“La presenza imperscrutabile di una moltitudine di angeli, discreti e silenziosi, come si conviene agli angeli”.
// di Marcello Marinelli //
Saper scegliere un disco, in un preciso momento della giornata e assecondare il proprio umore a quello musicale, è un’arte. Cerco di essere un artista e scelgo un disco per questa mattinata incerta come incerto il momento che viviamo. Sono solo, scelgo un disco di piano solo, Keith Jarrett e la sua moltitudine di angeli. Ora sono solo ma non mi sento solo. Mi accorgo subito dalle prime note del disco che la scelta è giusta, sono stato un artista a scegliere il suono giusto per una mattinata incerta. Il bello di un disco come questo , un disco jazz di pura e semplice improvvisazione è che non sai come si svilupperà, hai dei vaghi ricordi del disco, hai una suggestione del disco, ti ricordi dell’atmosfera ma ad ogni ascolto è come se lo ascoltassi per la prima volta, ed è questa la bellezza della musica jazz, ascoltare un disco e riscoprirlo ogni volta perché ogni volta è diverso alle tue orecchie.
Mi accingo per l’ennesima volta ad udire questa improvvisazione, questo flusso di coscienza musicale solitaria in solitudine, anzi con la presenza imperscrutabile di una moltitudine di angeli, discreti e silenziosi, come si conviene agli angeli. Le traiettorie dell’errare musicale e mentale è impreciso e sfuggente, come si conviene al vagabondare improvvisato. Accelerazioni e decelerazioni a seconda dello stato del terreno mentale, a volte magniloquente, a volte scarno. Seguo con piacere e curiosità questo percorso accidentato e non lineare.
Sento il tipico accompagnamento della voce di Jarrett che sottolinea con gorgheggi, ghigni o vocine all’unisono con la melodia alcuni passaggi del suo errabondare pianistico. E’ un bel vagare questo concerto dal vivo registrato i Italia tra Ferrara, Torino, Genova e Modena. E’ un vagare incerto, ma l’incertezza del navigare a vista e dell’approdo non genera inquietudine, anzi, assecondare l’ignoto è un lasciapassare per frugare nel mistero dell’esistenza e muovendoci con circospezione nei labirinti della mente e lasciarsi andare al nulla, forse è la chiave per carpirne e sfiorarne i suoi segreti. Tentativo vano e pretenzioso di avvicinarsi ai misteri, ma con la musica è l’unico tentativo possibile e illusorio e non c’è nulla di male nell’illusione, tanto dopo prima o poi ci sarà la disillusione.
La moltitudine degli angeli segue serafica le piroette al piano di Keith, incurante della loro presenza, e le mie piroette mentali sulle piroette pianistiche del nostro e mi guardano con fare interrogativo ma non parlano, parla solo la musica con i suoni del pianoforte senza parole. Ora rapito dai grappoli di note di Jarrett e dalla presenza estatica di questa moltitudine di angeli silenti e rassicuranti mi appresto alla fine di questa mattinata domenicale squarciata da un frammento d’eternità.