// di Irma Sanders //

«Musica e Africa. Appunti e riflessioni», pubblicato da EDUCATT, Ente per il Diritto allo Studio Universitario dell’Università di Milano, è un libro che nasce per gli studenti del corso di Storia della Musica Afroamericana, ma che si rivolge a tutti coloro che vogliono saperne di più sulle radici di una cultura musicale, nata dall’incrocio fra due grandi famiglie dalle secolari tradizioni sonore, l’Europa e l’Africa, che si ritrovano nel Nuovo Mondo, ovvero il continente americano. Abbiamo incontrato il Professor Guido Michelone, coordinatore del progetto.

D. Professore ci parli di questa iniziativa:

R. La Musica afroamericana – o come si usa dire oggi per il politically correct africana-americana – significa qualcosa che in Nord, Centro, Sud America viene create dagli Africani o, per essere precisi, dagli Africani condotti perlopiù in cattività (come schiavi o prigionieri) sul suolo americano, intendendo con quest’ultimo il vasto territorio (colonizzato dagli Europei) che va dal Polo artico a quello antartico.

D. Parliamo di un territorio assai vasto.

R. Quando si parla di musica afroamericana, tutti sanno cosa sia: il jazz, il blues, il gospel, il r’n’b, il soul, il funk, l’hip-hop ma anche il song, la rumba, la samba, il calipso, il reggae, la bossanova, il tropicalismo, persino il tango, da studi recenti. Anche quando si parla di musica americana, riferita agli Stati Uniti, si citano via via la classic song, il rock, il country, il musical, il pop, il folk, la christian music, eccetera. E la musica africana? In Europa e soprattutto in Italia resta ancora poco nota, benché sia un universo ricco, complesso, variegato, in continua evoluzione, al punto che e urgente e necessario fare un po’ di luce e di chiarezza sull’argomento medesimo.

D. Lei si è occupato spesso di molte tematiche relative alla musica contemporanea.

R. Il sottoscritto che al jazz – e in parte al rock e al pop — sta dedicando ascolti, studi, insegnamenti, ormai da moltissimo tempo (grazie a una passione cominciata sin dall’infanzia), invece alia musica africana riesce purtroppo a riservare solo attenzioni sporadiche, che, alla fine, possono riassumersi nei capitoli di questo libro, concernenti soprattutto recensioni discografiche e articoli giornalistici. Ecco il motivo della chiamata raccolta di alcuni esperti che si confrontano da anni, molto più diffusamente, sia pur a vario titolo, sul tema ‘musica e Africa’.

D. Chi sono gli esperti che ha chiamato a raccolta.

R. Inizia Luigi Onori, il quale sulla dialettica jazz/Africa in particolare si prodiga da oltre trent’anni, in un fitto dialogo in cui riassume le problematiche da lui affrontate, regalando una visione a 360° del cosiddetto jazz africano e di come i jazzmen statunitensi neri si connettano all’ideale madre patria. Continua Antonio Bacciocchi che sviluppa il discorso su rock, soul, reggae, funk, r’n’b, fruiti e creati in Africa, già intrapreso in un capitolo del suo recente volume sulla musica soul. Prosegue Franco Bergoglio che analizza il volume «Jazz cosmopolita ad Accra» da poco tradotto in Italia, onde aprire inedite prospettive metodologiche. Silvia Belfiore invece, unica pianista occidentale a eseguire musiche colte africane, si sofferma a commentare i lavori dei compositori da lei scelti per il suo nuovo album. Infine Francesco Cataldo Verrina, offrendo una parte fondamentale di un capitolo dal suo volumone sul modern jazz, mostra come i jazzisti americani affrontino e risolvano l’eredita culturale africana in un periodo speciale del sound afroamericano.

D. Quale materiale ha selezionato lei personalmente.

R. Completa Musica e Africa. Appunti e riflessioni una scelta di articoli e recensioni del sottoscritto in riferimento a quanto letto e ascoltato, grosso modo negli ultimi vent’anni, curiosando tra le notevolissime iniziative in terra africana, come pure in altri continenti.