// di Francesco Cataldo Verrina //
Batrocomiomachia è una parola che deriva dal greco antico, Βατραχομυομαχία e significa “La guerra dei topi e delle rane”. In senso lato si riferisce ad una battaglia inutile. E’ ciò che accade sovente nei meandri della rete, tra i sostenitori del jazz nero e quelli del jazz bianco, che a tratti assume dei toni melodrammatici, come se il jazz avesse delle linee di confine nette e senza una serie di gradazioni intermedie, almeno cento sfumature di grigio. Con mia immensa sorpresa mi sono accorto che in Italia esiste un approccio di sinistra ed uno di destra al jazz, ma questa è la solita visione manichea degli Italiani che devono essere per forza Guelfi o Ghibellini, o Peppone o Don Camillo.
Tutto ciò deriva dal fatto che in Italia il jazz non nato come un fenomeno spontaneo o underground, ma come un prodotto importato ed adattato. I primi cantori e declamatori del verbo jazz appartenevano alla media borghesia, specie quando il jazz si muoveva nella sua dimensione meramente folklorica, appariva rassicurante, asservito alla causa del divertimento e dei bianchi: tanti neri, pochi bianchi che suonavano, sudavano e ballavano. Nel momento in cui il jazz è passato dalla spettacolarizzazione della forma, che come nel diritto era la sostanza, alla comunicazione del pensiero, ossia dal be-bop in avanti, sono subentrate le forze antagoniste a narrarne le gesta, nel frattempo il jazz veniva osteggiato da tutte le destre e da tutti regimi del mondo, di ogni colore politico.
Nel momento in cui il jazz ha perso la sua forza d’impatto sociale e politico, sono comparsi all’orizzonte i revisionisti. Costoro appaiono molto insofferenti, non tentano minimamente una rivalutazione di alcuni valori tipici della cultura jazz, ma si ostinano a sovrapporre al jazz delle forme successive e posticce, dicendo il jazz è di tutti, il jazz siamo tutti, il jazz l’abbiamo creato anche noi. Storicamente tutto ciò che è avvenuto nel bacino del mediterraneo è nato da culture sovrapposte: sotto un palazzo barocco, c’è una chiesa romanica, sotto la chiesa romanica, c’è un tempio romano, sotto il tempio romano c’è una tomba etrusca. Questo è il tarlo ed il limite della cultura euro-centrica.
Il jazz è nato in una terra, dove le culture non erano sovrapposte, ma frontali e limitrofe, si sono avvicinate, sfiorate, fuse ed è nato il jazz. Un concetto che gli Europei, soprattutto gli Italiani non riusciranno a comprendere. E chi non coglie questo dettaglio, non capirà mai che cosa sia o meno il jazz, anche se lo suona o lo ascolta da una vita. Soprattutto non capirà mai quali sono i fautori e quali i replicanti, quali gli originali e quali le repliche, perché vorrà sempre sovrapporre qualcosa per occultarne un’altra. Il jazz non è nero e né bianco, è semplicemente jazz. Le parole di Fabio Morgera, trombettista di talento, sono alquanto eloquenti: “Esistono differenze fra cultura Black e cultura Europea, cioè fra una visione Afrocentrica e una Eurocentrica. Visto che l’Africa è la culla dell’uomo e della civiltà, conviene scegliere la prima. Vanno però anche studiati bene i poliritmi di derivazione Afro, le claves, il blues ecc. Il colore della pelle è irrilevante”.
