// di Marcello Marinelli //

In difesa di Pat Metheny. Un lavoro sporco ma qualcuno doveva pur farlo. Ora il mitico Carlos Santana si sarebbe espresso in termini poco lusinghieri sul Nostro, oggetto di contesa sulla sua presunta o meno grandezza in questi termini come ci ha svelato Francesco Cataldo Verrina, di cui gradirei sapere la fonte da cui ha attinto: “Pablo Bobrowiky è’ un vero fenomeno, se parliamo di jazz, ad uno così Pat Metheny gli può al massimo pulire il plettro, lucidare la chitarra o fargli da autista…“. Ora prendere le parole di un grande chitarrista come Santana, fuori dagli stilemi jazzistici che cita un chitarrista, che non conoscevo, (sono andato a sentirlo, morso dalla curiosità, un bravo chitarrista, ci mancherebbe) per demolire un altro chitarrista è già di per sé poco carino e decisamente poco aderente alla realtà, alla mia realtà s’intende e a quella di tanti altri.

Queste parole Santana le pronunciava nel 1995. Ora io non sapevo che Santana avesse suonato con Pat Metheny (non si finisce mai di conoscere e di imparare). Da quello che ho scoperto in rete è successo due volte, una nel 1985 al Live Aid in un concerto gremito da migliaia di persone “Open invitation” un pezzo di Santana e l’altra, udite udite nel 1995 (l’anno che avrebbe pronunciato quelle frasi sul Nostro) in un concerto a Tokyo dove suonavano un pezzo di Jimy Hendrix “The third stone from the sun”. All’inizio del brano Santana introduce Pat Metheny chiamandolo “my brother” (fonte youtube). Forse il giudizio poco lusinghiero nei confronti del nostro derivava dal genere , ovvero gli piaceva il Pat Metheny fusion e considerava spazzatura il Pat Metheny jazz oppure Carlos Santana era falso e ipocrita, terza opzione, impresari privi di scrupoli hanno imposto quella collaborazione, “vattelappesca” come sia andata veramente.

In ogni caso non si può prescindere il Pat Metheny fusion da quello più strettamente jazzistico, sono una cosa solo e la sua grandezza è fuori discussione, ma non perché lo dico io che sono l’ultimo dei mohicani, tanto per usare un eufemismo, ma perché lo dicono gli innumerevoli dischi jazz “ciento pe’ ciento” e lo stuolo di super musicisti che hanno suonato con lui a cominciare dal suo grande detrattore che ci ha suonato insieme. Pat Metheny è jazz. Il mentore ideale di Pablo Bobrowky, leggo su un ottimo articolo dedicatogli dal nostro Francesco Cataldi Verrina (fonte il ventuno.it) era Jim Hall, guarda caso lo stesso del Nostro di cui è per sua stessa ammissione debitore, con cui ha inciso un ottimo album in duo “Jim Hall and Pat Metheny” del 1999. Tutti i grandi musicisti del secondo millennio sono debitori dei grandi musicisti che li hanno preceduti, nessuno escluso.

Nel 1973 “Bright size life” con Jaco Pastorius e Bob Moses . Nel 1975 nel disco di Gary Burton “ Ring (Mick Goodrick, Pat Metheny, Steve Swallow, Bob Moses, Eberhard Weber)” e poi nel 1990 sempre con Gary Burton”Reunion” con Peter Erskine and others. “Rejoicing” con Charlie Haden e Billy Higgins del 1984, un disco meravigliosamente jazz.”Day trip” e “Tokyo day trip” con Christian Mc Bride e Antonio Sanchez nel 2008, jazz e poi jazz, grande jazz. Per i palati più d’avanguardia il bellissimo disco del 1986 con Ornette Coleman “Song X” e poi con Derek Bailey “The sign of 4” oppure il disco solo, l’ ultra sperimentale ”Zero tollerance for silence” e poi collaborazioni con John Zorn. Poi dischi con gli Heath Brothers e con Jack De Johnette . In duo con Charlie Haden, il meraviglioso “Beyond the Missouri sky”. In trio con Larry Grenadier e Billy Stewart “Trio99/00”. Il bellissimo 80/81 con Haden De Johnette, Dewey Redman e Michael Brecker. E poi ancora trio con Dave Holland e Roy Haynes “Question and answer”. In duo con John Scofield e con Brad Meldhau. Jazz, jazz ,jazz e poi ancora jazz. E poi bellissimi dischi in solitaria, “New Chautauqua” del 1979, “One quiet night “ del 2004 e What’s it all about” del 2011. E poi ancora i dischi incisi col Pat Metheny Unity Band, sorto dopo lo scioglimento del Pat Metheny Group .

L’ho detto, Pat Metheny Group, ma fino ad ora non l’avevo mai nominato e l’ho fatto apposta per non distogliervi dal Pat Metheny jazz puro al 100%. Il co-leader del Pat Metheny Group il compianto Llyle Mays era uno straordinario musicista che conosceva molto bene la tradizione jazz, ascoltate i suoi dischi in proprio per rendervene conto, Bill Evans il suo mentore. Quel gruppo ha sfornato capolavori decidete voi la percentuale di jazz, per me 80%, vabbè facciamo 70% e non parliamo più, anzi stabilite voi la percentuale ma il mondo di Pat Metheny è jazz, dite pure che non vi piace ma non dite che non appartenga al mondo del jazz, perché vi appartiene a pieno titolo in tutti i suoi aspetti, anche quelli più fusion.

Per finire un aneddoto, era il 23 luglio del 1991 e all’Olimpico lo stadio di Roma e della Roma, in una curva sud gremita all’inverosimile, si esibirono in quella calda notte, prima il Pat Metheny Group e dopo, il più grande di tutti, Miles Davis , il 28 settembre, due mesi dopo Miles Davis morì e lasciò un vuoto incolmabile e anche il grande Pat Metheny, quella sera, davanti alla storia dovette inchinarsi. Fu una delle più belle serate di musica tra le migliaia che io ricordi. Detto questo, non mi resta che augurarvi un buon anno, comunque la pensiate. 

ATTENZIONE

Questa bellissima apologia di Pat Metheny nasce da una mia provocazione, atta a stimolare la discussione sul gruppo Jazz & Jazz. Una tecnica di marketing usata per lungo tempo e che ha prodotto ottimi risultati in termini di visibilità e di importanza della pagina. L’idea di attribuire a Carlos Santana, il primo nome che mi venne in mente, un chitarrista non jazz, fece infuriare tutti i metheniani metereopatici, specie quelli avanti negli anni e con la prostata ingrossata. Come riportato dall’amico Marcello Marinelli, che sospettava si trattasse di una fake news, la frase attribuita da me al mariachista Carlos è la seguente: “Pablo Bobrowiky è un vero fenomeno, se parliamo di jazz, ad uno così Pat Metheny gli può al massimo pulire il plettro, lucidare la chitarra o fargli da autista…”. Marcello comprese subito che si trattava di una provocazione, ma non perse occasione per magnificare Pat Metheny, all’unanimità, e mi associo, considerato uno di migliori chitarristi di tutte le epoche, a prescindere dai ristretti limiti di genere e di collocazione stilistica.

Servo de vossia e baciamo le mani, Francesco Cataldo Verrina!