“Ogni singolo disco di John Coltrane non è mai solo un disco ma è un’esperienza extrasensoriale, un “trip” come si sarebbe detto negli anni ’70 e per quanto non ne abbia mai fatto uso posso immaginarlo, per i “viaggi” basta fantasia, immaginazione e al massimo un joint o un bicchiere di vino e soprattutto la musica musa ispiratrice”.
//di Marcello Marinelli //
AFRICA
Biglietto intercontinentale New York- Lagos , (American Airlines) primavera-inizio estate del 1961 . L’inizio del brano, il basso ostinato di Reggie Workman’, poi si aggiunge Elvin Jones con i suoi tamburi, subito dopo le mani di Mc Coy Tyner sul piano, poi le voci degli antenati, degli spiriti ancestrali sottoforma di orchestra con amici di vecchia conoscenza che partecipano all’evocazione con il loro ferri del mestiere, ovvero i loro strumenti musicali, infine lo sciamano “number one” John Coltrane che detta le coordinate. E’ un crescendo mostruoso, tasselli si aggiungono in un clima da orgia sonora organizzata. Lo sciamano voce solista e l’orchestra il coro antifonale risponde, echi di savana, di deserto di baobab, di mistero, di sangue e di dolore , dall’oblò si scorge l’isola di Gorèe davanti a Dakar che evoca scenari da brividi. E’ un rito collettivo, un rito woodo o un qualsiasi rito tribale, il crescendo della musica è arrivato così in alto che un po’ di decrescendo è fisiologico e l’assolo di Mc Coy Tyner fa parte di questo disegno sonoro. Lo sciamano si fa da parte in meditazione. Segue l’assolo di Elvin Jones che omaggia la tradizione percussiva degli avi, le corde del contrabasso dopo il tributo ai tamburi danno il segnale che è pronto il rientro dello sciamano, e si torna crescere e l’orchestra impazza nel sottofondo concomitante degli eventi sonori, poi di nuovo decrescendo e all’epilogo le note del contrabasso mettono fine alla esperienza africana extrasensoriale con un classico, riposino in pace, il giusto epilogo, l’epilogo degli epiloghi. Dopo essere approdati sul continente africano e aver svolto il compito prefissato di nuovo in marcia e in compagnia di tutti i musicisti (io l’unica mozzarella del gruppo , ma sono la mascotte ho solo tre anni) ci imbarchiamo per un volo per Londra.
GREENSLEEVES
Scendiamo dall’aereo a Heathrow e ci dirigiamo verso la residenza di Enrico VIII (Hampton Cort) per sapere se innanzitutto abbia scritto lui questa melodia datata (forse) 1526 e per fargli sentire la versione moderna del “nostro” sciamano e sapere il suo punto di vista a riguardo. Arrivati a corte i musicisti cominciano a montare gli strumenti nell’immenso parco davanti alla residenza del sovrano su un palco edificato per l’occasione. Ci guardano tutti sbigottiti perché i musicisti sono tutti neri, vestiti con abiti moderni e con un bambino bianco al seguito, che sarei io, come dargli torto, veniamo da un altro continente e da un altro periodo storico, veniamo dal futuro. In questo caso gli alieni siamo noi. Enrico VIII ci ragguaglia sull’origine della composizione , dice di averla composta lui e dedicata ad Anna Bolena di cui era innamorata pazzo e che in seguito sposò, quindi un canto d’amore. Comunque il pezzo è considerato un “Traditional” perché può darsi che il Sovrano non ce la racconti giusta, ma d‘altronde chi può smentire un sovrano nella sua epoca? E’ comunque una melodia d’amore e il nostro sciamano se ne intende d’amore, forse nessuno più di lui, è l’incarnazione dell’amore supremo (A LOVE SUPREME-FOR EVER AND EVER). Inizia sempre il fido Reggie al contrabbasso, come il brano precedente in Africa, poi McCoy insieme a Elvin, quindi l’orchestra che sciorina contrappunti infine il nostro sciamano, in questa occasione anche giullare di corte. Intona con il sax soprano, che parecchi degli spettatori scambiano per un flauto dolce futuristico, la melodia originale e tutti e apprezzano la purezza del suono e la profondità di interpretazione, ma poi si guardano tutti esterrefatti quando il nostro sciamano inizia ad improvvisare, e dopo McCoy, cose di un altro mondo, ma visto che qui in Inghilterra siamo nel 1500 cose di un’altra epoca. Il nostro sciamano è ispiratissimo e rende la versione di questo pezzo antico LA VERSIONE per antonomasia. Il tre quarti del brano fa da contraltare al quarto e una gazzosa che bevo mentre ascolto il Supremo, sono un bambino precoce. Che tristezza sarebbe la vita a corte senza noi plebei, l’anima nobile e sofisticata di noi plebei, una noia infinita. Dopo il pranzo a corte con ricche libagioni, visto il successo dell’interpretazione del canto tradizionale, un jam session per il re con gli standard jazz molto apprezzati anche se perlopiù incomprensibili e inauditi a tutti. Alla fine del concerto il nostro sciamano applaudito dagli astanti John Coltrane prende il microfono e rivolgendosi al sovrano dice.” Sua altezza, Enrico VIII Re di Inghilterra e Re di Irlanda, monarca della dinastia Tudor, questo è jazz.” Dopo una sera passata per locali a Brixton ad ascoltare musica tradizionale e a familiarizzare con dolci fanciulle popolane insieme a tutti i musicisti decidiamo che è ora di tornare alla locanda dove siamo alloggiati. L’indomani le carrozze del re ci accompagnano all’aeroporto, per prendere l’aereo per New York. Devo dire che non è male essere accompagnati in carrozza, la classica “scarrozzata”, almeno una volta nella vita.
BLUES MINOR
Sull’aereo scorgo il nostro sciamano silenzioso. So con certezza che questo viaggio in Africa e a Londra lo ha gratificato e commosso, perché gli artisti afroamericani sono trattati meglio fuori dai confini che in patria. So che è anche preoccupato per il ritorno a casa e sa benissimo che non sarà solo un “casa dolce casa” ma sarà presente come retrogusto “amaro troppo amaro”. Dobbiamo risintonizzarci in fretta con l’America degli anni ’60 e con il clima del paese. Cosa c’è di meglio che intonare un blues, l’anima e la prima grande tradizione dei neri americani. Parte in tutto il suo pathos “Blues in minor” e dopo il tema affidato all’orchestra parte il solo e l’America è di nuovo lì davanti a noi in tutto il suo splendore e intensità, almeno in tutto il tempo di questo pezzo, la voce del sax tenore viene da lontano e va lontano. Il sound è corposo , l’amalgama perfetta e il nostro sciamano in stato di grazia, i brividi lungo l’epidermide assicurati e il resto della congrega ci danno giù da matti e McCoy tiene testa al capo negli assolo. Le luci di New York all’orizzonte in tutto il loro splendore, con Blues Minor, stasera, soltanto per stasera, godiamoci le luci e non pensiamo alle ombre.
Thank You so much, dear Trane, nostro sciamano, per averci fatto dimenticare, almeno per tutto il tempo di questo viaggio, le ombre d’America.
