// di Irma Sanders //
Per un certo periodo evitò di usare il suo cognome, usando il nome d’arte Romano Full; solo negli anni ’50 si lasciò convincere a firmare un disco “Romano Mussolini All Star”. Nel 1962, prima di un concerto con 2000 posti al completo, ad un giornalista di Down Beat diceva: “Guardati attorno, queste persone sono qui per vedere la mia faccia perché sono il figlio del Duce? Sono solo curiosi o gli piace veramente la mia musica? ” Forse Romano è sempre stato consapevole di avere un cognome ingombrante che allontanava il pubblico dal jazz o lo avvicinava solo per quel morboso desiderio (da parte di qualche torma di nostalgici) di vedere all’opera il figlio del dittatore; soprattutto era pienamente convinto che il fascismo fosse stato un periodo storico, un ambiente ostile e quanto di più lontano potesse esistere dall’idea di libertà che il jazz in tutte le sue molteplici sfumature era in grado d’ispirare. Nonostante oggi, ex-post, taluni intellettuali disadattati come Marcello Veneziani, ossia non adatti all’era del web 4.0, ma pittosto nostalgici di manganelli ed olio di ricino, tentino la rivalutazione di un fascismo sostenitore delle arti e della musica, jazz compreso.
Lino Patruno, raccontando la sua amicizia con Romano Mussolini, deceduto nel 2006, lo descrive così: “Un grande talento, una grande personalità, un’estrema bontà, un’educazione invidiabile, una cultura straordinaria, un altruista come pochi e soprattutto un grande pianista di jazz; questo era Romano Mussolini fraterno e indimenticabile amico da oltre quarant’anni, anche se di idee politiche opposte alle mie per le quali però non abbiamo mai litigato”.
Al netto di ogni nemesi storica, anche se su Romano Mussolini i giudizi non sono stati talvolta lusinghieri per via di un cognome ingombrante, diciamo che l’ascolto di questo disco riesce a fugare ogni perplessità in proposito. Con Cicci Santucci al flicorno ed alla tromba, Roberto Zappulla alla batteria (ed in due brani Maurizio Lazzaretti) Wilfred Copello alle congas, tumbe e strumentini vari e Lino Ranieri al basso elettrico “Soft and Swing” nasce da una set giocato sull’improvvisazione. Il disco contiene sei composizioni scritte o arrangiate da Romano Mussolini e due noti ever-green, “Minority” e “Autumn Leaves”.
Cicci Santucci e Roberto Zappulla, pur essendo integrati da anni con l’Orchestra della Rai, non avevano dimenticato la loro origine prettamente jazzistica, soprattutto non avevano perso grinta, smalto, l’entusiasmo e la passionaccia per questa musica. Wilfred Copello alle percussioni, strumenti e effetti vari concede un saggio della sua funambolica estemporaneità ritmica e sonora con accenti molto ricercati. L’altro batterista della session, è il giovanissimo leccese Maurizio Lazzaretti (all’epoca 17 anni) scuola percussionistica americana, aveva studiato a Boston, tecnica moderna, ma non per questo meno swingante. Lino Ranieri al fender bass era, in quegli anni, uno dei migliori accompagnatori, dal tocco solido e pieno. In apertura, “Brasiliana”, totalmente improvvisato, è un blues-samba con particolare risalto per la batteria di Zappulla e le variatissime percussioni di Copello.
“Duke” è dedicata ad Ellington senz’altro una delle personalità artistiche più importanti che il jazz abbia avuto. Cicci Santucci al flicorno si cala nell’atmosfera rarefatta del tema (e qui c’è una bizzarria), un fischiato alla maniera della country-music che non contrasta con lo spirito del brano. “Mix In Glass” (nome di un club genovese) e un fritto misto, uno schema per improvvisazione creato nella notte dei tempi a New Orleans. “Mix In Glass” mette in luce Maurizio Lazzaretti con le sue promettentissime qualità ritmiche moderne. “Autumn Leaves” è interpretato in maniera soft e con un morbido andamento swing. L’altra facciata dell’album si apre con una composizione originale intitolata “Omaggio ad Oscar Peterson”. Il titolo sottolinea l’incondizionata ammirazione di Romano per il grande pianista canadese, senz’altro tra i numeri uno del pianismo jazz, imbattibile come swing, tecnica ed idee.
“Basie” è un altro brano con dedica a Count Basie, la cui musica. sin dagli anni trenta, aveva sempre influenzato Romano Mussolini: un tema semplice interpretato per quanto possibile proprio alla Basie. Certo, la mancanza del piano acustico si fa sentire, ma una certa atmosfera relax negli assoli è alquanto percepibile. Da notare i breaks di spazzole del validissimo Zappulla. “Minority” e un classico del bop. Composta da Gigy Grice e senz’altro uno dei piu bei temi dell’epoca boppiana. In chiusura, un blues in sol maggiore improvvisato, “Blues For Ugo”, dedicato a Ugo Calise grande jazz-fan e sensibilissimo e fortunatissimo autore di musiche napoletane e colonne sonore di film e sceneggiati TV. La scelta del piano elettrico e del basso Fender conferisce all’album un sapore vagamente fusion, molto moderno. Ottima la stampa originale in vinile della Carosello Records.
