// di Irma Sanders //
Oggi un amico mi ha posto una questione molto importante legata al jazz, che oggi è, indiscutibilmente, una modulo espressivo universale riconosciuto e condiviso dall’umanità intera, ma che rimane negli assunti di base ed inequivocabilmente patrimonio culturale degli Afro-Americani.
Ne abbiamo parlato più volte: esiste uno spartiacque netto, una sorta di linea Maginot, tra il jazz ante-guerra (secondo conflitto mondiale) e l’avvento del be-bop prima e della new-thing dopo, quando il jazz smette di essere musica folkloristica americana, legata essenzialmente al ballo ed al divertimento, per diventare un fenomeno più complesso ed una forma d’arte moderna, riconosciuta ed equiparata a livello di musica colta. La maggior parte dei capolavori del jazz moderno si sono sviluppati all’interno di questo nuovo clima politico e sociale. Ed oggi l’argomento ritorna ad essere di pressante attualità, alla luce degli ultimi fatti di cronaca e delle proteste degli Afro-Americani. Ho trovato molto interessante la tesi sostenuta da Michele Villari in questo interessantissimo volumetto dal titolo assai significativo “Malcolm X: l’influenza politica nella musica afroamericana (l’altra faccia del jazz)“, di cui sposo appieno le tesi sostenute dell’autore:
“Il jazz, nonostante abbia dato origine alla musica commerciale fin dalle sue origini che risalgono al 1917, non è mai stata una musica di massa. È stata, invece, la passione di una minoranza e l’interesse da parte di una minoranza verso questa musica è andato nel tempo sempre più diffondendosi. Parlo di minoranza perché questo testo affronta un problema politico legato al jazz, alla musica afroamericana e al popolo africano che, nonostante tutto, in America non era più un popolo, ma una razza in minoranza che veniva (e viene ancora) trattata come tale, senza diritti e senza potersi emancipare dall’uomo bianco né avere una sua dignità e autonomia. Nel primo decennio del secolo scorso però il jazz veniva considerato musica folkloristica americana e, in seguito, musica d’arte americana. Grazie alla passione e alla divulgazione di questa arte da parte della minoranza più o meno colta, il jazz ha superato i limiti del folklore e del territorio ed è diventato cultura del mondo. A mio avviso, la figura più rappresentativa del secolo scorso, che ha aiutato gli afroamericani a prendere coscienza della loro identità di cultura subalterna alla cultura del popolo bianco, è certamente quella di Malcolm X.”
