// di Francesco Cataldo Verrina //
Parto con una considerazione personale: ascoltare un disco del genere, per me, è una duplice emozione, perché io quel giorno c’ero, seduto in un angolo del Teatro Morlacchi di Perugia. Era il 14 luglio del 1986, quando il concerto “Sphere Live At Umbria Jazz” venne fissato su nastro. Da giovane cultore dei sassofonisti jazz, ero corso ad ascoltare soprattutto il mitico Charlie Rouse, ma tutto l’insieme fu per me una rivelazione.
Per questa e altre considerazioni, sono ancora qui, dopo quasi trentasei anni, a scervellarmi per cercare di capire e spiegare al mondo la forza evocativa di una tipologia jazz che oltrepassa le barriere dello spazio e del tempo, che ha attraversato mode e tendenze, uscendo indenne e più vivo che mai. “Pumpkins Delight” è delle più seducenti registrazioni live di jazz mainstream degli anni Ottanta. Gli Sphere sono stati un eccellente quartetto sax-led capace di spaziare tra bop classico, hard-bop e post-bop, quattro superbi musicisti in perfetta armonia, abili nel fare oscillare l’anima, il corpo e la mente.

“Pumpkin’s Delight ,Sphere Live At Umbria Jazz” si sostanzia come uno dei momenti salienti della breve vita artistica di questo gruppo, pubblicato molti anni dopo il loro scioglimento, avvenuto nel 1988, per volere di Alberto Alberti e Sergio Veschi della Red Records, quale omaggio alla memoria di Charlie Rouse, come recita chiaramente l’epigrafe riportata sulla copertina del disco: “Dedicated to Charlie Rouse, a man of great feelings, umanity and a great tenor saxphone player”. La title-track “Pumpkin’s Delight”, un concentrato di blues turbolento composto da Rouse, utilizzato come opener del concerto, diventa il vero fiore all’occhiello dell’album. Saud’s Song”, caratterizzato da un potente assolo di Rouse in apertura, ma firmato Kenny Barron, è un compatto up-tempo, un veicolo ricco d’inventiva che trasporta la band verso il post-bop, dimostrando tutta l’abilità strumentale e compositiva di quello che sarebbe diventato uno dei pianisti più richiesti in svariate sessioni di registrazione durante il decennio successivo.
Al bassista Buster Williams si deve la composizione delle restanti tre tracce: “Christina” è una fascinosa ballata, mentre “Tokudo” è un hard-bop, snocciolato in scioltezza e con maestria; il conclusivo “Decaptkon” rappresenta uno dei momenti più insoliti ed impegnativi del repertorio del quartetto, segnato dalla pennellata estrosa e brillante di Ben Riley e da un memorabile assolo del contrabbassista-autore. “Pumpkin’s Delight” ,“Sphere Live At Umbria Jazz” è un altro disco che non dovrebbe mancare nella vostra collezione jazz.
