// di Marcello Marinelli //

Sto in barca con tre uomini io (J), Harris e George e il nostro cane Montmorency , quindi “Tre uomini in barca e a zonzo” sul fiume Hudson nel tatto metropolitano di New York, il sound è duro e spigoloso, “nada” scansione jazz ma funk, funk quasi psichedelico in compagnia di ottimi musicisti che ci danno dentro, martellanti al punto giusto e ridondanti di groove. Miles docet. Acque pericolose e navigazione incerta, correnti di varia natura ostacolano il percorso. Nell’East River, l’altro fiume di New York il 25 Novembre del 1970 venne ripescato il corpo di Albert Ayler morto in circostanze mai chiarite, omicidio o suicidio? Le acque del fiume nascondono il mistero, il mistero dei fiumi. I grattacieli dal bacino idrico danno sfoggio di imponenza e la vista della città dall’acqua da una prospettiva diversa del luogo.

Ora per non indispettire i seguaci del classico si cambia registro e si va sullo swing “El swing” e non si abusa della parola Jazz, quindi Jazz che non usurpa il termine (qui non voglio sentire storie è jazz, non sono disposto a trattare, o jazz o morte, altrimenti prendo la cicuta come Socrate e pongo fine ai miei giorni anzitempo, ma confido nel vostro buon senso). Ecco ora vediamo la sagoma di Bob Dylan sul ponte di Brooklyn, pare proprio lui o forse no ma la band sul battello lo omaggia con “Lay lady lay” e “A hard rains A-Gonna fail” qui non c’è lo swing di prima, un altro tipo di swing ma non mi azzardo sulla definizione, (comunque jazz, altrimenti cosa) Scofield però m’intriga come Matide De Angelis su “The Undoing”, quindi mi intriga “to much”.

JACK DE JOHNETTE

Continuiamo nel nostro peregrinare marittimo e incontriamo “nientepopodimenoche” Jony Mitchell che ci saluta da lontano perché ha riconosciuto i musicisti della band e chiede a noi “tre uomini in barca e a zonzo” che ci facciamo in compagnia con la band, noi rispondiamo che siamo “groopies” e lei di rimando “Così vecchi ancora groopies?’” e noi contro replichiamo ”I desideri non invecchiano mai con l’età, ce l’ha insegnato Battiato”. “Parte il giusto tributo al mito e suonano “Woodstock” e qui le suggestioni la fanno da padrona e ci scappa pure una lacrimuccia e quei ricordi indelebili del grande raduno ci portano poco più a nord sempre nello stato di New York dell’omonima città in cui ci troviamo adesso. In una pausa della navigazione improvvisiamo una seduta spiritica ed evochiamo lo spirito di Jimi Hendrix che viene a noi col foulard sulla testa e allora la band indemoniata riprende a suonare rock “Wait until tomorrow”. Mi rivolgo a Jack De Johnette e gli dico “Ma è solo un concerto di cover?”. No J ora suoniamo anche pezzi nostri, questo ad esempio è il mio “Song for world forgiveness”. “Ma toglimi una curiosità John, che dice Keith Jarrett di questa musica con echi che vanno oltre il jazz e pesca un po’ dovunque?” “Che vuoi che dica Keith, la libertà è sacra e io sono ciò che voglio con chi voglio e poi l’hai saputo che ha avuto dei problemi fisici che forse gli pregiudicheranno l’uso delle mani e quindi della musica?” “Certo e me ne dispiace molto e poi anche la morte di Gary Peacock (R.I.P) “. “Un vero e proprio strazio, quella magnifica esperienza ormai passata e Gary oltre che uno straordinario contrabbassista anche un grande amico” “Uno dei più grandi trii della storia del jazz.

Ora però me lo fate un piacere brothers? Visto che devo rendere conto agli amici di DoppioJazz me lo fate un altro pezzo jazz cui non hanno niente da ridire, almeno sulla qualifica di jazz? Sennò mi fanno nero”. “Perché pensi che questa musica non gli possa piacere?” “Si. Credo di si, ma non ci giurerei, sono difficili se non rientra in certi parametri e schemi storcono il naso, anzi quasi sicuramente stroncheranno il disco”. “OK speriamo che questo pezzo possa soddisfare la loro “jazzità”, è un pezzo di John “Tony the Jack”. “Grazie brothers” .Poi riprendono a suonare deviando dalla retta via e con loro i mie amici Harris e George e il nostro Montmorency che invece di ascoltare la musica hanno pescato tutto il giorno, per loro jazz o liscio non fa nessuna differenza. Si è fatta sera e ormeggiamo la barca al centro del fiume. Le luci di New York risplendono in tutto il loro fascino e allora accendiamo un fuoco nel braciere, ci mettiamo in cerchio intorno alla fiamma e intoniamo tutti insieme Il canto della pace del grande spirito” (Great Spirit Peace Chant) e rievochiamo lo spirito degli anni ‘70” e mentre noi cantiamo in preda alla nostalgia il nostro cane Montmorency desideroso di partecipare attivamente all’evento abbaia alla luna e la luna di rimando sfodera il suo bel sorriso da sera e ci fa il segno di vittoria con le dita.”Love and peace brothers”. “Love and peace moon”.