// Irma Sanders //
Ho letto molti libri di Polillo, perché di cose ne sapeva parecchie, anche se le raccontava a modo suo con quell’atteggiamento paternalistico e borghese; non mi sono mai piaciuti il suo modo di esporre i fatti ed alcuni suoi limiti culturali e sociali nella comprensione del jazz come un corpo elastico, dove avvengono cambiamenti e mutamenti in continuazione (all’epoca ne avvenivano tanti), piuttosto la sua idea del jazz è sempre stata quella di una monade, fatta di personaggi intoccabili, che non si potevano mettere in discussione ed altri spesso inquadrati come disturbatori, sobillatori rispetto allo staus quo e profanatori di certi totem, barbari ed invasori, le avanguardie che non potevano avvicinarsi al recinto delle vacche sacre, salvo poi ricredersi ed a ragion veduta, talvolta per puro calcolo editoriale.
Tra i tanti libri ve ne consiglio uno, Stasera Jazz, Mondadori 1978, si legge piacevolmente; è una sorta di diario della memoria e non è per nulla didascalico e scolastico, anche se l’autore non perde occasione per salire in cattedra ed assumere sempre quell’atteggiamento professorale da liberale benestante che amava molto il jazz, ma che a me ricorda tanto un ricco signore, che conobbi in gioventù, il quale allevava cavalli di razza, ma non solo non li montava mai, non sapeva neppure cavalcare, quasi che avesse timore di mescolarsi al sudore e all’odore dei quadrupedi, dei quali sapeva quasi tutto, ma che per lui erano un vezzo, uno status symbol. Metafora a parte, Polillo non era uno che si mescolava alla plebaglia, ai sovversivi, agli innovatori, era già troppo attempato per parlare di jazz, quando il fenomeno divenne appannaggio dei giovani anche in Italia, e non solo di un’élite culturale liberal-chic.
Polillo non è mai stato “uno di noi”, uno di quelli che si sedeva per terra per vedere un concerto. Il suo osservatorio è sempre stato privilegiato ed il suo atteggiamento di distacco, per la serie: acomodatevi che vi spiego io come va il mondo, talvolta con una discreta farcitura di perbenismo e moralismo calvinista. Però ne sapeva tante, perché le aveva vissute direttamente. In questo suo scritto ci sono racconti molto interessanti su alcuni protagonisti del jazz mondiale, anche se narrati alla sua maniera, con giudizio di primo grado senza prova d’appello e sovente con lapidazione finale, anche nei confronti di Louis Armstrong, per citare un esempio. Leggetelo, arricchitevi degli aneddoti e delle curiosità, ma non badate al suo giudizio, tanto oggi, alla luce dei fatti, varrebbe davvero poco, anche se in altre epoche ha fatto il bello ed il cattivo tempo.