«La sua personalità artistica e musicale è talmente definita e caratterizzata, che ogni riferimento all’epopea aurea del jazz moderno può essere facilmente contraddetto o bypassato».
// di Francesco Cataldo Verrina //
Nel numero di novembre 1985 di Jazz Journal, Barry McRae osservò che «il debito di Grossman verso lo stile di Rollins non è mai in dubbio». Più o meno nello stesso periodo, Gary C. Vercelli lodò il modo di suonare di Grossman all’Umbria Jazz Festival del 1985. Scrisse su Coda, la rivista canadese di jazz, che Grossman suonava «ispirato e appassionato come Sonny Rollins negli anni della sua formazione meno commerciale», aggiungendo che era un «talento emergente».
Nel sax tenore di Steve Grossman convivono molte anime, forse la più evidente è quella di Sonny Rollins, ma la sua personalità artistica e musicale è talmente definita e caratterizzata, che ogni riferimento all’epopea aurea del jazz moderno può essere facilmente contraddetto o bypassato.
Scrive Mrk Gilbert nel liner notes ufficiali della Red Records: «Questa sessione potrebbe essere sottotitolata «The Ballads Album», dato che la maggior parte dei brani qui sono stati concepiti per essere eseguiti a tempo lento. Tuttavia, la realtà è diversa, e il risultato è più vario e drammatico che se la band avesse scelto di registrare un album con materiale in tempi veloci. La selezione di apertura, Naima, ci ricorda un’altra profonda influenza sui sassofonisti contemporanei, John Coltrane, che scrisse questo struggente e ossessionante tema per sua moglie. Grossman lo propone con grande cura e sensibilità, lo orna con alcuni trilli efficaci, e nell’assolo mostra che non solo ha assorbito il vernacolo di Trane, ma lo ha adattato per soddisfare le proprie esigenze».
In questo set del maggio 1985, registrato allo studio Barigozzi di Milano, il sassofonista sembra più indirizzato verso una dimensione post-coltane; anzi, quasi certamente e senza ombra di dubbio, «Love Is The Thing» può essere considerato come un tributo ideale a Trane e dintorni, a cominciare dall’opener «Naima», in cui Grossman, supportato da un’eccellente sezione ritmica, restituisce al mondo una straordinaria interpretazione di questo classico, imprimendogli personalità e vigore e senza mai cadere nel ricalco o nella citazione calligrafica. Il pianista Cedar Walton, il bassista David Williams e il batterista Billy Higgins ne assecondano i piani, rimodulando e dando nuova linfa vitale a brani della tradizione, come «My Old Flame», un flessuosa progressione in crescendo magnificata dall’avvincente gioco melodico; soprattutto la temperatura emotiva cresce attraverso la scossa elettrica innescata da due suadenti ballate: «Easy to Love» e «Easy Living». Il climax si raggiunge con «I Didn’t Know What Time It», un elegante e calibrato mid-range, dove la band trova la migliore quadratura, attraverso una perfetta oscillazione a base di swing.
«415 Central Park West» è l’inedito firmato Grossman, che sembra richiamare il Coltrane di «Giant Steps», e ben figura in questo pugno di perle sottratte al forziere del passato. In chiusura, il pathos cresce a dismisura con What’s New», dove il sax assume il carattere di una voce umana dal tono lancinante e narrativo, distribuendo scaglie di tenerezza. Scrive ancora Mark Gilbert nelle liner notes della Red Records: «E così arriviamo alla chiusura di una performance di un gruppo di musicisti che, sebbene rientrino nell’ampio spettro del «mainstream moderno», non possono essere classificati in modo più preciso. In tutta onestà, forse dovremmo permettere a Gary C. Vercelli di qualificare i suoi precedenti commenti su Grossman ad Umbria Jazz: La padronanza di Grossman del linguaggio storico del sassofono sembrava, almeno in questa occasione, di portata enciclopedica».
«Love Is The Thing» è un album con il bollino di qualità, diviso fra modernità e tradizione, garantito dal marchio Red Records; un altro fiore all’occhiello di Alberto Alberti e Sergio Veschi, che in un momento difficile, forse di vacatio legis per il jazz, hanno saputo canalizzare le migliori energie del mainstrem (e non solo) di quegli anni. Oggi il disco viene ripubblicato in CD e vinile dalla nuova Red Records di Marco Pennisi. Un album di alto profilo qualitativo da aggiungere alla vostra collezione jazz, senza ma e senza se.
