’accattivante melodia, una ballata lirica e crepuscolare a tinte morbide e soffuse, quale risultante dell’efficace lavoro in prima fila svolto dal sax e dall’Hammond.

«My Name Is» di Peppe Santangelo Nu Quartet è sicuramente un album da scoprire ed assaporare in tutta la sua interezza concettuale e sonora, come un libro di emozioni da sfogliare pagina dopo pagina e dove ogni capitolo è il tassello importante di una bella storia di jazz contemporaneo.

Peppe Santangelo (al centro)