// di Irma Sanders //
L’album “The Source” di Michele Rosewoman Quartet, pubblicato dall’etichetta italiana Soul Note, contiene solo composizioni originali scritte dalla pianista e registrate presso lo Studio Barigozzi di Milano, il 26 aprile 1983. Un donna al comando, Michele Rosewoman al piano, con la complicità di Baikida Carroll alla tromba o al flicorno, Roberto Miranda al basso e Pheeroan akLaff alla batteria. “Questo disco è un tesoro di “driving”, esecuzione e scrittura radiosa.”, così lo definiva, L.A.Weekly. Potremmo aggiungere che questo album sia una sorta di piccola opera mingusiana, dove l’ingegnosità delle composizioni, l’integrazione complessiva delle strutture e le variabili melodiche della Rosewoman inducono ad una resilienza che premia l’ascolto ripetuto.
C’è qualcosa di sacrale e di onirico nella musica di Michele Rosewoman, una jazzista in grado di cogliere il potere trascendente del jazz. La ricerca spirituale, il senso del mistero e l’intensità rituale motivano le sue scelte compositive ed esecutive, che pur partendo da elementi di culture differenti riesce sempre a cogliere gli aspetti più globali e totalizzanti dal jazz. La sua musica è una concentrato di fluido sonoro dove s’incontrano Mingus, Coltrane, Ornette e Monk. disciolti in un sapiente post-bop, impresso su un tracciato irregolare, libero dai catenacci della tonalità ed ipermodale. Originaria di Oakland in California, ma musicalmente newyorkese, Rosewoman, da sempre attratta dalle avanguardie, ha sviluppato un’indagine sonora radicata nella tradizione, ma sempre protesa alla ricerca di nuove idee.
La title-track, “The Source” della durata di oltre 16 minuti, è una sorta di cerchio magico che si evolve attraverso una spirale di ritmo e suoni che rendono omaggio al jazz afro-americano: è come vedersi passare davanti trent’anni di storia dell’hard-bop e del post-bop. La progressione pianistica della Rosewoman è da accademia del jazz, mentre la sua fuga in solitaria viene spesso diluita dalla tromba di Baikida Carroll. Altro punto focale dell’album è sicuramente “For Monk”, un omaggio spigoloso ad un eclettico e geniale pianista non catalogabile in uno schema. La Rosewoman energizza e velocizza quelle che erano le linee pianistiche monkiane, per intenderci, da l’idea di suonare come il Monaco, ma in maniera più veloce.
Ottimi gli innesti della tromba, soprattutto a tre quarti del percorso, quando suona in solitaria, mentre la sezione ritmica risulta formalmente in stand-by. In quasi 9 minuti, c’è spazio anche per degli ottimi assoli di basso e batteria. Nella sua progressione obliqua e trasversale, il pezzo che descrive meglio le intenzioni della pianista è certamente “To Be Cont”, dove il piano elabora melodie dissonanti; dal canto suo Baikida Carroll le risucchia attraverso gli ottoni, per poi riversarle attraverso vampate taglienti; il trombettista talvolta squittisce inseguendo la progressione dissonate, quasi al limite della cacofonia, mentre il groove si sposta dal normale flusso dello swing verso una palude di ritmi afro-caraibici.
L’abilità della pianista consiste proprio nel creare una decorazione sonora, stratificando melodie e ritmi con uguale forza e peso.“The Source” di Michele Rosewoman Quartet è uno di quei dischi che tutti dovremmo avere, anche se la nostra supponenza ci potrebbe portare a credere che non sia necessario. Eccellente qualità sonora del microsolco, come, del resto, tutti i vinili della Soul Note.
