“Queste stampe dell’etichetta tedesca sono ineccepibili ed offrono un’equilibrata gamma tonale, roba da far tremare i polsi ai propugnatori del cosiddetto vinile audiofilo da 180 grammi”

// di Francesco Cataldo Verrina //

Il tour europeo di Mingus, “Griswalds do Europe” del 1964 determinò una sterminata proliferazione di materiale da vivo, spesso pubblicato abusivamente, sovente di modesta qualità sonora, in seguito riportato all’ovile dalla vedova allegra Sue Graham Ungaro, che seppe sfruttare bene le feconde pecore da latte smarrite anni prima dal marito per le contrade del vecchio continente. Tra le eccezioni vanno segnalati due album, “Mingus In Europa Vol.1 e Vol. 2”, tratti dal concerto del 26 aprile del ’64 a Wuppertal in Germania e pubblicati dalla ENJA Records in maniera estremamente professionale, compatibilmente con il materiale disponibile. In quel periodo le registrazioni venivano spesso effettuate con il sotterfugio come una caccia di frodo e all’insaputa degli attanti sulla scena: i musicisti non sapevano di essere ripresi, quindi non provavano minimamente a contenere taluni eccessi e certe libertà esecutive e gestuali, emettendo vocalizzi e producendo rumori di ogni tipo.

Queste stampe dell’etichetta tedesca sono ineccepibili ed offrono un’equilibrata gamma tonale, roba da far tremare i polsi ai propugnatori del cosiddetto “vinile audiofilo da 180 grammi”, spesso contrabbandato nelle attuali ristampe come una panacea. Merito dell’evoluta tecnologia ed ingegneria musicale teutonica che, in quello scorcio di anni ’70, deteneva una sorta di supremazia assoluta, insediata solo dai Giapponesi e basata sul concetto di “vorsprung durch”, ossia ottenere il meglio attraverso i mezzi disponibili.

A differenza della Blue Note, o altre etichette americane, dove in tanti progetti sequenziali si faceva ricorso allo stesso design per l’art work delle cover, usando le medesime note di copertina per entrambi i volumi al fine di risparmiare sul lavoro di stampa, la ENJA pubblico gli album gemelli con un formato grafico differente. I due dischi presentano una diversità rilevante: il primo è stereo, mentre il secondo fu immesso sul mercato in monofonia. In riferimento al primo volume, Eric Dolphy corre a tutto campo con il sostegno della band, ma il limite di spazio costrinse i tecnici a suddividere i quasi 37 minuti di “Fables of Faubus” su entrambe le facciate: 22 sulla prima e 14 abbondanti sulla seconda con l’aggiunta di “Starting” per completare il pacchetto.

Di certo la lunga odissea sonora di “Fables of Faubus”, oltre ad una pungente satira sul governatore dell’Arkansas Orval E. Faubus, diventa una prateria per la libertà espressiva di un gruppo che riesce a declinare senza freni inibitori e con disinvoltura il paradgma sonoro del genio di Nogales. Sul secondo volume, anche se in realtà la copertina non lo dichiara, Johnny Coles è assente a causa dell’ulcera manifestatasi sul palco durante la serata di Parigi, ma zoccolo duro del line-up non ne fa sentire troppo la mancanza: Eric Dolphy al clarinetto alto e basso, Clifford Jordan al tenore, Jaki Byard al piano, mentre dalle retrovie Mingus e Dannie Richmond imprimono le linee guida con metronomico sincronismo.

L’opener “Orange Was The Colour Of Her Dress Then Blue Silk” è una sorta di certificazione con attestato notarile di come la composizione mingusiana e la tipologia di arrangiamento a maglie larghe consentisse ai sodali estrema versatilità sul terreno dell”improvvisazione collettiva. L’assolo di Clifford Jordan in questa prima traccia assume il carattere accademico di un case-study, attraverso un semplice ed accattivante ritornello che sviluppa un pacato stato d’animo con folate di surplus eccitativo a salti quantici regolari. Dal canto suo Eric Dolphy è latore di una libertà rivelatrice, emettendo attraverso il suo clarinetto basso vampate di genialità sottovuoto spinto. “Peggy’s Blue Sky Light” e “So Long Eric” (quest’ultima presente solo sul CD) sono sottoposte al metodo di fermentazione e variazione mingusiana e riproposte attraverso strutture lunghe e complesse rispetto allo standard presente nel disco di studio.

A metà dell’album ci s’imbatte in due tagli medi: “At-FW-You” di Byard e la classica “Sophisticated Lady” di Ellington. “So Long Eric” fu inizialmente esclusa dal vinile, probabilmente a causa di alcune problematiche di tipo sonoro come un borbottio di voci al microfono ed un sibilo durante la parte iniziale del tema, ma sono solo inezie se si considera che questi sono gli ultimi documenti insieme, anche con le voci di fondo ed i rumori, di due fra i più grandi geni del jazz moderno: Charles Mingus ed Eric Dolphy.