// di Francesco Cataldo Verrina //
La corsa alle registrazioni inedite di Coltrane sembra inarrestabile: l’ultima chicca per i cultori del sassofonista, ma soprattutto per i completisti ed i collezionisti, è un doppio album live in vinile, disponibile anche in CD, ricavato da una rara registrazione privata che cattura John Coltrane nell’esecuzione dal vivo del suo acclamatissimo «A Love Supreme». Da sempre, sappiamo che Trane fosse alquanto reticente a proporre nei concerti il suo capolavoro, vuoi per non banalizzarlo, vuoi per non rischiare di ottenere delle versioni inferiori alle originali. Nonostante fosse l’album più celebrato ed uno degli dischi jazz più amati di sempre, «A Love Supreme» costituiva una specie di terreno minato da cui Trane si teneva cautamente alla larga, tanto che i sostenitori più incalliti avevano avuto modo di ascoltarne un’unica esecuzione dal vivo contenuta in un album tratto dalla performance del luglio 1965 al festival di Juan-Les-Pins in Francia e pubblicato nel 2002.
«A Love Supreme: Live in Seattle» nasce da una performance del cosiddetto quartetto classico allargato al sassofonista Pharoah Sanders ed al bassista Donald Rafael Garrett che si unirono al pianista McCoy Tyner, al bassista Jimmy Garrison e al batterista Elvin Jones. Era presente anche anche il sassofonista Carlos Ward. Le registrazioni effettuate in precedenza dal gruppo nella stessa Seattle, durante le sei notti al Penthouse, furono documentate sul classico album «Live in Seattle» del 1971. La registrazione in oggetto si deve invece al sassofonista Joe Brazil, il cui gruppo divideva lo spazio con Coltrane durante queste serate. I nastri con le registrazioni di «A Love Supreme: Live in Seattle» erano stati conservati insieme ad altri pezzi di una collezione privata, forse dimenticati dallo stesso Joe Brazil, il quale ebbe la brillante idea di riprendere, probabilmente in maniera non autorizza, l’esibizione finale della band di Coltrane al Penthouse di Seattle. Cadute nell’oblio, dopo la morte di Brazil, le bobine vennero rinvenute nel 2013 da un musicista locale, tale Steve Griggs.

Da considerare che Il materiale ritrovato a Seattle, contenente la versione live di «A Love Supreme», dura più del doppio rispetto a quello eseguito in studio per il disco originale, con l’opening che da solo che supera i 20 minuti, mentre l’intera registrazione oltrepassa la durata di un ora e 15. I nastri sono stato restaurati e rimasterizzato da Kevin Reeves presso gli East Iris Studios di Nashville in Tennessee, ma al di là della qualità sonora, costituiscono un’importante testimonianza storica dell’attività concertistica dell’ultimo Coltrane. Le riprese furono effettuate con un set-up a due microfoni posizionati sul palco, collegati a un magnetofono a bobine Ampex. «Da notare che i nastri di quell’epoca spesso soffrono di deterioramento nel corso degli anni a causa dei danni prodotti da calore o umidità, o semplicemente per il fatto di essere stati impilati orizzontalmente.” – ha tenuto a precisare lo stesso Kevin Reeves in un comunicato stampa. – «Tuttavia, questi nastri erano in condizioni eccellenti, risultando tra le migliori registrazioni amatoriali di John Coltrane su cui ho avuto il piacere di lavorare».
Ashley Kahn nelle note di copertina scrive: «A Love Supreme: Live In Seattle offre la prima prova del maestro dell’espressione musicale alle prese con la sua opera capitale all’interno dei ristretti confini di un jazz club… il 2 ottobre 1965, un sabato, a Seattle, tutti gli elementi fondamentali erano a disposizione: musica, musicisti, pubblico, un forte spirito di comunanza, un certo afflato politico. Coltrane decise quindi di procedere, e – fatto di grande rilievo – il tutto fu registrato».
Il disco include una serie di versioni espanse e rimodellate rispetto alle originali, dove l’intensità sembra crescere proporzionalmente rispetto ad un caos sonoro, forse voluto, ma più accentuato, sicuramente dovuto all’ampliamento del line-up. Coltrane stava cercando di ricollocare i capolavori realizzati nel classico quartetto in una dimensione dilatata e più vicina alla sua nuova concezione musicale. Il climax di «Live in Seattle» è certamente il movimento finale della suite, «Psalm», che s’insedia fra i solchi sotto l’onda travolgente del vorticoso pianoforte di McCoy Tyner; i piatti dardeggiano e i rullanti scandiscono il tempo di marcia sotto i colpi furenti di un martellante Elvin Jones, mentre Coltrane si immerge nella narrazione del tema con voce cupa e brunita ed il senso religioso di un canto gospel. L’intensità del racconto sonoro cresce in progressione con la batteria di Jones che sembra debordare da ogni parte, prima di placarsi lentamente e lasciare spazio a un duetto/duello finale di basso e archi tra il titolare Jimmy Garrison ed il nuovo acquisto Donald Rafael Garrett.
Al netto di ogni valutazione tecnica, l’album costituisce un altro tassello importante per scoprire ulteriori aspetti della fase conclusiva della carriera di Coltrane, che per alcuni aspetti rimane a tutt’oggi un enigma avvolto in un mistero. Per la Impulse! Records la pubblicazione di «A Love Supreme: Live in Seattle» costituisce un’ennesima operazione commerciale atta a rimpinguare il proprio catalogo ed a rinverdire la fama ed il ricordo del «pezzo» più pregiato presente nel roster dell’etichetta, capace di risvegliare l’interesse di critici, musicologi ed appassionati jazz avario titolo.
