// di Marcello Marinelli //
Visto che nel disco suona anche Pat Metheny, e visto che con certi musicisti si toccano argomenti sensibili, tipo l”appartenenza o meno nell’album di famiglia” preventivamente ho chiesto l’intervento dei RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche) del Comitato Internazionale Jazzofili (C.I.J)) per valutare obiettivamente il gradiente di “jazzità” o di “jazzismo” o le eventuali impurità che nel disco si possano riscontrare e per avere dei documenti che certifichino la purezza jazzistica, anzi il livello di purezza del disco, a scanso di equivoci e di interpretazioni arbitrarie e approssimative. Con il comitato composto da tre grandi saggi nominati all’unanimità dal C.I.J. ci siamo radunati a casa mia e abbiamo analizzato il disco e proceduto ad un’analisi tecnico scientifica.
1) Jack in (Jack De Johnette)
Il brano in questione a firma del leader del disco si apre con un attacco che avrebbe potuto scrivere Pat Metheny e l’uso della chitarra synt, dopo l’intro, ricorda le atmosfere del Pat Metheny Group, che renderebbe il brano a bassa intensità jazzistica, ma l drumming di Jack e il pianismo di Herbie che sviluppa un assolo pregevole lo riportano a livelli jazzistici più che sufficienti, nonostante gli interventi di Pat alla chitarra acustica e alla già citata chitarra synt. Voto 7
2) Exotic isles (Jack De Johnette)
Anche qui si riscontrano le atmosfere del precedente brano, in stile Pat Metheny Group, forse in quegli anni il batterista era stato folgorato sulla via di Damasco da quel gruppo famoso o forse era un omaggio non tanto velato al chitarrista, sta di fatto, il brano più metheniano, il metheniano in Jack che non ti aspetti. Voto 6
3) Dancing (Pat Metheny)
Qui, ironia della sorte, il brano firmato dal chitarrista è il più jazz come inteso dai guardiani della tradizione, e il meno fusion, il trio sfoggia un eccellente interplay e il beat serrato e si può definire jazz al 100% senza se e senza ma. Voto 10
4) Nine over reggae (Jack De Johnette-Pat metheny)
In questo brano la firma è congiunta ma prosegue il tributo al Pat Methney Group e il tema cantabile e danzante lo conferma. Voto 6

5) John Mc Kee (Pat Metheny)
Il lato B si apre con un brano del chitarrista e sempre per ironia della sorte è jazz garantito a denominazione di origine controllata e garantita con venature blues di altissimo livello e i soli superlativi.
Voto 10
6) Indigo Dreamscapes (John De Johnette)
Incredibile come suonano più metheniani i brani composi da De Johnette che da Metheny stesso. Il brano è meraviglioso e l’atomosfere ispirati ai dischi di Pat non deturpano la “jazzità”, quindi la bellezza del brano compensa il non essere propriamente rigorosi da un punto di vista filologico. Abbiamo percepito tutti una sorta di omaggio di Herbie a Lyle Mays, il compianto tastierista, collaboratore, compositore di Metheny, allora vivo e vegeto. Scomparirà dieci anni dopo. Voto 10
7) Parallel Realities
Il brano che conclude l’album sempre a firma del chitarrista è il più sperimentale, diciamo parzialmente free, almeno così è sembrato ai grandi saggi, perché anche i grandi saggi possono sbagliare nel coniare definizioni. I saggi non sono esenti da errori e le loro delibere prevedono nel la stesura definitiva la possibilità di appello fino al ricorso eventuale in cassazione.. Il clima è tipicamente metheneiano ma la caratura dei musicisti e la loro straordinaria ispirazione e bravura lo trasforma in un pezzo jazz 100%, nonostante il beat vagamente funk rock e la chitarra synth del finale prima del ritorno al tema vagamente Ornettiano Colemaniano, musicista di cui Pat Metheny non ha mai fatto mistero di amare, incisero anche un gran bel disco insieme “Song X”. forse questo brano è un tributo al sassofonista texano. I saggi scrivono spesso “forse” perchè su alcune questioni non si può mai dire l’ultima parola e si riservano il giudizio. Voto 10
I saggi non hanno usato un linguaggio forbito come si poteva immaginare da loro e forse sono sembrati poco saggi ma queste evidenziano i limiti dei saggi e come su tutto il resto c’è sempre qualcuno più saggio di qualcun altro.
Della serie non si finisce mai di “saggiare”.
Comunque i saggi limitati hanno così deliberato: La percentuale di purezza del disco è pari al 85% del totale, le sostanze da taglio, per quanto presenti pari alla misura del 15%, comunque non sono sostanze tossiche e non pregiudicano il risulto finale che stabilisce:
“Questo disco si può senz’altro annoverare all’interno della gloriosa storia della musica jazz”
Nessuno per questo si deve “sentire” offeso, e se nel caso qualcuno si sentisse offeso, paga da bere.
(Nota mia) Appunto è un problema di “sentire”, tutti abbiamo un “sentire”, a volte comune, a volte no, sono semplicemente “sentire” diversi. A ciascuno il suo.
C’è anche una versione live dello stesso disco con la stessa formazione con l’aggiunta al contrabasso di Dave Holland di un concerto dello stesso anno ma pubblicato nel 1993. Per questo disco i saggi non sono stati scomodati, il risultato era scontato.